tag:blogger.com,1999:blog-64347845404324251822024-03-25T22:01:40.849+01:00PuroNanoVergineovvero come imparai a non accoppiarmi e ad amare le pippePuroNanoVerginehttp://www.blogger.com/profile/16840276884032173329noreply@blogger.comBlogger599125tag:blogger.com,1999:blog-6434784540432425182.post-66976959059197868042024-03-19T22:21:00.007+01:002024-03-19T22:21:54.340+01:00A... A... Abbronzatissimo<p style="text-align: justify;"><span style="color: #1d2129;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Sono
bianco quanto la luna pallida di novembre nel cielo di
Casalpusterlengo.</span></span></p>PuroNanoVerginehttp://www.blogger.com/profile/16840276884032173329noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-6434784540432425182.post-72888877032217546922024-03-02T18:50:00.001+01:002024-03-02T18:50:02.486+01:00Il foglio bianco<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: Arial, sans-serif; text-align: left;"><span style="font-size: large;">Il
foglio rimaneva mestamente bianco.</span></span></p>
<p align="justify"><span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span style="font-size: large;">Mi
era difficile, se non impossibile, disegnare il volto di un
personaggio dei fumetti che mi piaceva. Ancora, ancora, se avessi
potuto copiarlo, avendo a portata di mano, d’occhio, l’originale,
ma così su due piedi, contando sul solo ricordo, sull’immaginazione,
la mano non era in grado di tradurre in un tratto grafico quanto la
mente andava nebulosamente raffigurando.</span></span></p>
<p align="justify"><span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span style="font-size: large;">Ero
disperato.</span></span></p>
<p align="justify"><span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span style="font-size: large;">Mancavano
solo dieci minuti alla fine dell’ora di disegno.</span></span></p>
<p align="justify"><span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span style="font-size: large;">Sentivo
gli occhi lucidi per lo sconforto.</span></span></p>
<p align="justify"><span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span style="font-size: large;">Alzai
timido la mano, la Maestra, per me figura imponente e che metteva
soggezione, mi chiese cosa volessi.</span></span></p>
<p align="justify"><span style="font-size: large;">“<span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span>Andare
in bagno, mi scappa la pipì”</span></span></span></p>
<p align="justify"><span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span style="font-size: large;">Il
“vai!” in risposta fu una liberazione, di corsa aprii la porta
della classe, percorsi il corridoio e m’infilai nel bagno dei
maschietti. Obiettivo: rimanervi dentro, nascosto, fino al termine
della lezione.</span></span></p>
<p align="justify"><span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span style="font-size: large;">Obiettivo
mancato.</span></span></p>
<p align="justify"><span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span style="font-size: large;">Il
semibuio del cesso fu rischiarato dall’improvvisa comparsa della
Maestra, ricordo ancora la su gonna beige e il pullover nero, che,
senza dire nulla mi prese con stizza il braccino destro e mi
ricondusse, sconfortato, sull’orlo del pianto, di nuovo in classe.
Aveva compreso il mio tentativo di evaporazione, il volermi
nascondere al mondo, rifiutando il compito che mi aveva imposto a
inizio lezione. Non poteva accettare un atto di insubordinazione
belle e buono, da parte di uno scolaretto che, lo avevo intuito già
nel passato, le stava pure antipatico.</span></span></p>
<p align="justify"><span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span style="font-size: large;">Tornai
al banco, il foglio bianco mi attendeva irritato quanto la Maestra,
reclamando invano che lo riempissi con la mia matita.</span></span></p>PuroNanoVerginehttp://www.blogger.com/profile/16840276884032173329noreply@blogger.com7tag:blogger.com,1999:blog-6434784540432425182.post-36765521577947820772024-02-18T14:37:00.007+01:002024-02-18T14:40:04.049+01:00La neve e la carota<p style="text-align: justify;"><span face="Arial, sans-serif" style="font-size: 14pt;">Raccolgo
la carota caduta a terra, tracce di fanghiglia l’hanno insozzata,
con la mano provo a ripulirla (il problema sarà poi lavarsi in
qualche modo la mano prima d’arrivare in ufficio). La carota
riacquista l’uniforme colore arancione. La inserisco delicatamente
al centro della faccia del pupazzo di neve. Devo fare attenzione, il
pupazzo mostra evidenti segni d’una fragilità che lo sta
progressivamente indebolendo, un venir meno della sua integrità
direttamente proporzionale all’aumentare delle temperature. Sembra
passata un’intera stagione, ma non più tardi di sabato scorso una
nevicata fuori tempo massimo aveva ricoperto le strade d’uno strato
bianco compatto spesso almeno 10 centimetri. Passato il weekend
l’esplosione di un'anteprima di primavera. La massima di martedì segnava 22
gradi. Dal bianco al grigiomarrone del fango. Sul pupazzo di neve
(chi sarà mai l’autore?) erano sbocciate delle cicatrici, la
primigenia simmetrica paffosità del corpo violata dal cedimento del
lato sinistro, una silhouette ora sgraziata, prossima alla
sparizione, la carota non più trattenuta nel volto a preannunciarne
l’ineluttabile eclisse.</span></p>PuroNanoVerginehttp://www.blogger.com/profile/16840276884032173329noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-6434784540432425182.post-42764053339897623282024-01-27T15:37:00.003+01:002024-01-27T15:37:13.368+01:00A colpi di spatola<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Era
il primo trasloco in vita mia, una vita breve, da poco superati i 16
anni, per un cambio abitazione in versione light, si trattava di
spostarsi dal primo al secondo piano della casa di ringhiera dove ero
nato e dove vivevo con mamma e papà. Il cambio rappresentava un
piccolo ma significativo miglioramento tenuto conto che nel nuovo
appartamento avremmo avuto finalmente il bagno in casa e una
luminosità, data dal piano più alto, migliore. Il bilocale
necessitava però d'una ristrutturazione non banale, si dovevano
tinteggiare i muri, aggiungere una parete divisoria di compensato per
ricavare da un unico locale una cucina e una sala, rinnovare i
sanitari del bagno.</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Il
team adibito ai lavori era composto da un quartetto: mio padre, mia
madre, Enrico (cugino falegname da parte di papà) e... il
sottoscritto. Non era ancora chiaro il tipo e la qualità del
supporto che avrei potuto dare tenendo conto delle mie esperienze
nulle nel ramo edilizio/idraulico. Non era neppure certo che sarei
stato utile alla causa, gracile ragazzetto con la schiena curva sui
libri, che pochi mesi prima non aveva trovato il coraggio di
sbarazzarsi di Gelsomino, l'orsacchiotto "coperta di Linus"
che mi aveva tenuto compagnia nell'infanzia.</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Il
grosso dell'attività se la sarebbero smazzata mio padre e Enrico,
quest'ultimo in particolare, visto che papà andava per i sessanta e
mostrava i primi segni di un indebolimento fisico che manifestò la
sua gravita solo qualche mese dopo (il trasloco iniziò nel mese di
giugno, la malattia diede i primi significativi segnali verso
ottobre). La mamma avrebbe continuato nella sua quotidiana attività
di massaia, c'era la truppa da sfamare e una casa, quella in via
d'abbandono, che reclamava comunque delle attenzioni, garantite dalla
pignoleria di mia madre. Alla bisogna poteva affiancarsi a chi ne
avesse fatto richiesta: era una donna in salute, forte, scattante,
aveva ereditato dal nonno un'energia e una voglia di fare non comuni.</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Enrico
e papà partirono in quarta con la sala/cucina, raschiando in minima
parte le pareti per poi stuccarle. Di Enrico mi impressionava la mano
destra, mancante del mignolo e di metà anulare, ricordo di qualche
lavoro di falegnameria che aveva lasciato il segno: nel mio futuro,
per fortuna, seghe o altri attrezzi pericolosi non erano contemplati,
avrei digitato sui tasti di un computer inserendo software. Papà si
dava da fare, notavo solo un leggero incavo nelle guance da sempre
belle pienotte e una lieve riduzione della pancia sulla quale, da
bimbo, avevo spesso appoggiato la testa quando si sdraiava sul divano
per vedere la tv Brionvega 20 pollici in bianconero (era
soprannominato "Il Pancio Villa" dagli amici della
"Cooperativa Avanti" che frequentava la domenica).</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">E
il sottoscritto?</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Dopo
un veloce consulto fra i due uomini adulti della compagnia, mi fu
assegnato un compito all'apparenza banale: scrostare le pareti della
camera da letto che sotto l'ultimo strato beige di vernice
nascondevano, ma non del tutto, un secondo strato rosso pompeiano
che, a detta di Enrico, era obbligatorio rimuovere altrimenti si
sarebbe corso il rischio di vederlo riemergere post imbiancatura.</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span>Mi
venne assegnata apposita spatola d'ordinanza. </span>
</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Iniziai
il lavoro sotto la supervisione di mamma, fu lei a mostrarmi come
procedere nella scrostatura. Mi colpì la rotondità delle sua
braccia, aveva bicipiti muscolosi che trasmettevano la forza
necessaria alla spatola per staccare l'intonaco. L'attività si
mostrò molto più dura del previsto: nonostante i colpi decisi di
mamma lo strato rosso pompeiano sembrava essersi legato
indissolubilmente alla parete. Di rado si staccavano pezzi
significativi di vernice, il più delle volte era un procedere di
pochi centimetri la volta. A spanne, tenendo conto della lunghezza e
dell'altezza delle quattro pareti, avevo di fronte a me più circa 50
mq da bonificare. Iniziai di buona lena, scegliendo come punto di
partenza la piccola porzione di parete sulla quale mia madre si era
focalizzata. Dopo una mattinata senza sosta di spatolate (escluse due
capatine al bagno) avevo completato poco più di 2 mq: mi attendevano
una decina di giorni full time per terminare il lavoro. Non che la
cosa in se mi spaventasse, le attività ben definite che richiedevano
scarso se non nullo impegno intellettuale, ripetitive, avevano un
potere rilassante, calmavano le ansie adolescenziali che vivevo in
quel periodo. Ogni tanto i miei si affacciavano sulla porta della
camera da letto, davano una rapida occhiata al sottoscritto che
menava colpi sui muri della stanza, io mi voltavo quando ne percepivo
la presenza, incrociavo i loro sorrisi nei quali leggevo un che di
divertimento nell'osservarmi, mischiato, così immaginavo, alla
soddisfazione per il contributo inaspettato che stavo dando.</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Col
proseguire dei giorni la scrostatura perse gran parte dell'attrattiva
iniziale: il palmo della mano destra si era arrossato, quando
spingevo la spatola contro il muro il manico dell'attrezzo premeva il
palmo determinandone il rossore e un dolore via via crescente. I
risultati erano tangibili, ma l'avanzamento dell'opera somigliava
sempre più a una fatica d'Ercole.</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">"Stai
procedendo bene, PNV" lo sguardo di mio padre scrutava
soddisfatto l'intera prima parete scrostata.</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">"Sì,
ma me ne mancano ancora tre!"</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">"Un
po' per volta, pian piano la finisci" le sue parole
d'incoraggiamento.</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Ne
osservavo il viso, le rughe sulla fronte si erano accentuate e un
pallore, che mal si abbinava al sole di quel caldo giugno, risaltava
sulla pelle.</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">"Non
avrei mai detto che eri così preciso..." aggiunse mia madre il
giorno successivo "... hai preso da me e dal nonno Pietro.
Quando lo aiutavo a fare i materassi voleva che ci mettessi impegno,
anche se il grosso del lavoro era il suo, io mi limitavo a dargli una
mano".</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">La
certificazione materna accresceva l'autostima. Pensare al
completamento dell'opera, alle quattro mura liberate dal rosso
coriaceo, avrebbe moltiplicato la sensazione di fatica. Adottai un
accorgimento che si rivelò ottimo: comparare l'avanzamento della
scrostatura alla conquista di territori nemici, ipotetica guerra per
l'espansione di un impero, il mio, che sottraeva man mano province,
regioni, stati a un impero avversario. Non ero più PNV, il nano
gracile secchione, ma un novello Napoleone Bonaparte che, una volta
assogettata l'Europa occidentale, stava per conquistare la Grande
Madre Russia: questa volta con esito differente da quello storico.
Dopo la presa di Praga mi mossi in direzione Varsavia, l'avrei
raggiunta la mattina del sesto giorno, per dirigermi con rinnovato
vigore fino alle porte di Minsk, pomeriggio inoltrato dell'ottavo
giorno, attraversamento rapido della città di Smolensk, una
cinquantina di spatolate al massimo, ingresso trionfale a Mosca a
mezzogiorno del decimo giorno, il palmo della mano destra al limite
delle piaghe.</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Chiamai
mio padre (non avevo il coraggio di coinvolgere Enrico, non credendo
di poterlo impressionare con la mia impresa, lo lasciai
all'installazione della parete di compensato, stava rifinendo l'arco
che divideva cucina e sala) per mostrargli la caduta della capitale
russa: sulle quattro pareti della camera da letto era sparita ogni
minima traccia di rosso.</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">"Ottimo
lavoro, bravo..." la sua mano sulla mia spalla "... stasera
la mamma ti preparerà una bella pizza per festeggiare".</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Chi
avrebbe immaginato che scrostare dei muri, togliere un intonaco di
vecchia data, avrebbe rappresentato un passaggio significativo della
mia vita? Dieci giorni che non sconvolsero il mondo, per rimanere in
tema di imprese russe, ma furono il segnale di una svolta interiore,
il primo passaggio, altri più significativi ne sarebbero seguiti,
dall'infanzia, dalla prima adolescenza, a un PNV che si avvicinava a
essere adulto.</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">La
sera tre pizze, preparate da mamma, a comporre una cena differente
dal solito (Enrico non si fermò, aveva delle faccende da sbrigare a
casa sua). Sei braccia a tagliare fette di pizza, per la prima volta
sei braccia adulte, alle quattro che lo erano da sempre si erano
aggiunte le mie due. Mai avrei immaginato che quelle sei braccia,
pochi mesi dopo, sarebbero tornate di nuovo quattro.</span></p>PuroNanoVerginehttp://www.blogger.com/profile/16840276884032173329noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-6434784540432425182.post-61831124944915809332024-01-08T21:47:00.002+01:002024-01-08T21:47:20.803+01:00Esproprio proletario di bomboloni alla crema<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">"Sei
un comunista alla Luchino Visconti!" lo canzonava il Totaro, la
sua una famiglia operaia, di immigrati pugliesi giunti a Milano,
inizio anni 60. La presa in giro scattava quando Virginio ostentava
quel suo cappotto grigio di sartoria, regalo dei genitori per il
diciottesimo compleanno, i suoi avevano sottoscritto delle cambiali
per poterlo acquistare, per consenitre al lato narcisistico del
figlio di vantare un'estrazione alto-borghese che di fatto non gli
apparteneva (la copia de Il Manifesto infilata nella tasca sinistra
suggeriva l'inganno di classe).</span></p>
<p align="justify"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Virginio
non rispondeva allo scherzo, un sorriso abbozzato definiva il
rapporto d'amicizia con Vincenzo Totaro, i due spesso girovagavano
per la città in coppia, a distribuire ciclostilati inneggianti la
Rivoluzione, per Vincenzo una rivoluzione che doveva porre fine alle
ingiustizie subite dalla classe proletaria, togliere i mezzi di
produzione ai padroni, distribuire la ricchezza fra coloro che la
producevano, abolire le speculazioni finanziarie che arricchivano una
masnada di sanguisughe altolocate; per Virginio la Rivoluzione era
mutamento interiore, scompiglio esistenziale, atteggiamento dadaista
nel quotidiano, sovvertimento dei canoni consolidati, che certo, si
esprimevano anche in relazione ai rapporti di forza economica,
politica, sociale, ma non si esaurivano in essi. "Cambiare se
stessi per cambiare il mondo?" avevo provato a sintetizzare il
suo pensiero, ricevendone in cambio il solito sorriso trattenuto che
a volte mi imbarazzava, in quel movimento accennato delle sue labbra
ciliegia unito a un socchiudersi degli occhi sorridenti, leggevo un
sentimento di commiserazione nei miei confronti, io inadatto a
comprendere quanto la sua mente raffinata poteva elaborare.
D'altronde lui era l'unico che leggesse gli editoriali di Rossana
Rossanda, li capiva per poi tradurli in un linguaggio comprensibile
per il popolo, per i proletari, i proletari eravamo noi, che
pendevamo dalle parole della giornalista mediate dall'esegesi
dall'erre arrotata del nostro compagno intellettuale.</span></p>
<p align="justify"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span><span style="color: black;">"Alle
17 ci si trova davanti la Pasticceria Gilardenghi, esproprio
proletario di bomboloni alla crema", la </span><span style="color: black;"><i><b>r</b></i></span><span style="color: black;">
di crema arrotata allo spasimo, una risata, sincronizzazione degli
orologi, l'esproprio per dare al popolo affamato privo di pane i
bomboloni ristoratori. Più che Luchino Visconti era la versione al
maschile, moderna, di Maria-Antonietta, una Maria Antonietta dai
folti capelli neri, era solito passarsi la mano destra per sistemarsi
il ciuffo che gli ricadeva sul volto, maestà indiscussa del nostro
scalcagnato gruppetto di giovani rivoluzionari del Movimento
Studentesco. </span></span>
</span></p>
<p align="justify"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: black;">Fu
così che alle ore 16 e 59 minuti il Rolex di Maria-Antonietta, il
Casio del sottoscritt</span><span style="color: black;">o</span><span style="color: black;">
e un vecchio orologio a cipolla del nonno del Totaro si ritrovarono
davanti le tre vetrine illuminate del Gilardenghi. Lui entrò per
primo, era l'unico che non sfigurasse nel lussuoso negozio d'alta
pasticceria. Il locale era insolitamente semivuoto, aspetto che
m'aiutò a ridurre l'ansia che palpitava in gola. In fondo, per
quanto ludica, la nostra era un'azione a tutti gli effetti illegale,
una espropriazione di merce bella e buona, un giudice non avrebbe
applicato le attenuanti nonostante il fine filantropico del furto.
"Mani in alto, questa è una rapina!", la sua voce in
sincrono con una pistola impugnata nella mano destra. Una vampata di
calore ad arrossirmi il volto, la pistola non era contemplata nel
piano, non se n'era parlato, né io né, presumo, il Totaro potevamo
immaginarcela. La canna era puntata dritta alla pancia del vecchio
Saverio Gilardenghi, pasticcere dal 1934, un passato da repubblichino
si vociferava, un presente da formidabile sfornatore di brioche,
bomboloni, mignon, torte, panettoni e pandori. Il Totaro muoveva
frenetico il capo da sinistra a destra e ritorno, per verificare la
reazione della signora Gilardenghi, alla cassa, e dei quattro clienti
seduti a due tavolini in mogano del negozio. Un TONF accompagnò lo
svenimento della cassiera, un movimento accennato del marito per
soccorrerla fu stoppato con un perentorio: "Fermo lì, le
Brigate Dadaiste per un'Equa Diffusione della Glicemia, ti ordinano
di non muoverti!". Il Gilardenghi si bloccò, credo non tanto
per la pistola puntata quanto per l'assurdità della frase sentita.
"Svelti voi, rastrellate i bomboloni alla crema, con questi
sfamiamo le bocche di almeno tre famiglie operaie ipoglicemiche!".
Mi mossi per prim</span><span style="color: black;">o</span><span style="color: black;">,
seguito dal Totaro, raggiungemmo il bancone, sfilammo dietro il
Gilardenghi, la cui figura lasciava libero uno spazio di circa trenta
centimetri che separava il suo sedere panettonico dalla parete alle
spalle, per raccattare velocemente una dozzina di bomboloni e
infilarli dentro due sacchetti Esselunga. Terminata l'opera
circumnavigammo per la seconda volta le chiappe del repubblichino per
correre dritti alla porta d'ingresso del locale. Mi voltai solo un
attimo, il tempo di vedere il nostro leader lanciare in aria dei
volantini sui quali era disegnata una famiglia proletaria, il padre
con la tuta blu da metalmeccanico, la moglie </span><span style="color: black;">e</span><span style="color: black;">
un grembiule bianco con sopra stampati tre girasoli, un bimbo di
quattro/cinque anni che addentava un bombolone, la crema pasticcera a
inzaccherargli le guance. Sul fondo del foglio la scritta </span><span style="color: black;"><i><span style="font-weight: normal;">Brigate
Dadaiste per un'Equa Diffusione della Glicemia</span></i></span><span style="color: black;">.
Aveva ideato, realizzato e fotocopiato il volantino in poche ore, ce
l'aveva mostrato poco prima d'entrare, raccogliendo gli sguardi
ammirati </span><span style="color: black;">miei e </span><span style="color: black;">del
Totaro: ne invidiavamo da sempre l'inventiva e la goliardica
intelligenza.</span></span></p>PuroNanoVerginehttp://www.blogger.com/profile/16840276884032173329noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-6434784540432425182.post-7360960794180105482023-12-25T11:02:00.008+01:002023-12-25T11:59:48.446+01:00Calore natalizio<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: #1d2129;">“.</span><span style="color: #1d2129;"><span>..
e fu deposto in una mangiatoia, solo l’alito d’un bue e d’un
asinello a riscaldarlo…”. </span></span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="color: #1d2129;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Vatti a fidare del mercato libero!</span></span></p>PuroNanoVerginehttp://www.blogger.com/profile/16840276884032173329noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-6434784540432425182.post-67753632493442769032023-12-15T17:52:00.006+01:002023-12-15T17:58:42.654+01:00Prosecuzione di Pennac<p>(la prima parte in corsivo e font ridotto è tratta da Storia di un corpo di Daniel Pennac, la seconda è un mio tentativo breve di prosecuzione dell'episodio narrato)</p><p style="text-align: justify;"> <i><span style="font-family: arial; font-size: medium;">16 anni, 7 mesi, 2 giorni Domenica 12 maggio 1940</span></i></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><span><i><span style="font-size: medium;">A
volte, in dormitorio, quando mi sveglio in piena notte in preda
all’angoscia (il più delle volte sto sognando papà o Violette),
riesco pian piano a calmarmi lasciandomi pervadere dalla sensazione
che io e tutti gli altri che dormono siamo un unico corpo. Un grande
corpo addormentato nello stesso respiro, che sogna, geme, suda, si
gratta, si rigira, tira su col naso, tossisce, scoreggia, russa,
eiacula, fa incubi, si sveglia di soprassalto, e subito si
riaddormenta. Ciò che provo in quei momenti non è tanto un
sentimento di cameratismo quanto la sensazione che, da un punto di
vista organico, il nostro dormitorio (siamo sessantadue) costituisce
un solo e unico corpo. Se uno di noi morisse, il grande corpo comune
continuerebbe a vivere.</span></i> </span>
</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Una
convinzione, l’immortalità del corpo unico data dalla somma dei
nostri sessantadue singoli corpi ognuno coricato su un letto di
forma, fattura e dimensione diversa, che ha vacillato mercoledì
scorso, 15 maggio 1940, con la scomparsa di Antoine, Antoine
Depleschin, Antoine Pantagruel per tutti noi, i suoi 12 anni che
deambulavano 120 chili di ciccia burrosa nel collegio, una ciccia
sobbalzante nelle ore di ginnastica tenute dal Professor Guignol, un
grasso lucido di sudore illuminato dal calore afoso di questa città,
le mani di Antoine che stringevano le fette di pane, burro e
marmellata di lamponi, il rosso dei lamponi a contornargli la bocca,
le briciole di pane cadenti sulla maglia grigia del pigiama che
scivolavano lente verso l’ombelico, seguivano il contorno del
girovita strabordante acquisendo velocità per poi lanciarsi verso
terra, sul pavimento del dormitorio, vicino al letto con doppio
materasso di piume d’oca che doveva sorreggere la massa del nostro
compagno.</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Antoine
portava con sé dalla mensa due fette di pane, tre confezioni di
burro, apriva il cassetto del comodino azzurro a fianco del letto, ne
estraeva la marmellata che spalmava con un cucchiaio per la frutta
sulla prima fetta di pane, la dolcezza del movimento della mano
destra a pennellare i lamponi, lo strato di burro adagiato sulla
marmellata, la seconda fetta a chiudere il tutto, breve sguardo
compiaciuto e la bocca ad addentare la merenda notturna, poco prima
di dormire, da poco scoccate le ventidue. L’ultima cerimonia tenuta
alle dieci di sera di martedì 14 maggio.</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Il
mercoledì mattina la sveglia delle sei, il piccolo battaglione di
sessantadue soldati dovrebbe abbandonare i letti, centoventiquattro
piedi a toccare il pavimento freddo del dormitorio, l’attesa
dell’ingresso di Suor Cecile, la preghiera per ringraziare il Padre
Nostro d’averci donato un altro giorno a lui consacrato, la fila al
cesso per lavarsi con l’acqua fredda, la divisa d’ordinanza, la
colazione pane raffermo e caffellatte prima della scuola. Il
mercoledì mattina sono sessantun soldati e centoventidue piedi che
rispondono all’appello, Antoine si rifiuta, rimane coricato,
supino, il doppio materasso arcuato piegato dal corpo extralarge, le
braccia a contenere i fianchi, l’espressione pacificata sul volto,
la pancia immobile, nessun movimento a segnalare inspirazione ed
espirazione, l’assenza del consueto russare che molte volte m’ha
tolto il sonno, la mia branda alla sinistra del suo letto.</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span><span style="font-family: arial; font-size: large;">Rimaniamo
in piedi a guardarci l’un l’altro, vorrei avvicinarmi ma temo
d’interrompere la sacralità del riposo dell’amico, centoventidue
occhi che si spostano dalla sua pancia al volto di Suor Cecile che si
avvicina a passettini rapidi, le scarpe cigolano sul pavimento,
accompagnata da Therese e Nathalie, le due ancelle preferite, per poi
fermarsi marziale a lato del letto, inchinarsi leggermente in avanti
di pochi gradi, Suor Cecile e il suo metro e quarantotto di bassezza,
per osservare la salma. Nessuno di noi dubita sullo stato di Antoine.
Suor Cecile allunga l’ossuta mano destra fino a toccare, pollice-indice, il collo del ragazzo, piccolo passo in avanti, ulteriore
inclinazione del busto, l’orecchio ora poggiato sul petto, Therese
e Nathalie si scambiano sguardi di trattenuta paura, le loro mani
serrate stringono il desiderio di fuggire nell’impossibilità di
farlo. Suor Cecile si raddrizza, breve panoramica sull’intero
salone, cinque secondi di raggelante silenzio seguiti dall’ordine:
“Bene ragazzi, prima del Padre Nostro, l’Eterno Riposo per il
povero Anto</span><span face="Arial, sans-serif" style="font-size: 14pt;">ine!”.</span></span></p>
<p align="justify">
</p>PuroNanoVerginehttp://www.blogger.com/profile/16840276884032173329noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-6434784540432425182.post-85001667494391984182023-11-21T16:58:00.003+01:002023-11-21T16:58:15.707+01:00La Via Lattea<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">In
prima fila, dietro il feretro, riconosco Alessandra, la sua
caratteristica camminata e quel movimento con la mano destra a
ravvivarsi i capelli, lunghi capelli neri sopra un viso smagrito
(intravisto mentre si voltava alla sua sinistra per parlare con la
zia), il trucco ad accentuare la magrezza dei lineamenti. Non è più
l’Alessandra conosciuta da ragazzo, lei di qualche anno più
piccola del sottoscritto, con il caschetto castano scuro, le guance
paffuttelle, uno sguardo malizioso.</span></p>
<p align="justify"><span style="font-family: arial; font-size: large;">“<span>Piuttosto
mi faccio suora...” mi aveva risposto quando le chiesi se voleva
diventare la mia ragazza “… ma come, domandi pure il perché?
PNV, sei un nano, nano e brutto per di più”. Come darle torto?!.
La verità nella sua bocca faceva doppiamente male, l’evidenza
estetica unita a un due di picche sanguinante. Non si è fatta suora,
a certificarlo il tizio corpulento, alto, che le sta a fianco, il
Pedrazzone, Giandomenico Pedrazzone di anni 56, un metro e 85 per un
peso che occhio e croce supera i 100 Kg, colesterolo e glicemia oltre
la soglia critica, problemi d’erezione (noi nani abbiamo lo
“sguardo diagnostico”).</span></span></p>
<p align="justify"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Il
papà di Alessandra, l’89enne ragionier Giovanni Calcagno, è morto
l’altro ieri, infarto fulminante. Era un arzillo vecchietto, fino a
tre giorni fa. Abitava all’ultimo piano della Scala A, di fronte
alla mia. Nelle notti primaverili ed estive, ma col tempo mite si
spingeva fino a ottobre inoltrato, lo potevi vedere sul balcone,
l’occhio incollato al telescopio che dai primi anni 70 aveva
installato per osservare il cielo. Condividevo col Calcagno la
passione per l’astronomia. Ricordo le chiacchierate che facevamo
all’ingresso del palazzo, per me il ragioniere era una sorta di
Piero Angela condominiale: i pianeti, le stelle, le galassie,
l’universo, il Big Bang, i buchi neri… pendevo dalle labbra del
signor Giovanni, la sua parlantina seducente ed eccitata nel
descrivere le meraviglie del Cosmo. Non avevo mai avuto il coraggio
di chiedergli una sbirciatina con il telescopio, né lui me ne diede
l’opportunità. Mi promise solo di regalarmi una cartina, una mappa
della Via Lattea, alla prima occasione buona, che non venne mai.</span></p>
<p align="justify"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Sul
telescopio del Calcagno nacquero a dire il vero anche delle
maldicenze, era la Castellucci della Scala C ad alimentarle, inserite
persino all’ordine del giorno di un’assemblea condominiale dei
primi anni ottanta, nella sezione Varie ed Eventuali. La Castellucci
aveva chiesto la requisizione del telescopio con il quale, secondo
lei, il Calcagno non osservava mica la Via Lattea, Proxima Centauri o
la Costellazione dell’Orsa Maggiore, ma più prosaicamente la
Bellantoni (quarto Piano scala D, la mia) nelle sere di giugno/luglio
(ad agosto la Bellantoni andava in vacanza a Pietra Ligure), quando
quella scostumata (definizione della Castellucci) era solita stirare
sul balcone in mutandine e reggiseno. Il ragioniere si era difeso, le
guance rosse d’indignazione, affermando che il puntamento del
telescopio in direzione Bellantoni era apparente, il caso aveva
voluto che il balcone della stiratrice discinta si trovasse in linea
con il centro ideale della Via Lattea. “Ma quale Via Lattea,
l’unico latte che vorrebbe osservare è quello che immagina
sgorgare dalle tettone di quella poco di buono”. L’assemblea
aveva votato contro la requisizione in netta maggioranza. Pure mio
padre, con i 12 millesimi del nostro modesto bilocale, si unì alla
difesa dell’interesse astronomico del Calcagno.</span></p>
<p align="justify"><span style="font-family: arial; font-size: large;">La
Bellantoni è morta da poco più di cinque anni, il corpo fu
ritrovato riverso a terra, sul parquet di casa sua, il rigor mortis
l’aveva colta mentre impugnava con la mano sinistra, lei mancina,
un ferro da stiro Rowenta con caldaia, dal costo di euro 249.99, in
slip e reggiseno, la pelle raggrinzita da 75enne, il corpo magro,
persa per sempre la rotondità accogliente dei suoi 30 anni. Da
allora il Calcagno aveva riportato il telescopio in casa,
ufficialmente per raggiunti limiti d’età, del possessore (stare
fuori sul balcone la sera gli provocava dolori articolari) e del
posseduto (il telescopio aveva le lenti segnate, rendendo
difficoltosa una visione nitida del cielo), ufficiosamente
alimentando il pettegolezzo della figlia della Castellucci (la madre
morì d’indigestione da cassoeula, fatali le costine di maiale in
un freddo gennaio dei primi anni duemila) erede dell’attività
“sparlatoria” materna.</span></p>
<p align="justify"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Occhio
e croce il Pedrazzone dovrebbe schiattare fra una decina d’anni al
massimo, se il trend di crescita circonferenza ventrale, iperglicemia
e colesterolemia, dovesse proseguire inarrestabile. Defunto lui,
potrei riavvicinarmi all’amata Alessandra, rinnovare una richiesta
d’amore così brutalmente annichilita quarant’anni fa? Direi di
no, l’Alessandra di oggi è del tutto irriconoscibile rispetto alla
ragazza cerbiattosa e furbetta che ho conosciuto. No, lunga vita al
consorte, possa prolungarsi per molti anni ancora la loro stanca
unione. Una sola cosa chiederò invece alla figlia del Calcagno: la
cartina della Via Lattea che il padre mi aveva promesso quando era un
ragazzino amante dell’astronomia, dei misteri del Cosmo. Chissà se
quella cartina esiste ancora, chissà se è realmente una mappa
stellare o se, come immagino talvolta, la Via Lattea conservata
gelosamente dal ragioniere non si riferisca alle accoglienti poppe
della stiratrice Bellantoni?</span></p>PuroNanoVerginehttp://www.blogger.com/profile/16840276884032173329noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-6434784540432425182.post-7565958210408713072023-11-03T14:27:00.006+01:002023-11-03T14:27:39.625+01:00Il tempo giusto<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: #1d2129;">Solo
il passare degli anni mi ha portato ad acquisire la consapevolezza,
la maturazione necessaria: sono ora pronto a “</span><i style="color: #1d2129;">cascare dal pero</i><span style="color: #1d2129;">”.</span></span></p>PuroNanoVerginehttp://www.blogger.com/profile/16840276884032173329noreply@blogger.com7tag:blogger.com,1999:blog-6434784540432425182.post-80652811892973475722023-10-15T21:06:00.002+02:002023-10-15T21:06:07.475+02:00Per un pugno di... terra<p><span style="font-family: arial; font-size: large;">Escalation
della violenza nella guerra fra Israele e Hamas.</span></p>
<p align="justify" class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;">“<span>Ma
quale guerra. Questo è un massacro.” ha denunciato un leader del
movimento palestinese. “Usare un esercito ipertecnologico per
colpire civili indifesi è come sparare sulla <span style="color: black;"><span lang="it-IT">Mezzaluna</span></span>
Rossa.” </span>
</span></p>
<p align="justify" class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;">“<span><span style="color: black;"><span lang="it-IT">Mezzaluna</span></span>
Rossa? Ottima idea.” è stata la reazione dell’esercito
israeliano che ha bombardato alcune ambulanze.</span></span></p>
<p align="justify" class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;">“<span>Mi
scuso per l’inconveniente …” ha dichiarato il ministro della
difesa <span style="color: black;"><span lang="it-IT">Gallant</span></span>
“… ma i miei generali non sanno cosa sia una metafora”.</span></span></p>
<p align="justify" class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Nel
frattempo svanisce l’ipotesi di un cessate il fuoco.</span></p>
<p align="justify" class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;">“<span>La
Tregua?” ha detto il ministro degli esteri <span style="color: black;"><span lang="it-IT">Cohen</span></span>
“Non mi piace. Primo Levi mi ha sempre annoiato. Vi consiglio
invece l’ultimo <span style="color: black;"><span lang="it-IT">Ken
Follett</span></span>.”</span></span></p>
<p align="justify" class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Parole
più concilianti dal Premier <span style="color: black;"><span lang="it-IT">Netanyahu</span></span>:
“Ai palestinesi potrei abolire l’ICI sul corridoio umanitario.”</span></p>
<p align="justify" class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;">A
riequilibrare le forze dovrebbero arrivare rinforzi nel campo
palestinese: armi dall’Iran, istruttori militari dalla Siria,
<span style="color: black;"><span lang="it-IT">Holland dal City</span></span>.</span></p>
<p align="justify" class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;">“<span>Possiamo
comunque difenderci da soli…” ha precisato Hamas “:.. ci vuole
un attimo a raccogliere 100 kamikaze pronti al martirio. È sulle
7200 vergini che abbiamo qualche difficoltà in più.”</span></span></p>
<p align="justify" class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Nel
dramma del conflitto brilla per latitanza la diplomazia mondiale.</span></p>
<p align="justify" class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;">L’ipotesi
di un viaggio immediato in Medio Oriente del presidente americano è
<span style="color: black;"><span lang="it-IT">svanita</span></span> sul
nascere: <span style="color: black;"><span lang="it-IT">mentre saliva le
scale dell’Air Force One Joe Biden è scivolato.</span></span></span></p>
<p align="justify" class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;">L’Europa,
come da consuetudine, marcia divisa.</span></p>
<p align="justify" class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Da
un lato la Francia propende per Hamas, dall’altro la Gran Bretagna
tifa per Israele, in mezzo il responsabile della politica estera UE,
<span style="color: black;"><span lang="it-IT">Borrell</span></span>, tenta
una difficile mediazione: “Proporrei una tripla. Un 1X2 e non se ne
parli più”.</span></p>
<p align="justify" class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;">L’Italia,
per bocca del suo ministro degli esteri, <span style="color: black;"><span lang="it-IT">Antonio
Tajani</span></span>, ha fatto registrare una ferma presa di
posizione: sul nulla.</span></p>
<p align="justify" class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Laddove
l’uomo non arriva, serve l’intervento divino. In questo senso va
letto l’accorato appello di <span style="color: black;"><span lang="it-IT">Papa
Francesco</span></span>: “Spero che Dio illumini i cuori di
israeliani e palestinesi.”</span></p>
<p align="justify" class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;">“<span>Sarà
fatto. Basterà costruire un riflettore a Tel Aviv e uno a Gaza. Un
lavoro da poco, se paragonato al Ponte sullo Stretto.” con queste
parole <span style="color: black;"><span lang="it-IT">Matteo Salvini </span></span>ha
prontamente accolto l’appello del Pontefice.</span></span></p>PuroNanoVerginehttp://www.blogger.com/profile/16840276884032173329noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-6434784540432425182.post-18386410119582871022023-09-23T10:33:00.005+02:002023-09-23T10:33:31.920+02:00Ungaretti e l'ennesima tromba d'aria<p style="text-align: justify;"><span style="color: #1d2129;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Si
sta come d’autunno le tegole sui tetti.</span></span></p>PuroNanoVerginehttp://www.blogger.com/profile/16840276884032173329noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-6434784540432425182.post-13311780346705668892023-09-02T13:41:00.001+02:002023-11-03T14:29:37.112+01:00I gemiti e la Borlenghi<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Sto
girando la chiave nella serratura quando sento un ringhio feroce alle
mie spalle, tremore immediato della mano, la chiave s’inceppa nella
toppa, vorrei girarmi ma temo che l’orso, non può essere che un
orso, mi tiri una zampata sul viso e mi termini all’istante.</span></p>
<p align="justify"><span style="font-family: arial; font-size: large;">“<span>Stai
buono JohnWayne, stai buono” riconosco la voce della Borlenghi,
l’ottantasettenne del terzo piano che insiste: “JohnWayne, fai il
bravo, su, bravo JohnWayne”. JohnWayne è il pechinese che le fa
compagnia da qualche mese, dopo la morte del Borlenghi marito,
Giampiero, schiattato il Natale scorso (i canditi del panettone,
preso in offerta alla Conad, a soffocarlo).</span></span></p>
<p align="justify"><span style="font-family: arial; font-size: large;">“<span>Salve,
signora Borlenghi… meno male che era lei con il cagnolino… per un
attimo ho temuto che un orso…”</span></span></p>
<p align="justify"><span style="font-family: arial; font-size: large;">“<span>Ma
quale orso, ma come può confondere il mio JohnWayne con un orso!? È
così caro il mio JohnWayne, non farebbe del male a una mosca e
neppure a un nano, <i>come lei</i>.”</span></span></p>
<p align="justify"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span>Il
“<i>come lei</i>” è accompagnato da un’espressione di
disgusto. Strano, di solito la Borlenghi è affettuosa, affettuosa
con tutti, fin troppo affettuosa, lei e il vizio che ha di
abbracciare i condomini della scala C, di un abbraccio insistito,
seguito poi da baci, baci affettuosi e bavosi che t’inumidiscono le
guance. Pure col sottoscritto la Borlenghi non si è mai sottratta
alla pratica umettante, pratica che ho subito passivamente per un
eccesso di cortesia, come rifiutare un caldo abbraccio e
un’umidificazione guanciale a una signora ottantasettenne, vedova,
dotata di pechinese che, penso, non le basta a soddisfare la mancanza
d’affetto e comprensione da parte del genere umano? </span>
</span></p>
<p align="justify"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Ora
no, nessun abbraccio, niente baci, quel “<i>come lei</i>” e il
suo rapido (compatibilmente con l’età) salire le scale per
lasciarmi solo sul pianerottolo, il pechinese che nell’ascesa si
volta un attimo e mi ringhia un “<i>come te</i>” canino,
minaccioso. “Porco di un nano che vede quei filmacci pornografici
alla televisione… con le finestre aperte… di pomeriggio”. La
Borlenghi borbotta fra sé e sé, ma il volume della voce è
calcolato perché le mie piccole orecchie sentano.</span></p>
<p align="justify"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Filmacci
porno alla televisione? Mah? In questi giorni ho rivisto solo alcuni
spezzoni di film con la Fenech, roba da commedia sexy all’italiana,
qualche doccia spiata dal buco di una serratura, ma di porno neppure
l’ombra. E poi il volume della tv non è mica alto. Ieri
pomeriggio, per esempio, nessun film all’orizzonte, avrò tenuto
acceso il televisore per un’ora al massimo, sul 64, SuperTennis, un
match di repertorio, la finale degli Australian Open 2015 fra
l’americana Serena Williams e la russa Maria Sharapova, nulla di
peccaminoso, due tenniste su un campo sintetico, scambi combattuti,
veloci, potenti, i loro corpi sudati, le corse da una parte all’altra
del terreno di gioco, i servizi, i diritti, i rovesci, le smorzate,
le discese a rete e… e... i gemiti! Ogni colpo è accompagnato da
gemiti prolungati, da acuti esagerati (la finestra della sala ieri
pomeriggio era aperta), dei lamenti di sofferenza, in particolare è
la Sharapova che alterna un “aahhhh” a un “oohhhh” e poi di
nuovo “aahhhh” e “oohhhh”, l’intensità dei quali è
direttamente commisurata alla difficoltà del colpo, con una
progressione in crescendo proporzionale alla lunghezza dello scambio
che termina di solito con un “aaaahhhhhhhh” o un “oooohhhhhhhh”
d’eccitazione orgasmatica e un “Come on!” della russa (che però
si esprime in americano).</span></p>
<p align="justify"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Posso
comprendere l’equivoco della Borlenghi che immagino non conoscere
né Serena Williams né Maria Sharapova (dal suo televisore, tenuto a
volume considerevole a causa di un udito deteriorato, provengono una
sfilza di Ave Maria, non Sharapova, e di Pater Noster in diretta da
Lourdes, per il Rosario delle 18, o l’inutile eccitazione verbale
di Bonolis nel preserale di Canale5, per concludersi con delle
trasmissioni di qualche tv locale che inzigano gli istinti
bassoventrali dello spettatore rifilandogli una sequela di fatti di
cronaca nera truculenta o di gossip pseudovipparo o ancora un mix di
entrambi a base di cornificazioni nobiliari, eredità bramate,
omicidi passionali, segreti inconfessabili che la vittima si porterà
nell’oltretomba…), posso capirlo, ma essere accusato di
depravazione di fronte a una innocente partita di tennis un poco mi
disturba.</span></p>
<p align="center"><span style="font-family: arial; font-size: large;">*
* *</span></p>
<p align="justify"><span style="font-family: arial; font-size: large;">A
dire il vero la visione delle lunghe gambe della Sharapova, il
minigonnellino rosso con striscia rosa orizzontale che si alza quando
si appresta a servire, il sottogonna che esalta la tonicità dei
glutei, quei suoi gemiti, il sudore che le bagna la magliettina
anch’essa rossa, una canotta con spalline minimal che evidenzia il
busto slanciato, un insieme di rossa eleganza con una declinazione
peccaminosa, tolgono l’innocenza alle mie visioni tennistiche.
Insomma, la Borlenghi, pur equivocando, non sbaglia del tutto.</span></p>
<p align="justify"><span style="font-family: arial; font-size: large;">A
volte chiudo gli occhi, le due giocatrici sono sedute durante il
cambio campo, immagino d’essere di fronte alla Maria russa, ma
residente da molti anni in America, durante un coktail party. Io e
lei in piedi, a parlare, oddio, provando a parlare insieme, tentativo
non semplice da realizzare tenendo conto delle rispettive altezze:
immaginandola indossare delle scarpe con tacco alto che la slanciano
oltre il suo metro e 88, portandola vicino ai due metri, ben 82
centimetri oltre il mio metro e 18, tacchi esclusi (non li uso), mi
ritroverei più o meno ad altezza ombelico. Cosa dire a un ombelico
di suo muto? Certo, se la Sharapova fosse ventriloqua… ma anche se
lo fosse io non spiaccico una parola di russo e in quanto
all’inglese, nella sua declinazione U.S.A., insomma, rischierei di
fare scena muta, potrei al massimo alzare il braccino destro,
sorridere all’ombelico e dirle “Hi”.</span></p>
<p align="center"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span>*
* * </span>
</span></p>
<p align="justify"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Di
nuovo il ringhio di JohnWayne mi sorprende mentre sto per aprire la
porta di casa. “Ah, è ancora lei” esordisce la Borlenghi. Devo
ricucire lo strappo nel nostro rapporto, un’incrinatura nata da un
equivoco. Serve chiarire. “Signora Borlenghi, le chiedo scusa se
per caso l’ho infastidita in queste giornate con il mio
televisore...”, lo sguardo sospettoso dell’anziana condomina non
mi molla un istante “… le prometto che starò più attento, non
mi ero reso conto che seguire con le finestre aperte una partita di
tennis femminile con le giocatrici che, ahime, hanno oramai
l’abitudine di urlare su ogni palla…” la Borlenghi non mi
sembra persuasa “… brutta piega che ha preso il tennis… sa, è
tutta colpa di Monica Seles… fu lei la prima a introdurre la
malacreanza di accompagnare i colpi con le urla…” ho usato
<i>malacreanza</i> per rendere familiare il mio lessico all’età
della Borlenghi, sostantivi antiquati che le facciano abbassare la
coltre di diffidenza, e infatti… “Guardava il tennis?” mi
chiede… “Sì, sul canale 64, Supertennis”… “Supertennis?”…
“Supertennis, deve pigiare i tasti 6 e 4 del telecomando (la
Borlenghi non va oltre il canale 10, la tv locale con le trasmissioni
di cronaca rosanera, voglio agevolarla in modo che, ne sono certo,
una volta entrata nel suo appartamento accenda la tv e verifichi la
mia sincerità).</span></p>
<p align="justify"><span style="font-family: arial; font-size: large;">L’ottantasettenne
mi lascia con un “Buonasera” freddo, freddo. Se non altro
JohnWayne non mi ha sbranato.</span></p>
<p align="center"><span style="font-family: arial; font-size: large;">*
* *</span></p>
<p align="justify"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Ore
18: la consueta sfilza di Ave Maria e Pater Noster provenienti da
casa Borlenghi è sostituita in via del tutto eccezionale dalle
pornogrida della Sharapova, finale del torneo WTA di Cincinnati del
2014, contro Ana Ivanovic.</span></p>
<p align="center"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span>*
* * </span>
</span></p>
<p align="justify"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Nell’esatto
istante nel quale sto infilando la chiave nella serratura della porta
blindata, sento un fastidioso arruffamento in corrispondenza della
caviglia sinistra. Abbasso lo sguardo, JohnWayne alterna dei colpi di
lingua sui pantaloni a tentativi, maldestri, di cingermi con quelle
sue odiose zampette, intenzione malcelata di possedermi fisicamente.
“JohnWayne, JohnWayne, fai il bravo, lascia stare il signor PNV”
nel tono della Borlenghi una ritrovata simpatia per il sottoscritto.
Il pechinese obbedisce all’istante, si stacca dal pantalone (che
dovrò lavare) e schizza rapido vicino alla padrona, la coda che
scodinzola a ritmo sostenuto. “Come si sente, signor PNV?”
prosegue l’anziana mentre fa cenno di avvicinarsi per salutarmi con
l’affetto mostrato molte volte in passato. “Sa, ieri ho dato una
occhiata al canale che diceva lei, il 64 e…” “Mi fa piacere,
signora Borlenghi, come le è sembrato?”… “Come diceva lei! Uno
scandalo. Ci sono queste signorine che colpiscono una pallina con le
loro racchette e ogni volta aprono la bocca e mandano di quelle
urla...” … “Urla di malacreanza, vero?”… “Sì, sì, ha
usato la parola giusta: malacreanza bella e buona”. Su quel “buona”
la Borlenghi compie un ultimo passo nella mia direzione, siamo quasi
a contatto, protende il collo, allunga le labbra a forma di becco
d’anatra e mi stampa un bacio affettuoso sulla guancia sinistra.
Lenta discesa verticale dell’umidità sul mio volto. Mi stacco da
lei, le sorrido, alzo la mano destra in segno di saluto e mi volto
per poter entrare in casa. Il tempo di svestirmi per poi impostare la
Smart Tv, forte dell’alibi tennistico, sul sito di Pornhub.</span></p>PuroNanoVerginehttp://www.blogger.com/profile/16840276884032173329noreply@blogger.com10tag:blogger.com,1999:blog-6434784540432425182.post-86910250541106667942023-08-17T21:22:00.002+02:002023-08-17T21:22:28.331+02:00Tali e quali<p style="text-align: justify;"><span style="color: #1d2129;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Si
dice che ognuno di noi abbia sette sosia nel mondo.</span></span></p>
<p class="western" style="font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; text-align: justify;">
<span style="color: #1d2129;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Non
so se sia vero, ma nel caso mi piacerebbe incontrare i miei sette…
e chiedergli scusa.</span></span></p>PuroNanoVerginehttp://www.blogger.com/profile/16840276884032173329noreply@blogger.com11tag:blogger.com,1999:blog-6434784540432425182.post-41371298163045690662023-08-05T22:35:00.002+02:002023-08-06T13:03:47.847+02:00Il bimbo Notaio<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Per
il Carnevale del 1980 i miei compagni di scuola avevano scelto dei
costumi “alla moda”: i maschietti da Sceriffo, da Zorro, da
Superman, da Al Capone (Sergio Marquinoz, un bimbo colombiano che da
grande è diventato un rinominato narcotrafficante, 3 Stelle
Medellin), le bimbe da Ballerina, da Fatina Azzurra, da Regina
Elisabetta…</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Io,
come PuroNanoVergine, scelsi il completino da notaio: pantaloni e
giacca beige in lino, camicia azzurrina in tinta con il fazzolettino
che usciva dal taschino della giacca.</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span>Scelta
che preoccupò i miei. </span>
</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span>Riporto
brani del colloquio fra mia madre e la Maestra Grimaldi, la prof che
ebbi nei cinque anni di scuola elementare: </span>
</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">“<span>Non
saprei, ma mio figlio mi dà da pensare, cioè, non mi sembra del
tutto normale…”, </span>
</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">“<span>Guardi,
se si riferisce all’altezza non deve preoccuparsi, PNV è
consapevole della sua nanitudine, la vive serenamente”</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">“<span>Non
è l’altezza, ma il carattere, cioè è un bimbo troppo serio e
posato, a Carnevale m’ha chiesto il vestito da Notaio. Io pensavo
al Pirata, all’Uomo Ragno, al limite a Brontolo, oppure, visto che
studia sempre, a Dotto, ma il Notaio…!”</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">“<span>Sì,
in effetti PNV è particolare, serio è serio, studioso è studioso,
ma ogni tanto se ne esce anche con delle battute divertenti”</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">“<span>Tipo?”</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">“<span>Tipo,
Rogito ergo sum, a proposito di notai”</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">“<span>Ma
è terribile!”</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">“<span>???”<br />
“Un
bambino che cita Cartesio a nove anni! Mi dica lei, signora Maestra,
devo forse dargli qualche bel scapaccione per riportarlo sulla retta
via?”</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span>La
Grimaldi rispose, per fortuna, di no. </span>
</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Alla
fine la spuntai, indossai il completino da Notaio andandomene in giro
vanitoso per le strade del quartiere (mia madre mi accompagnava,
testa bassa, imbarazzata dal mio outfit).</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">La
resa sull’abbigliamento di Carnevale peggiorò la situazione.</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Riporto
estratti del dialogo fra mia madre e mio padre:</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">“<span>Angelo,
ti rendi conto che un bimbo di nove anni ci stila un contratto in 12
punti dove definisce le regole alle quali attenersi in casa?”</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">“<span>Ma
dai, Rosina, si diverte a fare il notaio, mica mi vuoi dire che…”</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">“<span>Ti
voglio dire che se non lo blocchiamo per tempo PNV rincitrullisce del
tutto. Leggi qua…” gli porge il foglio con i 12 punti.</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">“<span>Punto
1) La colazione dovrà svolgersi nei giorni feriali dalle 7 e 30 alle
7 e 45. Punto 2) Il pranzo si dovrà tenere alle ore 13:45. Punto 3)
La cena alle ore 19 e 30. Punto 4) I pasti principali dovranno
basarsi su un corretto bilanciamento di carboidrati e proteine. Punto
5) La merenda pomeridiana non sarà mai a base di creme spalmabili
quali la Nutella Ferrero…”</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">“<span>Ti
rendo conto? Un bimbo che non ama la Nutella!? Angelo, dobbiamo
chiamare lo Zamboni...” (N.d.A. era il medico di famiglia) “…
per farci consigliare un buon psichiatra”</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">“<span>Punto
6) Nell’orario adibito ai compiti scolastici, 16:30 – 18:30, il
suddetto PuroNanoVergine non dovrà essere mai disturbato. Punto 7)
PuroNanoVergine è esentato a tempo indeterminato dall’interloquire
con la Zuliani, la pettegola del terzo piano… (N.d.A. la Zuliani
veniva spesso ospite a casa nostra, era solita regalare a mia madre
riviste sensazionalistiche tipo Stop o Cronaca Vera, e riportava i
pettegolezzi riferibili a circa metà delle persone del quartiere,
cintura nera ottavo dan di zabettismo)</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">“<span>Sulla
Zuliani come dargli torto…” era la difesa paterna.</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">“<span>Ok,
ma imporci che non dobbiamo interrompere i suoi compiti per due ore
di fila. Poi ti sembra normale che passi tutto questo tempo a
studiare? A me non interessa avere un figlio con tutti 10 in
pagella!”</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">“<span>Tutti
10 e un 11, in condotta.”</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Mia
madre scuoteva la testa, lacrime amare iniziavano a rigarle il volto.</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">La
carriera da notaio si andava nel frattempo a consolidare. Mi ero
proposto come garante nella compravendita dei pacchetti di figurine
Panini, che i miei compagni erano soliti maneggiare: in qualità di
notaio certificavo la validità dello scambio figurine/soldi che
avveniva tutti i giorni in classe. La tariffa per la mia prestazione
era pari a un decimo del prezzo pagato dall’acquirente.</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Tutto
procedeva a gonfie vele, i 12 punti stilati con mamma e papà,
l’intermediazione negli scambi fra compagni di classe, il
completino da beige che indossavo tutti i giorni. Mi si prospettava
un futuro da notaio, già mi immaginavo un bello studio in centro
città, 200 mq. rivestiti da una moquette verde scuro calpestata da
un bel paio di mocassini in pelle (i miei), con due segretarie
altamente professionali (le mie) a completa disposizione (da un punto
di vista strettamente lavorativo, data la mia serietà), quadri
d’arte contemporanea alle pareti, una gigantografia che mi vedeva
ritratto con mia moglie e mio figlio (PuroNanettoVergine) seduti nel
giardino della nostra villa di Montecarlo.</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Ipotesi
di un futuro notarile sfumate quando a metà dell’anno scolastico
1980/81 fece il suo ingresso nella IV B una nuova compagna di classe
(e di banco), Paoletta, biondina vaporosa dagli occhi azzurri, il
viso lentigginoso, la voce stridula e una naturale propensione per la
frivolezza come stile di vita. In teoria la mia serietà era in netto
contrasto con la sua superficialità, il mio completo beige di formale
eleganza stonava con la sua gonna rosa ricoperta di fiorellini
bianchi e un maglione bianco con perline di strass, il mio interesse
per Cartesio faceva a pugni con la sua lettura approfondita di Cioè…
in teoria… perché ogni giorno averla a fianco provocava nel mio
debole cuore notarile delle botte di tachicardia micidiali.</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">“<span>PNV,
per il prossimo Carnevale cosa indosserai?” mi chiese ai primi di
febbraio del 1981.</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">“<span>Direi
nulla, il mio costume è quello che indosso ora, non ho bisogno di
mettere altro, mi sento notaio e quindi…”</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">“<span>Che
roba noiosa il Notaio!” fu la sua interruzione.</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">“<span>Perché
noio…”</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">“<span>Se
penso a un ragazzo con il quale stare insieme, l’ultimo ragazzo che
mi viene in mente è un Notaio.”</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">“<span>E
tu allora cosa indosserai?”</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">“<span>La
mamma mi ha comprato un vestitino rosa da Barbie, la Barbie Monella.
Sarò uno schianto. Secondo te una Barbie Monella potrebbe mai
mettersi insieme a un Notaio?” domanda impertinente di Paoletta che
aveva intuito il mio debole per lei.</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">“<span>No,
in effetti…” non finii la frase, lo sguardo basso, due goccioloni
a scendere lungo le guance.</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Fu
così che dal giorno dopo abbandonai il completo beige, la camicia
azzurrina e il fazzoletto in tinta. Tornai ai jeans, ai maglioncini,
alle scarpe da tennis e per Carnevale, per Carnevale, avendo Barbie
Monella compagna di banco, indossai un vestitino da PuroNanoKen…
vergognandomi come un ladro.</span></p>PuroNanoVerginehttp://www.blogger.com/profile/16840276884032173329noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-6434784540432425182.post-1065903659635421112023-07-15T22:19:00.004+02:002023-07-15T22:19:39.011+02:00Il codice dell'amore<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">
“<span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span>E
quindi, ricapitolando, hai detto che si chiamava Gabriele, era alto
quasi uno e ottanta, capelli scuri e mossi, occhi castani espressivi,
un carattere angelico in linea con il suo nome e un velo di
malinconia interrotto ogni tanto da un bel sorriso.”</span></span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">“<span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span>Sì,
sì, brava, riassunto perfetto. Era proprio così!”</span></span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">“<span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span>E
aveva un lavoro sicuro?”</span></span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">“<span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span>Certo,
meccanico specializzato, riparava le macchine che servono a produrre
le vernici, era impiegato alla Max Meyer. Guadagnava più di 120 mila
lire al mese, anche 150 con gli straordinari!”</span></span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">“<span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span>Da
come ne parli mi sembra l’uomo perfetto. Non capisco perché dopo
il primo appuntamento non hai più voluto frequentarlo? Ha fatto
qualcosa che non doveva?”</span></span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">“<span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span>Ma
no, se intendi quelle cose lì, no. Era un signore, un vero
galantuomo. Ho un bel ricordo di quella sera che siamo stati alla
Festa dell’Unità ad ascoltare Gino Paoli che cantava.”</span></span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">“<span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span>E
allora? Alto, bello, dolce, serio, un lavoro sicuro, sei uscita e ti
sei trovata bene. Marianna, non me la racconti giusta. Qualcosa che
non andava c’è stato.”</span></span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">“<span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span>Sì…
insomma… poi quando gli ho chiesto… avevo un po’ vergogna a
fargli la domanda… ma lui ha risposto… subito… al volo… lo
sapeva a memoria… questa cosa mi ha colpito favorevolmente… solo
che…”</span></span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">“<span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span>Ma
cosa gli hai chiesto? Parli a spizzichi e bocconi. È una domanda
scabrosa che neppure a me puoi dire?”</span></span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">“<span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span>No,
non lo è, però forse ti metti a ridere se…”</span></span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">“<span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span>Giuro
che starò seria. Cosa gli hai chiesto?”<br />
“Il suo codice
fiscale”</span></span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">“<span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span>Il
codice fis…?”</span></span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">“<span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span>Sì,
ci tenevo, cioè, era l’ultimo scoglio, se superava quello allora
non ti dico che sarebbe stato l’uomo della mia vita, ma poteva
anche diventarlo.”</span></span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">“<span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span>Ma
dai, mi prendi in giro, cosa c’entra il codice fiscale con la
scelta dell’uomo della tua vita?”</span></span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">“<span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span>E
invece c’entra. Gli ho chiesto il codice e lui mi ha risposto con
un </span><span style="font-variant: normal;"><span style="color: black;"><span><span style="letter-spacing: 1.5pt;"><span style="font-style: normal;"><span style="font-weight: normal;">DCCGRL48B29F205Y</span></span></span></span></span></span><span>,
</span><span>e già il primo impatto
non è stato buono, </span><span>non
era quello che avrei desiderato.</span><span>”</span></span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">“<span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span>In
che senso, scusa?”</span></span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">“<span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span>Non
saprei, è più una sensazione che altro. Comunque, quel D C iniziale
mi ricordava la Democrazia Cristiana e per una comunista come me,
insomma… e poi il G R sembrava il verso di uno che digrigna i
denti, per non dire del contrasto fra D C C G R L nel suo insieme e
il 48 che segue. Con quelle lettere doveva abbinarci un numero
dispari, un 43 o un 49, ma un 48 proprio no.”</span></span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">“<span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span>Marianna,
perdonami, ma mi sembri un po’ matta!”</span></span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">“<span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span>Ma
va, cerca di seguirmi. Il codice fiscale se lo sai leggere per bene
ti svela il futuro, altro che i tarocchi, i fondi del caffè o lo
zodiaco! Ti dice tutto della persona che hai davanti. Il suo partiva
con queste sei lettere che stonavano col 48, per non dire poi del
B29, ti dice niente B29?”<br />
“No (???)”</span></span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">“<span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span>Enola
Gay, il bombardiere che ha sganciato la bomba su Hiroshima.”</span></span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">“<span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span>Hiroshima!?”
</span></span>
</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">“<span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span>Avevo
davanti uno che sarà stato pure dolce, serio, lavoratore, ma era
sotto sotto un democristiano guerrafondaio a favore del Presidente
Nixon.”<br />
“Oh mamma, Marianna, mi fai preoccupare.”</span></span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">“<span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span>Ma
certo che lo era. Ho evitato di chiederglielo, tanto oramai la mia
scelta era fatta, bocciato al 100%, su tutta la linea, ma sono sicura
che si avessi detto: “Gabriele, dimmi, è vero che tu sei un
democristiano guerrafondaio a favore degli yankee?” lui mi avrebbe
risposto…”</span></span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">“<span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span>Di
sì?”</span></span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">“<span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span>Yes,
avrebbe risposto Yes, con la Y che, guarda caso, è lì a chiudere il
codice fiscale rivelatore.”</span></span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span style="font-size: large;">Breve
silenzio delle due donne, Marianna prende il bicchiere e sorseggia la
gazzosa ordinata poco prima al cameriere. Enrica si soffia il naso,
il polline primaverile inizia a farsi sentire, ripone il fazzoletto
nella borsa e riprende a parlare.</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">“<span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span>Quindi
non vi siete più rivisti?”</span></span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">“<span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span>No,
mai più visto e sentito. Ogni tanto squilla il telefono di casa, io
evito di andare a rispondere, lo fa mia madre e se è lui, per tre
volte ha chiamato, faccio dire che non ci sono.”</span></span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">“<span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span>Poverino”</span></span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">“<span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span>Poverino?
<span style="font-variant: normal;"><span style="color: black;"><span style="letter-spacing: 1.5pt;"><span style="font-style: normal;"><span style="font-weight: normal;">DCCGRL48B29F205Y
poverino?”</span></span></span></span></span></span></span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">“<span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span>Ma
sì dai, capisco la tua rabbia, tu comunista, a favore della Pace,
idealista, che si trova davanti un tipaccio del genere, però in
fondo anche uno così alla fine è un essere umano, starà soffrendo.
L’amore è l’amore.”</span></span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">“<span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span>Non
me ne importa, Enrica, non me ne importa nulla. Colpa sua se è quel
che è e ha il codice fiscale che ha.”</span></span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">“<span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span>Ho
un’idea.”</span></span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span style="font-size: large;">Sguardo
incuriosito e guardingo di Marianna.</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">“<span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span>Hai
fatto bene a mollarlo, a fargli pagare le sue colpe. Condivido pure
la tua scelta di non rivederlo neppure una volta, però credo che
qualcuno che gli dica in faccia quello che si merita ci deve essere.
Chissà, magari si ravvede.”</span></span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">“<span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span>Eh
già, come se fosse possibile cambiarsi il codice.”</span></span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">“<span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span>No,
quello non si può fare, ma aprire gli occhi forse </span></span><span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span>sì.”</span></span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">“<span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span>Non
mi dire che saresti disposta a contattarlo per sbattergli sul muso le
colpe iscritte nel codice fiscale?”</span></span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">“<span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span>Sì,
lo farei. Mi sembra giusto che tu non ti esponga, metti mai il caso
che rivedendolo ci ripensi e finisci col metterti insieme, Dio te ne
scampi, ma non può finire così, senza un chiarimento, con questo
Gabriele dei miei stivali che se ne va in giro tronfio, forte della
sua bellezza, del suo carattere, del suo stipendio da meccanico
specializzato, tutte qualità che servono a nascondere la sua vera
natura di ipocrita democristo amico di Nixon!”</span></span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">“<span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span>Oh
Enrica, sei una vera amica!” Marianna le si avvicina e le stampa un
bacio affettuoso, gusto gazzosa, sulla guancia destra.</span></span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">“<span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span>Hai
il suo numero di telefono?”</span></span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">“<span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span>Sì,
sì, qui no, ma a casa, l’ho segnato sulla rubrica alla lettera D,
Docci Gabriele.”</span></span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">“<span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span>Ok
Marianna” Enrica si alza dalla sedia di plastica rossa del bar e si
aggiusta la mini in pelle nera “non c’è un minuto da perdere.
Andiamo a casa tua e recuperiamo il numero! Ah... caro il mio bel
Gabriele… con la sottoscritta non la scamperai mica liscia, stai
sicuro!”</span></span></span></p>PuroNanoVerginehttp://www.blogger.com/profile/16840276884032173329noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-6434784540432425182.post-66609118958231890732023-06-23T22:50:00.005+02:002023-06-23T22:51:07.019+02:00Il Grande Fabius<p style="text-align: justify;"><span face="Arial, sans-serif" style="font-family: arial; font-size: large; text-align: left;">Viene
riportato il dialogo “segreto” intercorso fra due dirigenti del
Partito Democratico nell’Anno XII dell’Era del Grande Fabius
(2031 d.C.).</span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;">La
riservatezza impone di non riferire i nomi dei due protagonisti
identificati dalle sigle di comodo <span style="color: red;"><b>D.G</b></span>.
(Dirigente Ghianda) e <span style="color: #333399;"><b>D.P.</b></span>
(Dirigente Pizza).</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: red;"><b>D.G</b></span>. Hai
visto gli ultimi sondaggi?</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: #333399;"><b>D.P.</b></span> No,
come siamo messi?</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: red;"><b>D.G</b></span>. Si
sale, si sale. Trend positivo: ci danno al 4,6%</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: #333399;"><b>D.P.</b></span> Ciumbia.
Secondo te rientriamo nella categoria “Grandi Partiti Democratici
del Centro-Sinistra Europeo”?</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: red;"><b>D.G</b></span>. Senza
trattino: CentroSinistra</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: #333399;"><b>D.P.</b></span> Scusa,
è colpa della Sindrome del Picconatore. Ogni tanto ho un riflusso
gastrico e mi scappa un trattino di troppo.</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: red;"><b>D.G</b></span>. Per
stavolta te lo condono. Comunque alla tua domanda non saprei cosa
rispondere.</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: #333399;"><b>D.P.</b></span> Dai
un’occhiata al Dizionario della Politica.</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Il
Dirigente Ghianda prende dallo scaffale della libreria un’edizione
polverosa del “Pierfassino 2009 – Il Dizionario della Politica,
Ed. Arnoldo Lario Mondadori”.</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: red;"><b>D.G</b></span>. Qui
dice “<i>Grande Partito Democratico del CentroSinistra Europeo:
forza politica di tradizioni socialiste, con un occhio di riguardo al
folclore cattolico, che possa vantare un peso elettorale non
inferiore al 30%</i>”.</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: #333399;"><b>D.P.</b></span> Ai
socialisti vanno le tradizioni e ai cattolici il folclore? Un po’
di parte il tuo Pierfassino.</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: red;"><b>D.G</b></span>. Non
è il “mio” Pierfassino. Lascia stare queste vecchie e sterili
polemiche! Piuttosto, qui parla di un risultato non inferiore al 30%.
Non è che siamo lontanucci dalla meta?</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: #333399;"><b>D.P.</b></span> Ma
va la, colpa dell’autore del Dizionario che puntava troppo in alto.</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: red;"><b>D.G</b></span>. Può
darsi. In effetti quel Fassino lì era sempre ottimista.</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: #333399;"><b>D.P.</b></span> A
vederlo non si sarebbe detto.</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: red;"><b>D.G</b></span>. Lo
nascondeva bene. Un grande attore. Aveva fatto suo il metodo
Stalinasky. Ricordo la magnifica interpretazione dell’addolorato
vedovo per la scomparsa del Nuovo Partito Socialista di Gianni de
Michelis. Neanche la Magnani in Roma Città Aperta pianse in quel
modo.</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: #333399;"><b>D.P.</b></span> E
gli altri, a quanto stanno?</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: red;"><b>D.G</b></span>. Di
là (fa segno a destra) è messa bene l’UDCCCP (Unione dei
Democratici Cristiani Con Convergenze Parallele) in salita al 12%.</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: #333399;"><b>D.P.</b></span> Dobbiamo
convincerli a passare dalla nostra parte.</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: red;"><b>D.G</b></span>. Lo
sai che è impossibile. Te lo immagini un governo con loro? A chi lo
diamo il Ministero per la Gioventù Brizzolata? Tra PierEffeCi e
Fra Rut sarebbe una sfida all’O.K. Corral.</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: #333399;"><b>D.P.</b></span> Beh,
si, hai ragione. Forza Italia invece come va?</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: red;"><b>D.G</b></span>. Anche
lei in ascesa, al 29 %. Mi sa che l’ultima campagna di PierSilvio
per l’abolizione dell’ICI sulle Garconniere ha fatto presa.</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: #333399;"><b>D.P.</b></span> Tutto
suo padre.</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: red;"><b>D.G</b></span>. Per
le Garconniere?</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: #333399;"><b>D.P.</b></span> No,
mi riferivo alle tasse.</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: red;"><b>D.G</b></span>. Guarda
qua. Questa è clamorosa.</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Il
Dirigente Pizza si avvicina al compagno-fratello e sbircia il foglio
coi sondaggi.</span></span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span face="Arial, sans-serif" style="color: red;"><b>D.G</b></span><span face="Arial, sans-serif">. L’API-FMV
(Alleanza Padano Italiana – Fiamma Monocolore Verde) cala di
brutto!</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: #333399;"><b>D.P.</b></span> A
picco. Sono all’1.2 %. Tengono bene solo a Morbegno e Latina.</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: red;"><b>D.G</b></span>. Ora
veniamo ai “nostri”.</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Sguardi
ansiosi dei due.</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: #333399;"><b>D.P.</b></span> (soddisfatto)
Lo dicevo io, lo dicevo. Altro che “movimento di lotta, movimento
di governo”. Il PRC (Partito della Rivoluzione al Cachemire) ha un
misero 3,8%.</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: red;"><b>D.G</b></span>. Devi
tenere conto della scissione dei Trotzkisti dell’ala Pierre Cardin.</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: #333399;"><b>D.P.</b></span> Sarà,
comunque anche il PdCE (Partito dei Comunisti Ecologisti) è messo
male: 1.4.</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: red;"><b>D.G</b></span>. Scontano
ancora la legge Rizzo-PecoraroScanio del 2012. L’obbligo per le
aziende di donare una pianta di gerani ai metalmeccanici. ‘Sti
poveri operai che fra una saldatura e un bullone da avvitare dovevano
pure innaffiare i fiori. Ti ricordi lo slogan?</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: #333399;"><b>D.P.</b></span> “Tute
Blu col Pollice Verde”, che tristezza.</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: red;"><b>D.G</b></span>. C’è
chi sta peggio: la Grande Famiglia Socialista di Boselli dallo 0,3
allo 0,2!</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: #333399;"><b>D.P.</b></span> Lo
immaginavo: settimana scorsa è morto un prozio di Intini. E la nuova
formazione della Rosa nel Campanile?</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: red;"><b>D.G</b></span>. I
radicali col Partito di Mastella?</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: #333399;"><b>D.P.</b></span> I
radicali con Mastella. Con gli anni il suo Partito si è ristretto,
lui si è allargato: ora coincidono.</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: red;"><b>D.G</b></span>. Sono
messi maluccio: 0,9 %. La gente non ha capito lo spirito della loro
alleanza che poi, se non fosse stato per i PAPS (PAtto Politico per
la Sopravvivenza) non potevano manco mettersi insieme.</span></span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span face="Arial, sans-serif"><span><span style="color: #333399;"><b>D.P.</b></span> E
LUI? </span></span>
</span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: red;"><b>D.G</b></span>. Dammi
la mano, non ho il coraggio di guardare da solo.</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Tremanti
sbirciano il sondaggio.</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: #333399;"><b>D.P.</b></span> 46,9%</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: red;"><b>D.G</b></span>. Ancora
un po’ e fa un governo monocolore! Ma secondo te cosa ci trova
l’elettorato di così attrante nel GF (Grande Fabius)?</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: #333399;"><b>D.P.</b></span> Non
saprei, forse lo slogan coniato da Mussi ha fatto colpo: “GF: Un
Partito coi Baffi”.</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: red;"><b>D.G</b></span>. Non
basta uno slogan, quello che conta è la tradizione che puoi vantare:
da Maurizio Costanzo tornando indietro ad Achille Occhetto, da Peter
Sellers a Giuseppe Stalin, da Clark Gable fino a Nicola Lenin.</span></span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span face="Arial, sans-serif"><span><span style="color: #333399;"><b>D.P.</b></span> Mi
è venuta un’idea. </span></span>
</span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: red;"><b>D.G</b></span>.
Quale?</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: #333399;"><b>D.P.</b></span> Perché
non molliamo baracca e burattini e confluiamo pure noi nel GF?</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: red;"><b>D.G</b></span>.
Pensi che ci prenderà?</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: #333399;"><b>D.P.</b></span> Certo.
Basta fare una sana e serena autocritica, recitare il mea culpa e
dirgli che con quei baffi sta da Dio.</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: red;"><b>D.G</b></span>.
Anche il ciuffetto non è poi così male.</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;">I
due sorridono rinfrancati per il prossimo approdo nel GF.</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Mano
nella mano, rivolti verso il cielo, sguardo estasiato:</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: #333399;"><b>D.P.</b></span> Sia
Votato il Grande Fabius.</span></span></p>
<p class="western"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: red;"><b>D.G</b></span>. Sempre
sia Votato.</span></span></p>PuroNanoVerginehttp://www.blogger.com/profile/16840276884032173329noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-6434784540432425182.post-28438814568611026042023-05-28T18:06:00.003+02:002023-05-28T18:06:27.489+02:00La Storia siamo noi<p align="justify">
<span style="font-family: arial; font-size: large;">Sono
seduta sul divano della sala, Sabrina e Flavio sono al lavoro, il
televisore che Flavio ha acquistato il mese scorso, una bella tv
dallo schermo piatto coi colori sgargianti, è sintonizzato sul 54.
Mamma mia, canale 54! Mi fa impressione solo a pensarci, ai miei
tempi c’era il Primo Canale, poi è venuto il Secondo e alla fine
degli anni 70 Rai3… e Berlusconi. Il Brionvega 20 pollici che
pesava un accidenti era in bianco e nero, non avevamo il telecomando,
a volte rimanevi sintonizzata su una trasmissione per la pigrizia di
doverti alzare e cambiare canale.</span></p>
<p align="justify"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Sul
54, RaiStoria, mi sto godendo un bel documentario che parla della
Fiat mentre tengo fra le mani una tazza di the verde al limone che mi
riscalda. La vecchiaia porta pure quello: ti senti “fredda”, il
sangue non scorre bene nelle vene, sei come una pianta che
appassisce, hai voglia a bagnarla!, c’è poco da fare, pian piano
perdi le foglie che si seccano e poi… plaff… cadono a terra.
Sabrina insiste che devo mangiare di più, muovermi, non poltrire sul
divano: “Ti ricordi quanto camminavi mamma? Eri sempre in
movimento, di corsa, non stavi mai ferma un attimo!”, “Sì” le
rispondo “ma avevo 40 anni, ero nel pieno della vita, un marito e
due figlie da far crescere e il lavoro da portare avanti, mica come
ora che ho superato gli ottanta e il cuore batte ogni tanto a vuoto”,
“Le medicine, mamma, le medicine!” “Le medicine, figlia mia!
Una pianta che sta morendo non la resusciti con le medicine”.
Piccoli battibecchi fra noi, poca cosa in confronto alle litigate di
quando Sabrina aveva vent’anni e si era portata a casa Eugenio…
Eugenio… se ci ripenso…</span></p>
<p align="justify"><span style="font-family: arial; font-size: large;">La
voce della giornalista accompagna le immagini di repertorio di una
Torino che mi appare grigia, non capisco se per colpa della pellicola
che col tempo diventa sfocata e perde i contorni chiari, svanisce il
colore che dà sostanza alle cose, o se invece appare per quello che
è, che era, una città del nord, come la mia Milano, che in autunno
e in inverno grigia lo era davvero: che differenza con Foggia e il
sole della Puglia! O, forse, il grigio predomina perché grigie mi
appaiono le persone inquadrate dalla tv, un corteo di 40 mila
impiegati, li chiamavano i colletti bianchi, molti in giacca e
cravatta, impermeabile, non una tuta blu, non un camice d’operaio,
che sfilavano contro il Sindacato, a fianco del Padrone, degli
Agnelli, di Romiti, per difendere il posto di lavoro, dicevano, in
realtà perché erano egoisti, tanto chi rischiava il licenziamento
non erano loro... non ancora loro.</span></p>
<p align="justify"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Che
poi 40 mila era un numero sovrastimato, ne ho fatti io di cortei, per
il lavoro, contro la guerra, per il 25 aprile, la Liberazione, il
Primo Maggio, cantavo con tutte le mie forze l’Internazionale e
quando cantavo la voce diventava squillante, per una volta spariva
quella voce rauca, da uomo, che mi portavo dietro dai 16 anni. Ne ho
fatti di cortei e a occhio capisco quanti vi partecipano. Lì, a
Torino, nell’ottobre dell’80, i crumiri saranno stati 10 mila,
forse 15, ma 40 mila proprio no. Comunque, lo sta dicendo la
giornalista, quella marcia fu il segnale di una svolta, in peggio,
finiva il periodo della conquista di diritti che noi lavoratori e
prima ancora i nostri genitori, avevano con fatica guadagnato, lotta
dopo lotta, sciopero dopo sciopero, fino alla Legge, lo Statuto dei
Lavoratori che finalmente metteva nero su bianco quello che ci
spettava. Ricordo ancora il coraggio di mia mamma, comunista
orgogliosa, che non aveva paura a rivendicare la propria militanza, a
voce alta pure quando a comandare c’era lui, il Mascellone!.</span></p>
<p align="justify"><span style="font-family: arial; font-size: large;">La
tv parla di “reflusso”, la marcia dei 40 mila o quanti cavolo
erano, segnava l’inizio di una fase nuova (hanno ragione a usare
quel termine, viene a me il reflusso, la nausea, se ci penso), di un
ritorno al passato, all’ognuno pensi per sé, ma quali colleghi,
amici, compagni, non ha senso unirsi per essere più forti, ci si
arrangia da soli, con l’idea che sia la scelta più conveniente.
Illusi: è così che il Padrone ha la meglio, su tutti. Una fase
nuova anche per la sottoscritta: no, non c’entrano le lotte
sindacali, nel 1980 mi sono ritrovata sola con le mie figlie dopo la
scomparsa di Andrea.</span></p>
<p align="center"><span style="font-family: arial; font-size: large;">*
* *</span></p>
<p align="justify"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span>Ricordo
quando mi candidai come delegata sindacale nella Postal Rapid.
Eravamo una trentina di colleghe, tutte donne, la maggior parte di
noi in nero. “Piera, ci serve una tipa tosta come te, una che sa
tener testa al Dottor Dorini. Non puoi deluderci, pensa che bel
terzetto di scassamaroni che saremmo noi tre per lui.” A dirlo era
stata la Mariuccia, la prima delegata Filcams in Postal Rapid, con la
sigaretta sempre in bocca, le labbra sottili evidenziate dal rossetto
(da lei ho preso l’abitudine di usarlo), certe cotonature bionde e
dei vestitini appariscenti, in questo io e lei andavamo d’accordo,
eravamo donne, dovevamo mostrarlo, con raffinatezza ed eleganza,
donne determinate, nella vita, nel lavoro. Anche l’Angela aveva
insistito: “Dai Pierina, non ti vanti sempre di saper mettere in
riga gli uomini negli affari di cuore? Sono sicura che pure qua
dentro ti farai rispettare, aiuterai noi tutte”. L’Angela,
indossava sempre dei gonnelloni lunghi azzurri o grigi e d’inverno
quei golfini che io e la Mariuccia la prendevamo in giro: “Sembri
tua nonna, Angela, siamo nel 1968, mica nel 1908”. </span>
</span></p>
<p align="justify"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span>Il
Trio P.A.M., Piera, Angela, Mariuccia, unite contro il Dottor Dorini,
il Principale, che in fondo, ora posso dirlo, non era così malvagio
come lo dipingevamo, però era un maschio, il classico maschio che
“l’uomo in ufficio, la donna a casa e se proprio proprio deve
lavorare che lo faccia senza troppe pretese”. Arrivava in ditta
alle 8 e 30, tutte le mattine, dal lunedì al sabato, scendeva
dall’Alfetta grigio metallizzata ed entrava in ufficio, il passo
lento a causa dei 100 e rotti chili che si portava dietro. Noi lì,
in piedi, nell’attesa di ricevere i depliant per la distribuzione e
l’indicazione di quali vie dovevamo coprire. Il tutto per 85 mila
lire al mese. Non era uno stipendio, quello, era un’elemosina. </span>
</span></p>
<p align="justify"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Senza
contare che alla fine del 1967 aveva lasciato a casa la Patrizia
perché era rimasta incinta del Nello, o Lello, ora non ricordo bene
il nome, senza che i due fossero sposati. L’avevo vista piangere,
la Patrizia, mentre usciva dall’ufficio del Dorini, il trucco le
colava dagli occhi, lei che si tamponava il volto con un fazzoletto.
Me l’ero legata al dito quella porcata, la Mariuccia e l’Angela
avevano avuto gioco facile ad arruolarmi. Nel gennaio del ‘69 il
Dorini ci convocò tutte e 30 per dirci che il lavoro era aumentato,
dovevamo distribuire dei volantini per la Ondaflex, una distribuzione
capillare e ripetuta, una commessa di lavoro importante, ma che
richiedeva di lavorare per quattro domeniche di fila. “Pagherà la
maggiorazione?” aveva chiesto la Mariuccia e il Dorini, faccia di
tolla come poche, la crapa pelata coperta malamente dal riporto,
aveva risposto che non se lo poteva permettere. C’erano stati dei
mugugni fra di noi, lui ci aveva congedate in fretta, voleva smorzare
sul nascere ogni rimostranza. Uscite dall’ufficio avevo preso la
parola, era la prima volta che lo facevo, ricordo Angela e Mariuccia
osservarmi con un misto di sorpresa e di piacere. “Quel taccagno
non può chiederci un impegno extra, quattro domeniche di fila, senza
pagarci il dovuto e poi… è ora che assuma tutte e trenta col
libretto, vi deve regolarizzare! Dobbiamo scioperare!”</span></p>
<p align="justify"><span style="font-family: arial; font-size: large;">E
sciopero fu!</span></p>
<p align="justify"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Un’intera
giornata, il sabato che precedeva la prima domenica Ondaflex,
domenica che ovviamente saltammo. Il lunedì mattina sentimmo
slittare le gomme dell’Alfetta del Dorini che scese dalla macchina
e sbatté con forza la portiera. “Vi vogllo tutte dentro!”, “In
galera?” non so come, ma la risposta mi venne spontanea, in
automatico. “Nel mio ufficio, Piera, nel mio ufficio!”. Non
l’avevamo mai sentito alzare la voce a quel modo. Molte di noi
chinarono il capo per evitarne lo sguardo, non io, non la Mariuccia,
occhi dritti di sfida, cattivi, espressione seria (anche se vederlo
diventare rosso dall’incazzatura con quel riporto che quasi quasi
svolazzava rischiava di farmi ridere). Di nuovo congedate, appena
fuori dall’ufficio, la Lella aveva detto: “Non sarebbe meglio
piantarla qui, non avete sentito la sua minaccia? Ci licenzia tutte.”
e di rimando l’Enrica “Tanto via noi ne trova altre che ci
sostituiscono e non fanno troppe storie sulla paga e sul nero”.
“Via noi col piffero che riesce in poco tempo a reclutare altre
schiavette, care mie. Il Dorini ha fretta, rischia di saltare la
commessa, se proseguiamo con lo sciopero lo teniamo per le palle. Ma
ci pensate? Noi gli stringiamo i maroni e lui diventa sempre più
rosso, gli si rizza pure il riporto dal dolore”. Una risata aveva
accolto la mia battuta.</span></p>
<p align="justify"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Il
secondo sabato di sciopero ci vide all’ingresso della Postal Rapid
con uno striscione, un lenzuolo matrimoniale oramai consunto che non
usavo più a casa, con su scritto in caratteri rossi “Dorini,
Dorini, sgancia quei quattrini!”. Come previsto, pure la seconda
domenica di lavoro saltò. Il lunedì mattina l’Alfetta del Capo
parcheggiò mesta nel cortile della ditta. Il Dorini scese, nella
mano destra un fazzolettone bianco per asciugarsi dei goccioloni di
sudore che imperlavano l’ampia fronte e un avanzare abbacchiato
verso il suo ufficio. “Ho avuto modo di riflettere questo fine
settimana… “ esordì “… in fondo penso che un po’ di
ragione ce l’avete pure voi… “ un sorriso furbetto dell’Angela
incrociò la mia espressione incredula… “ ho chiesto al ragionier
Petronio dell’Ufficio del Personale di muoversi per la
regolarizzazione delle vostre posizioni…” “… e per la
maggiorazione domenicale?” chiesi “… per quella, sì... sì...
certo, per quella non ci sono problemi… come è previsto da
contratto.”</span></p>
<p align="justify"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Una
manata sul sedere mi colpì mentre lasciavamo l’ufficio del Dorini,
mi voltai, era la mano di Mariuccia. “Ci avevo visto giusto, un bel
trio di scassamaroni, io, te e l’Angela, proprio un bel trio di
scassamaroni”, “Confermo…” la voce dolce di Angela a sostegno
dell’amica “… un bel trio, ma Mariuccia, lasciamelo dire, delle
tre la Piera è la più rompiballe di tutte!”</span></p>
<p align="center"><span style="font-family: arial; font-size: large;">*
* *</span></p>
<p align="justify"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span>La
sigla di coda della trasmissione mostra uno dietro l’altro i nomi
delle persone che hanno realizzato il documentario. Non tento nemmeno
di leggerli, le scritte scorrono troppo velocemente, e poi la mia
vista fa cilecca, pure con gli occhiali ci vedo poco. Le orecchie no,
quelle funzionano ancora, e la sigla di chiusura la sento per bene,
una canzone che conosco, che mi è sempre piaciuta, mi piace la
musica, ma sopratutto le parole: </span>
</span></p>
<p align="left"><span style="font-family: arial; font-size: large;">“<span><span style="font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal;"><span style="color: black;">E
poi la gente, (perch</span></span><span style="font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal;"><span style="color: black;">é</span></span><span style="font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal;"><span style="color: black;">
è la gente che fa la </span></span><span style="font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal;"><span style="color: black;">S</span></span><span style="font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal;"><span style="color: black;">toria)</span></span><br />
<span style="font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal;"><span style="color: black;">quando
si tratta di scegliere e di andare,</span></span><br />
<span style="font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal;"><span style="color: black;">te
la ritrovi tutta con gli occhi aperti,</span></span><br />
<span style="font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal;"><span style="color: black;">che
sanno benissimo cosa fare.</span></span><br />
<span style="font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal;"><span style="color: black;">Quelli
che hanno letto milioni di libri</span></span><br />
<span style="font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal;"><span style="color: black;">e
quelli che non sanno nemmeno parlare,</span></span><br />
<span style="font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal;"><span style="color: black;">ed
è per questo che la </span></span><span style="font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal;"><span style="color: black;">S</span></span><span style="font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal;"><span style="color: black;">toria
dà i brividi,</span></span><br />
<span style="font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal;"><span style="color: black;">perch</span></span><span style="font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal;"><span style="color: black;">é</span></span><span style="font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal;"><span style="color: black;">
nessuno la può fermare.</span></span><br />
<span style="font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal;"><span style="color: black;">La
</span></span><span style="font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal;"><span style="color: black;">S</span></span><span style="font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal;"><span style="color: black;">toria
siamo noi, siamo noi padri e figli,</span></span><br />
<span style="font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal;"><span style="color: black;">siamo
noi, bella ciao, che partiamo.</span></span><br />
<span style="font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal;"><span style="color: black;">La
</span></span><span style="font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal;"><span style="color: black;">S</span></span><span style="font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal;"><span style="color: black;">toria
non ha nascondigli,</span></span><br />
<span style="font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal;"><span style="color: black;">la
</span></span><span style="font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal;"><span style="color: black;">S</span></span><span style="font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal;"><span style="color: black;">toria
non passa la mano.</span></span><br />
<span style="font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal;"><span style="color: black;">La
</span></span><span style="font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal;"><span style="color: black;">S</span></span><span style="font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal;"><span style="color: black;">toria
siamo noi, siamo noi questo piatto di grano.</span></span>“
</span>
</span></p>
<p align="left"><br />
</p><p style="text-align: justify;"> </p>PuroNanoVerginehttp://www.blogger.com/profile/16840276884032173329noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-6434784540432425182.post-90542207009139018522023-05-05T23:50:00.001+02:002023-05-05T23:50:00.850+02:00Apocalypse Bar<p>(il racconto è la prosecuzione, in chiave distopica, di questo precedente racconto: <a href="http://puronanovergine.blogspot.com/2022/12/ca-del-tram.html">Ca' del Tram</a> )</p><p><br /></p><p></p><p style="text-align: justify;">
<span style="font-family: arial; font-size: large;"><span>La
seconda notte il sonno si è fatto più regolare, il corpo si adegua
alla durezza del pavimento, come cuscino una tovaglia piegata in
otto, una seconda che fa da coperta leggera, il rumore del frigo che
attacca e stacca diviene meno fastidioso, l’orecchio lo ha
catalogato come famigliare, trascurabile, sottofondo non più in
grado d’interdire l’abbiocco. </span>
</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">La
sveglia appesa alla parete segna le 6 e 45, mi alzo, una stiratina al
corpo, il buio completo della sala svanisce quando accendo lo
smartphone. Indirizzo la luce per un attimo sui miei compagni di
reclusione: Gabriele ha gli occhi aperti, se li copre con una mano
per evitare la torcia del mio cellulare. Indossa la bandana rossa,
non se l’è ancora tolta da l’altro ieri; il suo amico smilzo,
Loris, se la dorme alla grossa così come la signora dai vestiti
sdruciti (le poche parole che finora ha spiaccicato non hanno
permesso di darle un nome) che abbraccia nel sonno la borsa giallo
limone dell’Esselunga; sdraiata sul fianco destro, le mani giunte
sotto la guancia, vedo Rossella e il suo seno prosperoso; la figlia
non è vicino a lei, il sospetto della prima notte, la sua assenza
dalla sala da the unita a quella del barista, ha trovato conferma la
seconda: i due si sono appartati nella sala principale, dietro al
bancone, dormono insieme, quando non sono i gemiti di lei e il
bofonchiare di lui a far pensare a qualcos’altro.</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Il
pensiero va al cameriere: che fine avrà fatto? Si è dileguato pochi
minuti prima dell’ordine irrevocabile dato dagli altoparlanti che
intimavano il rifugiarsi immediato all’interno del primo riparo
potenziale (per noi clienti, il bar Belfiore). Per i trasgressori,
visto il Livello di Emergenza Assoluto proclamato dal Governo,
nessuna giustificazione possibile, ma l’esecuzione sul posto da
parte dei Reparti Speciali per la Difesa del Sacro Suolo Italico. Il
proclama si limitava a fissare in giorni sette, scadenza alle ore 24
di sabato 26 novembre, il periodo d’isolamento preventivo al
termine del quale il Governo avrebbe diramato nuove disposizioni.</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Sette
giorni in un bar vogliono dire, innanzitutto, razionamento del cibo
tenendo conto che Germano, il proprietario, poteva offrici sei
panettoni di un chilo l’uno, una dozzina di brioche, due cabaret di
biscotti alla pasta frolla, nove pacchetti di patatine, quattro di
popcorn, arachidi, qualche panino al latte farcito, tre muffin,
sedici porzioni di macedonia, tre confezioni da 12 succhi di frutta
l’uno, liquori e drink a volontà, caffè, the, tisane varie,
cioccolata (che eviterò finché mi sarà possibile), una bottiglia
di Prosecco, scatolette di tonno e salmone, come da inventario
stilato poco dopo l’abbassarsi delle saracinesche. Non moriremo di
fame né tantomeno di sete, sempre che la settimana di prigionia
termini con il via libera governativo.</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Mi
dirigo verso il piccolo bagno del negozio, chiudo la porta e accendo
la luce al neon che illumina d’un bianco gelido i pochi metri
quadri della stanzetta, rigida atmosfera che si deposita sul
lavandino dal quale fuorisce solo acqua fredda, sul water ingiallito,
sul bidet, sulle confezioni da quattro rotoli di carta igienica di
scarsa qualità, sull’asciugamano bianco e il detersivo liquido.
L’odore di piscio misto a disinfettante mi provocano un principio
di nausea che reprimo prima che si tramuti in uno sbocco di vomito.
L’igiene personale è l’aspetto peggiore della convivenza forzata
per un gruppo di sette persone confinate in soli due locali. Il
nostro è un lavarsi da gatti, l’unica bottiglietta di sapone
liquido si è esaurita ieri mattina, la mancanza di una doccia
impedisce una pulizia del corpo, ma più di tutto è l’assenza di
un ricambio, in particolare per l’intimo che inizia a produrre
fastidiose conseguenze olfattive.</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span>Esco
dal bagno, nel frattempo la compagnia inizia a dare segnali evidenti
di risveglio. Gabriele è accovacciato sul pavimento, posizione dalla
quale si stacca solo per pochi minuti, mediamente una volta ogni due
ore, per fare dello stretching o per brevi camminate a sgranchire i
muscoli. Il resto della giornata è finalizzato a consumare la minor
energia possibile, centellinando la respirazione per limitare
l’emissione di anidride carbonica, cosa che a detta sua tutti noi
dovremmo fare pena il soffocamento prima della fine della settimana.
A vederlo, con il suo metro e ottanta abbondante, il mascellone, la
struttura ossea possente, non si direbbe che è un ipocondriaco della
peggior specie. </span>
</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span>L’amico,
al contrario, tanto è minuto ed esile quanto pieno di energia. Una
vitalità che ha trovato l’obiettivo verso il quale esprimersi,
anzi due obiettivi per la precisione, le poppe extralarge di
Rossella. La proprietaria delle medesime sembra gradire le attenzioni
di un ragazzo che potrebbe essere all’incirca suo figlio. Sono
seduti uno di fronte all’altra, lui sorseggia un succo ACE, lei sta
rimirando le unghie smaltate di viola per poi voltarsi verso il
sottoscritto e chiedermi a bruciapelo: “Anche oggi per colazione il
the verde?”. “Sì” è la mia timida risposta, seguito da un
suo: “Per me una colazione senza un bel cappuccino non è una vera
colazione”, critica che immagino vada oltre il confronto con il suo
cappuccino, estendendosi all’approccio che abbiamo nei confronti
della vita: gaudente per Rossella, sobrio il mio. </span>
</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Poco
dopo sono Germano e Samantha ad apparire. Lui le cinge le spalle con
il braccio sinistro, gesto che esibisce con nonchalance per l’intera
truppa, a sancire la nascita ufficiale d’una coppia che nelle prime
quarantotto ore, in particolare in quelle notturne, aveva dato il via
alle prove generali prima del coming out ufficiale inscenato in
questo momento. La ragazza entra nella sala da the, il barista torna
nell’altro locale dove lo sento armeggiare con la macchina del
caffè (lo immagino tornare con un vassoio dove una pila di biscotti
al burro farà da contorno al cappuccino che offrirà sorridendo alla
futura potenziale suocera).</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">“<span>AirVisual
segnala un preoccupante aumento della concentrazione di anidride
carbonica” mugugna Gabriele, lo sguardo concentrato sullo schermo
dell’iPhone. Ignoro le sue preoccupazioni, nella scelta se
respirare aria insalubre all’interno del bar o un’atmosfera di
sicuro più fresca fuori per strada, con il rischio concreto di
beccarmi una sventagliata di mitra, scelgo senza alcun dubbio la
prima opzione. “Eddai, piantala con ‘ste paranoie sulla salute
dell’aria, mica moriamo soffocati” è invece la frase,
pronunciata con inattesa ruvidezza dall’amico Loris. “Certo,
meglio fare il deficiente con una che avrà l’età di tua mamma”,
replica Gabriele. “E allora pensa all’aria che ti uccide, se ti
fa piacere, bigolo”.</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span>Terminata
la colazione per tutti, se si eccettua la signora Esselunga ancora
sprofondata in un sonno non scalfibile, Germano preme il pulsante che
alza la saracinesca della vetrina della sala da the. È una giornata
nebbiosa, probabile che nel corso della mattinata il sole si faccia
spazio e ci doni se non un tepore una luminosità confortante.
Rossella preme il viso contro il vetro del negozio, osserva con
l’attenzione di un bimbo perso nel paese dei balocchi il panorama
che le si offre alla vista. “Non c’è anima viva in giro”
sbuffa dopo una trentina di secondi. “E come potrebbe esserci!?”
è la risposta di Loris che le si è avvicinato, il viso attaccato
alla vetrina mentre il suo fianco destro cerca un contatto con
Rossella. Lei non lo evita, anzi, sembra favorirlo, un leggero
movimento dell’anca che si strofina sul giovane compagno di
reclusione. “Vado a lavarmi” l’annuncio di Samantha che si
muove diretta verso il piccolo bagno, gli occhi di Germano a
seguirla. Per un attimo immagino la ragazza dentro la stanza
dall’odore respingente, lei che si piega sul lavandino e vomita, il
lavandino imbrattato dalle tracce del cibo di Samantha, io che dovrò
tornare prima o poi a farne uso. </span>
</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span>Apro
il browser dello smartphone in cerca di novità sul sito della
Gazzetta Italica. “Qualche news?” chiede Gabriele. “Nulla.
L’home page è la medesima di ieri sera. Confermano la fine del
periodo d’isolamento per sabato prossimo, certi che il popolo saprà
seguire alla lettera le indicazioni del Governo. Per i trasgressori è
prevista…” “… l’esecuzione sommaria, seduta stante” è
Gabriele a completare la frase. “Seduta stante”, confermo. Il
rumore delle saracinesche che Germano sta alzando nel locale
principale mi distoglie dal pensiero di non poter far nulla per
uscire da uno stato di cattività dalla durata indefinita, al di là
delle promesse governative, dal retrogusto minaccioso. </span>
</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">La
signora anonima emette uno sbadiglio misto grugnito, a segnalare il
suo lento risveglio. La guardo mentre a fatica muove il busto,
poggiando le mani sul pavimento per poi alzarsi appoggiandole sullo
schienale della sedia a lei più vicina, sulla quale deposita, pochi
secondi dopo, l’ampio sedere. Avrà sui 70 anni, o forse meno,
l’aspetto trasandato potrebbe donarle qualche anno in più del
dovuto. Tiene fra le braccia la borsa Esselunga, l’apre per pochi
centimetri, si curva in modo d’avvicinare il viso al sacchetto
giallo, infila la mano destra per ritirarla tenendo in mano una
confezione plastificata di salame Citterio che appoggia sul tavolo e
che apre. “Vuole un panino al latte? Ho solo quello se le va di
fare un sandwich”. L’offerta gentile di Germano è respinta con
un lento diniego del capo e un “No” sussurrato di malavoglia. La
signora estrae una a una le fette di Citterio, le appallottola e se
le infila in bocca, masticandole con calma. Nessuna bevanda ad
accompagnare l’inedita colazione.</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Samantha
esce dal bagno giusto in tempo per l’ultima fetta di salame,
un’occhiata alla scena, è ancora alle spalle della donna, e
rivolta alla madre mima un segno con l’indice della mano destra a
picchiettarsi la tempia, indicando che la tipa non deve avere tutte
le rotelle a posto. In contemporanea, telepatica connessione, io e
Gabriele ci alziamo in piedi. Ho voglia di muovermi un poco,
camminare avanti e indietro nei due locali del bar per una decina di
minuti. Gabriele si limita a stirarsi la schiena, allunga le braccia
verso l’alto e poi s’inarca un poco all’indietro, gesto che
ripete alcune volte prima di prendere la mano destra con la sinistra
e provocare un “cronch” di dita sgranocchiate. Rossella ha
estratto dalla borsa uno specchietto e scruta il volto, l’espressione
dubbiosa per un trucco non rifatto, i segni dell’età e della
reclusione sommati incrinano la fiducia nella propria bellezza, un
“che occhiaie!” a sancire l’insoddisfazione estetica. Le
osservo il viso, gli occhi sembrano lucidi, lo sono, la vedo estrarre
un fazzoletto e asciugarsi le guance, gesto rapido per il timore di
mostrare la propria debolezza.</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Il
suono di una sirena porta l’intero gruppo a precipitarsi contro le
vetrine, appena in tempo per vedere una camionetta dell’esercito
sfrecciare lungo via Astesani. L’unica che non reagisce al suono è
la vecchia anonima. La vediamo indossare il paletot, dare un’occhiata
alla borsa Esselunga e dirigersi verso una porta che finora nessuno
ha osato avvicinare, l’uscita dal retro che dà nel cortile interno
del palazzo che ospita il bar. “Cosa fa, signora, non è permesso
uscire!” la concitazione nella voce di Germano “… non ha
sentito il bollettino del Governo? Così rischia la vita, la possono
mitragliare se la vedono in giro…”. Un “fanculo” chiaro
benché sussurrato esce dalla bocca della tipa. La sua mano sinistra
afferra la maniglia e l’abbassa. La luce esterna del cortile per un
attimo si insinua nella sala da the. Germano è indeciso sul da
farsi, così come il resto del gruppo. Lasciarla andare? Che ne sarà
di lei? E cosa rischiamo noi, è il pensiero che mi mette ansia, che
le abbiamo consentito l’uscita? “Ma non è meglio fermarla?”
sbuffa Samantha “Se poi la beccano non è che rischiamo pure noi?
Per una vecchia rincitrullita?” insiste la ragazza. Rapido scambio
di sguardi che non porta a nulla. In cuor mio, e penso che valga per
tutto il gruppo, vorremmo imitare il gesto della signora, uscire da
una condizione imposta, tornare perlomeno nelle nostre case.
Vorremmo, vorrei, ma rimaniamo fermi, sul posto, bloccati da una
vigliaccheria paralizzante. “<i>Che merda che sono</i>”, pensiero
che accompagna il mio capo che si abbassa per un istante.</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Incurante
della nostra sterile esitazione la vecchia supera la soglia e
richiude la porta alle proprie spalle. Di nuovo ci attacchiamo alla
vetrina per seguirla mentre si incammina lungo viale Belfiore, passi
lenti, leggermente curva, il giallo Esselunga nella mano destra,
mentre con la sinistra si gratta i capelli sporchi. Poco dopo esce
dal nostro campo visivo. Germano torna nella sala principale, seguito
da Samantha. Rossella e Loris si siedono uno di fronte all’altra,
il ragazzo osa allungare le mani per prendere quelle della donna, che
sembrano tremare. Gabriele si sdraia di nuovo a terra, chiude gli
occhi, rallenta la respirazione. Io rimango in piedi, abbasso il
viso, guardo il marmo rosagrigio del pavimento, nell’attesa che una
sventagliata di mitra mi confermi l’inutilità dell’evasione alla
quale abbiamo assistito.</span></p><div style="text-align: justify;"><br /></div><p></p>PuroNanoVerginehttp://www.blogger.com/profile/16840276884032173329noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-6434784540432425182.post-60788873931237120002023-04-23T13:53:00.006+02:002023-04-23T13:53:50.549+02:00La cartina del Principe<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Il
Don Don Don… della campana della Chiesa è cessato da poco, ogni
volta che rintocca viene da tapparmi le orecchie, faccio fatica a
sopportarne il rumore. Pure il babbo non gradisce più di tanto,
mentre mamma si fa spesso il segno della Croce, non a tutte le ore,
quello no, ma a mezzogiorno sì.</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span>Di
solito la domenica il locale è già frequentato, in questo periodo
non molto a dire il vero, siamo ai primi d’ottobre, sull’isola ci
sono pochi forestieri, non sento più gente che parla in dialetto
d’altre terre, alcuni lombardi, altri liguri, altri ancora del
Veneto, lingue “straniere”, per quanto il babbo dica che siamo
tutti italiani in fondo. </span><span>Di
solito </span><span>il
locale </span><span>è
frequentato</span><span>,
stavo dicendo, ma oggi c’è desolazione, non una persona presente,
un deserto che mi fa pensare che fra qualche settimana sarà inverno,
il grigio del cielo spegnerà il blu intenso del mare, il freddo mi
toglierà la voglia d’andare in spiaggia, la Cala della Mortola che
io e Ferruccio e Goffredo abbiamo eletto nostra casa segreta rimarrà
abbandonata, il vento che d’estate l’accarezza d’inverno sembra
graffiarla, così come arrossisce le nostre guance e </span><span>ci
</span><span>gonfia
le labbra.</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span>I</span><span>n
cucina il babbo si dà un gran daffare per preparare le pappardelle
al sugo di cinghiale, un sugo dove alla carne ha aggiunto del vino
rosso, per l’occasione ha preso dalla cantina il miglio</span><span>r</span><span>
Chianti che abbiamo, e l’ha insaporito con sedano, carota, cipolla,
aglio e dei grani di pepe. Nel mentre la mamma sta dando un’ultima
ripassata alla locanda, ho visto che apparecchia solo il tavolo
centrale, con una tovaglia di pizzo in lino all’uncinetto che la
nonna le avev</span><span>a
</span><span>preparato
</span><span>per</span><span>
dote. Alle finestre ha messo degli acchiappasole in corallo che
riflettono la luce, quella poca che la giornata uggiosa d’oggi
consente.</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Io
li osservo mentre in cucina, seduto sullo sgabello in legno che sta
in un angolo, sto facendo i compiti di aritmetica, le tabelline,
quella del 7 in particolare che domani la maestra ha detto d’imparare
per bene, che poi c’interroga.</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">“<span>Non
muoverti di qui, per nessun</span><span>a</span><span>
</span><span>ragione!</span><span>”
mi ha ordinato il babbo e prima ancora che ne chiedessi il motivo ha
aggiunto “oggi abbiamo un ospite d’eccezione, il Principe, non ti
voglio vedere che vaghi per i tavoli a fare le tue solito domande
stupide ai clienti, a importunarli. Il Principe non gradirebbe e
l’ultima cosa al mondo sarebbe procurargli fastidio!”. A parte il
fatto che i clienti mi prendono sempre in simpatia e ridono alle mie
osservazioni oppure fanno un’espressione di meraviglia perché mi
considerano un bimbo intelligente, molto più sveglio degli otto anni
che ho, a parte questo mi chiedo che cos’ha di così importante il
Principe, per quanto Principe </span><span>è</span><span>
sempre un uomo come </span><span>tutti
</span><span>gli
altri, e perché dovrebbe essere infastidito dal sottoscritto? Non ho
osato ribattere al babbo che poi poteva partirgli uno sberlone che
finiva dritto dritto sulla mia testa.</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Sette,
quattordici, ventuno, ventotto, trenta… trenta… trentacinque,
mannaggia, parto bene poi a metà mi fermo. O miglioro o domani sono
guai e se torno a casa con un’insufficienza lo sberlone al babbo
può scattare e la mia testa rintronare. Il Don della campana
rimbomba una sola volta, la mamma ha indossato un grembiule bianco
con pettorina, sotto il vestito nero come il nero della giacca che
sfoggia il babbo, è la prima volta che gliela vedo addosso, sta
bene, lo rende pure un poco più snello, quasi quasi gli nasconde la
pancia.</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span>La
porta in legno della locanda si apre, sull’uscio compare un uomo
alto, magro, che bella uniforme blu che ha, quanto è elegante, al
suo confronto il babbo e la mamma sembrano vestiti con degli stracci,
e poi sulla spalla ha un fucile, luccica il legno della canna quasi
quanto il grilletto d’argento. Dopo di lui segue un signore più
piccolo, non sembra un militare, ha degli stivali neri che splendono,
e dei pantaloni bianchi come la camicia, però i polsini e il
colletto sono blu e i bottoni sembrano d’oro. Dietro il signore più
piccolo un secondo militare, sembra il gemello del primo, stessa
statura, medesimo fucile. Il babbo si fa incontro al terzetto, prima
con passo celere poi, giunto a circa un metro da loro, si ferma di
colpo e accenna un mezzo inchino. Sento che bisbiglia qualcosa verso
il primo militare che si rivolge al signore con gli stivali e poi,
dopo un cenno </span><span>positivo
</span><span>col
capo di quest’ultimo, </span><span>consegna,
</span><span>come
se fosse una staffetta, il “sì” al babbo che si volta e con la
mano invita la mamma a farsi avanti. </span><span>La
mamma è ancora più in soggezione del babbo, gli sta a </span><span>f</span><span>ianco
e tiene il capo abbassato, mi sembra che dica qualche parola, ma non
ne sono sicuro. Passano pochi secondi, si voltano entrambi dopo un
secondo inchino rapido rapido e tornano in cucina. </span>
</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span>Io
corro di filata sullo sgabello, se il babbo avesse visto che
sbirciavo la scena, e fingo di tuffarmi con gli occhi sul libro di
</span><span>aritmetica</span><span>:
sette, quattordici, ventuno, ventotto, trentacinque, quarantaquattro…
no, quarantadue… mannaggia!</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span>La
mamma tiene due piatti di pappardelle sul braccio destro, un terzo
sul sinistro, mentre il babbo la segue con una bottiglia di Brunello
che accarezza delicatamente. Mi sporgo di nuovo, ai due posti
laterali del tavolo siedono i militari, al centro, mi sta di fronte,
il Principe. Il fumo delle pappardelle sale dal piatto, la scia
d’odore insapora la cucina, chissà come le gradirà il Principe e
i suoi due accompagnatori! </span><span>Mamma
e babbo rientrano alla base, li vedo sussurrare fra loro, lei
ansiosa, non capisco il motivo, lui l’ascolta mentre prepara delle
bistecche di vitellone sulla griglia. In sala si sentono le voci dei
tre commensali, parlano in una lingua strana, a volte qualche parola
la capisco, ma le frasi per intero no, mi sfugge il senso. Dopo dieci
minuti il babbo fa cenno alla mamma di sbrigarsi, con il braccio
destro le tocca l</span><span>a</span><span>
spall</span><span>a</span><span>
invitandola ad andare “va, va, va dal Principe!”, invito, ordine
che lei esegue all’istante, di solito se il babbo è un po’
brusco lei gli risponde a tono, ma oggi no. Torna in un battibaleno,
due piatti di pappardelle sono vuoti, il terzo è pieno a metà,
m’immagino che il Principe non l’abbia finito, non mi dà l’idea
di uno che mangia molto. Il babbo scuote il capo perplesso, sta per
impiattare il vitellone, ma la mamma lo ferma, come a dirgli che i
tre clienti gradiscono una pausa fra una portata e l’altra.</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span>D’improvviso
voci concitate nella sala. Il babbo si avvicina all’ingresso che
separa il locale dalla cucina, la mamma non osa, io ne approfitto per
mettermi dietro di lui e vedere cosa succede. Il Principe si è
alzato in piedi, nelle mani tiene una cartina, è una cartina come
quella che è appesa al muro della mia scuola, con disegnato
l’Italia, il mare mediterraneo sotto con un pezzo d’Africa,
l’Europa sopra fino ad arrivare al Polo Nord. Lo capisco perché la
mostra al militare che sta alla sua sinistra, nel farlo l’ha
voltata in parte verso di noi, alza la voce e con l’indice della
mano destra fa segno su un punto preciso della cartina, impossibile
dire quale. Il militare sembra dubbioso, </span><span>vorrebbe
dire qualcosa, ci prova, sussurra una risposta, ma il Principe non
sembra gradire, gli esce un “merd” o qualcosa di simile, mentre
butta la cartina a terra e si siede rabbioso. Il secondo militare
rimane seduto al suo posto, gli occhi bassi. </span>
</span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span>Il
babbo non sa che fare, presentarsi ora con la carne non sembrerebbe
il momento, tanto più che il Principe non ha terminato le
pappardelle e la litigata con il suo accompagnatore deve avergli
rovinato del tutto l’appetito. Io fisso a occhi sbarrati la scena,
vedo il Principe che sbatte con violenza il pugno sulla tavolata, il
bicchiere col Brunello davanti a lui sobbalza, per fortuna non si
rovescia a macchiare la bella tovaglia all’uncinetto della mamma.
</span><span>Sono
talmente preso dalla figura del Principe che non m’accorgo del
brusco dietrofront del babbo, così come lui non </span><span>aveva
notato l</span><span>a
mia presenza alle sue spalle. Nel girarsi per tornare al vitellone la
sua gamba destra, muscolosa come solo la gamba del babbo può essere,
mi urta e mi fa cascare a terra. Cado a peso morto, un POOOM!,
risuona nel locale. Il </span><span>P</span><span>rincipe
e i due militari a quel punto si accorgono che oltre ai due adulti
c’è un terzo incomodo presente.</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span>Il
babbo mi guarda, nei suoi occhi un misto di preoccupazione per la mia
caduta, ho picchiato la nuca sul pavimento, e una rabbia che reprime
per la figura che gli sto facendo fare. Una voce dalla sala, è il
militare che ha “discusso” col Principe a parlare, invita il
babbo a rialzarmi, ordine che viene eseguito senza tentennamenti e
poi con la mano destra fa cenno di introdurre il figlio al tavolo.
Sento la mano del babbo che mi accarezza la </span><span>nuca</span><span>
per poi sfiorarmi la schiena e i pantaloni nel tentativo di
allontanare la polvere che potrebbe essersi depositata mentre ero sul
pavimento. Io allungo il braccio per attaccarmi alla sua gamba, ho
paura del Principe, mi ha scoperto che lo spiavo, mi sembra una
persona cattiva, potrebbe farmi del male, altro che gli scapaccioni
di mio padre. Insieme, io e lui, avanziamo nella sala. Tengo lo
sguardo rivolto al pavimento, ma quando ci fermiamo mi viene
l’istinto di alzare gli occhi e scrutare il mio giudice
severissimo. Vedo che mi vede. A un tratto la sua voce: “Come ti
chiami?”. Balbetto un: “Fio… fio… ren… zo”. “Fio</span><span><i>r</i></span><span>enzo,
bel nome, Fio</span><span><i>r</i></span><span>enzo”.
Lo pronuncia con una </span><span><i>r</i></span><span>
strana, come </span><span>potrebbe
pronunciarlo un rospo. È la prima volta che il mio nome ha il suono
di un </span><span>Fio</span><span><i>r</i></span><span>enzo.</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span>Il
Principe si rivolge al militare che finora è stato muto ordinandogli
non so cosa. Non comprendo quello che dice, noto solo che quella
parlata da </span><span><i>r</i></span><span>
del rospo non mi dispiace, anzi, me lo fa sembrare meno antipatico.
Il militare si alza dalla sedia, viene verso di me e il babbo, si
inginocchia e raccoglie la cartina geografica che il Principe ha
scagliato sul pavimento. Me la consegna. Sorpreso, non so che fare,
ma l’insistenza del militare, che muove il braccio con la cartina e
mi fa cenno di prenderla, mi obbliga ad accettare il dono. La tengo
in mano a fatica, come se scottasse, </span><span>sia</span><span>
io </span><span>che</span><span>
il babbo </span><span>siamo
come due statue di marmo</span><span>,
</span><span>impietrite,
immobili. Pochi istanti di silenzio assoluto, poi </span><span>il
Principe </span><span>si
muove, </span><span>fa
qualche passo, lascia la sua postazione, gira intorno al tavolo, si
avvicina a me, si abbassa in modo da essere alla mia altezza, prende
la cartina che io gli cedo subito, meno male che non devo tenerla più
in mano, e la dispiega.</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">“<span>Vedi
</span><span>Fio</span><span><i>r</i></span><span>enzo,
</span><span>nous
sommes ici” col dito indica un cerchietto rosso che circonda
l’isola di Capraia e al suo fianco l’isola d’Elba (le riconosco
subito perché la maestra ce le ha fatte vedere sulla cartina che
teniamo sul muro della classe) “mais bientot je serai là” e nel
dirlo vedo che muove l’indice da Capraia e dall’Elba a risalire
il mare, per poi toccare la terra, la Liguria, il Piemonte e poi
ancora più in su, entra nella Francia, dovrebbe essere la Francia
quella, e ancora più in alto fin quasi a un mare che sta a nord, non
ricordo il nome, con il dito che si ferma su un secondo cerchietto
rosso, al centro del quale c’è la scritta “Paris”.</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span>Il
Principe richiude la cartina, me la rimette </span><span>in</span><span>
mano, mi accarezza sul capo, si alza e torna a passi lenti alla sua
sedia. Io non resisto, stringo forte </span><span>il
regalo bollente </span><span>mi
stacco dal babbo e corro di filata in cucina. Chissà se il Principe
ora è più tranquillo? </span><span>F</span><span>orse
sì. </span><span>F</span><span>orse
pure lui mi ha trovato simpatico come gli altri clienti, intelligente
no, non ho aperto bocca, ma simpatico sì. </span><span>Mi
siedo sullo sgabello, vorrei ripetere la tabellina del sette, ma ho
la testa troppo confusa. La mamma mi guarda, tiene due piatti di
vitellone sul braccio destro, il terzo sul sinistro. Che profumo
quella carne! Ne sono certo, il Principe non è così cattivo come
sembra e ora si è pure calmato. Di sicuro gradirà il </span><span>
vitellone alla brace, </span><span>se
lo mangerà</span><span>
tutto, non l’avanzerà come le pappardelle.</span></span></p>
<p align="justify">
</p>PuroNanoVerginehttp://www.blogger.com/profile/16840276884032173329noreply@blogger.com8tag:blogger.com,1999:blog-6434784540432425182.post-86334791530897540812023-04-09T20:24:00.001+02:002023-04-09T20:24:04.063+02:00Scoperto pianeta abitabile...<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span style="color: #1d2129;">… </span><span style="color: #1d2129;"><span>in
direzione Costellazione del Cigno.</span></span></span></p>
<p class="western" style="font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; text-align: justify;">
<span style="color: #1d2129;"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Abitabile
sì, ma certi affitti...</span></span></p>PuroNanoVerginehttp://www.blogger.com/profile/16840276884032173329noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-6434784540432425182.post-19856313385396669482023-04-01T18:19:00.006+02:002023-04-01T18:19:40.490+02:00Alla consolle<p><span style="font-family: arial; font-size: large;">Al
ritmo intermittente</span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;">di
luci stroboscopiche</span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;">oscillano
due bocce</span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;">quarta
taglia, coppa B</span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial;"><br />
<br />
</span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;">La
bionda prosperosa</span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;">mi
sussurra voluttuosa:<br />
”Yang io sono, tu sei Yin</span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;">che
ne dici di un’unione</span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;">questa
notte tutta Tao?”</span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial;"><br />
<br />
</span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial;">(muovo
il polso e inizia il gioco,</span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial;">deferente
Ti ringrazio, per la splendida occasion)</span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial;"><br />
<br />
</span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Onde
azzurre in mezzo al Golfo</span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;">allungato
sullo yacht</span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;">fan
da pendolo due chiappe</span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;">calde
e sode, da Calì</span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial;"><br />
<br />
</span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span>La
mora colombiana </span>
</span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;">mi
bisbiglia con lascivia:</span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;">“<span>Sono
‘Coca’ e tue sei Cola</span></span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;">non
ti andrebbe di mischiarci</span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;">e
produrre bollicin?”</span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial;"><br />
<br />
</span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial;">(muovo
il polso e inizia il gioco,</span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial;">deferente
Ti ringrazio, per la splendida occasion)</span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial;"><br />
<br />
</span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Nel
circuito cittadino</span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;">a
zig zag fra le chicane</span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;">chilometriche
le gambe</span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;">mi
ricordano il Can-can</span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial;"><br />
<br />
</span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;">La
rossa che le sfoggia</span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;">mi
si offre con malizia:</span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;">“<span>Son
la ‘Rossa’, tu il pilota</span></span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;">che
ne pensi di guidarmi</span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;">nel
Gran Premio dell’Amor?”</span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial;"><br />
<br />
</span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial;">(muovo
il polso e inizia il gioco,</span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial;">deferente
Ti ringrazio, per la splendida occasion)</span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial;"><br />
<br />
</span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Sul
divano, nel salotto</span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><span>annebbiato
dall’abbiocco </span>
</span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;">basta
bionde, more, rosse</span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;">un
“The End” al game for <span style="color: black;"><span lang="it-IT">boomer</span></span></span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;">la
consolle metto in standby.</span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial;"><br />
<br />
</span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial;">(blocco
il polso e fermo il gioco,</span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial;">deferente
Ti ringrazio, Simulator di Briator)</span></p>
<p class="western"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><br /></span>
<br />
</p>PuroNanoVerginehttp://www.blogger.com/profile/16840276884032173329noreply@blogger.com12tag:blogger.com,1999:blog-6434784540432425182.post-61917913502478673472023-03-19T20:26:00.003+01:002023-03-19T20:26:32.851+01:00Cosmologia lodigiana<p style="text-align: justify;"><span face="Arial, sans-serif" style="color: #1d2129; font-family: arial; font-size: large;">Dal
Big Bang in avanti l’universo è in continua espansione e
l’entropia aumenta inesorabile.</span></p>
<p class="western" style="font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; text-align: justify;">
<span style="color: #1d2129;"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;">In
corrispondenza del livello di massima entropia l’universo si
ritroverà in uno stato d’equilibrio finale dove non accadrà più
nulla d’interessante.</span></span></span></p>
<p class="western" style="font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; text-align: justify;">
<span style="color: #1d2129;"><span face="Arial, sans-serif"><span style="font-family: arial; font-size: large;">Un
po’ come in un lunedì nebbioso d’autunno a Casalpusterlengo.</span></span></span></p>PuroNanoVerginehttp://www.blogger.com/profile/16840276884032173329noreply@blogger.com9tag:blogger.com,1999:blog-6434784540432425182.post-60136729848397875102023-03-04T23:22:00.005+01:002023-03-04T23:25:06.211+01:00English e-grammar<p style="text-align: justify;"><span face="Arial, sans-serif" style="color: #1d2129; font-size: large;">The
e-book is on the tablet.</span></p>PuroNanoVerginehttp://www.blogger.com/profile/16840276884032173329noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-6434784540432425182.post-4226568505908796702023-02-22T23:34:00.006+01:002023-02-22T23:35:08.403+01:00AInibito<p style="text-align: justify;"><span face="Arial, sans-serif" style="color: #1d2129;"><span style="font-size: large;">Avrei
voluto scrivere racconti meravigliosi, battute memorabili, storie
stupefacenti, post da rimanere senza fiato nel leggerli, ma a
malincuore mi tocca rinunciare. Per tutto questo rivolgetevi a ChatGPT.</span></span></p>PuroNanoVerginehttp://www.blogger.com/profile/16840276884032173329noreply@blogger.com9tag:blogger.com,1999:blog-6434784540432425182.post-89809751790007670512023-02-03T22:02:00.007+01:002023-02-03T22:03:40.613+01:00(Ec)citazione #23<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><em style="color: #333333;"><span style="font-style: normal;">mia</span></em><em style="color: #333333;"><span style="font-style: normal;">
madre è un torroncino</span></em></span></p>
<p style="font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; text-align: left;">
<span style="color: #333333;"><span face="Arial, sans-serif"><span><em><span style="font-family: arial; font-size: large; font-style: normal;">sperlari</span></em></span></span></span></p>
<p style="font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; text-align: left;">
<span style="color: #333333;"><span face="Arial, sans-serif"><span><em><span style="font-family: arial; font-size: large; font-style: normal;">fuori
stagione invernale</span></em></span></span></span></p>
<p style="font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; text-align: left;">
<span style="color: #333333;"><span face="Arial, sans-serif"><span><em><span style="font-family: arial; font-size: large; font-style: normal;">nessuno</span></em></span></span></span></p>
<p style="font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; text-align: left;">
<span style="color: #333333;"><span face="Arial, sans-serif"><span><em><span style="font-family: arial; font-size: large; font-style: normal;">ha
il coraggio</span></em></span></span></span></p>
<p style="font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; text-align: left;">
<span style="color: #333333;"><span face="Arial, sans-serif"><span><em><span style="font-family: arial; font-size: large; font-style: normal;">di
scartarlo</span></em></span></span></span></p>
<p style="font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; text-align: left;">
<span style="color: #333333;"><span face="Arial, sans-serif"><span><em><span style="font-family: arial; font-size: large; font-style: normal;">sicuramente
è</span></em></span></span></span></p>
<p style="font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; text-align: left;">
<span style="color: #333333;"><span face="Arial, sans-serif"><span><em><span style="font-family: arial; font-size: large; font-style: normal;">andato
a male</span></em></span></span></span></p>
<p style="font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; text-align: left;">
<span style="color: #333333;"><span face="Arial, sans-serif"><span><em><span style="font-family: arial; font-size: large; font-style: normal;">dovrebbe</span></em></span></span></span></p>
<p style="font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; text-align: left;">
<span style="color: #333333;"><span face="Arial, sans-serif"><span><em><span style="font-family: arial; font-size: large; font-style: normal;">finire
nel secco</span></em></span></span></span></p>
<p style="font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; text-align: left;">
<span style="color: #333333;"><span face="Arial, sans-serif"><span><em><span style="font-family: arial; font-size: large; font-style: normal;">non
compostabile</span></em></span></span></span></p>
<p style="font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; text-align: left;">
<span style="color: #333333;"><span face="Arial, sans-serif"><span><em><span style="font-family: arial; font-size: large; font-style: normal;">questo
ritrovato chimico</span></em></span></span></span></p>
<p style="font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; text-align: left;">
<span style="color: #333333;"><span face="Arial, sans-serif"><span><em><span style="font-family: arial; font-size: large; font-style: normal;">eppure
edibile che</span></em></span></span></span></p>
<p style="font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; text-align: left;">
<span style="color: #333333;"><span face="Arial, sans-serif"><span><em><span style="font-family: arial; font-size: large; font-style: normal;">sopravvive
in funzione dei conservanti</span></em></span></span></span></p>
<p style="font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; text-align: left;">
<span style="color: #333333;"><span face="Arial, sans-serif"><span><em><span style="font-family: arial; font-size: large; font-style: normal;">soluzione
idratante</span></em></span></span></span></p>
<p style="font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; text-align: left;">
<span style="color: #333333;"><span face="Arial, sans-serif"><span><em><span style="font-family: arial; font-size: large; font-style: normal;">sali
minerali</span></em></span></span></span></p>
<p style="font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; text-align: left;">
<span style="color: #333333;"><span face="Arial, sans-serif"><span><em><span style="font-family: arial; font-size: large; font-style: normal;">proteine</span></em></span></span></span></p>
<p style="font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; text-align: left;">
<span style="color: #333333;"><span face="Arial, sans-serif"><span><em><span style="font-family: arial; font-size: large; font-style: normal;">edulcoranti
sulla tua faccia</span></em></span></span></span></p>
<p style="font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; text-align: left;">
<span style="color: #333333;"><span face="Arial, sans-serif"><span><em><span style="font-family: arial; font-size: large; font-style: normal;">ogni
tanto smorfie</span></em></span></span></span></p>
<p style="font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; text-align: left;">
<span style="color: #333333;"><span face="Arial, sans-serif"><span><em><span style="font-family: arial; font-size: large; font-style: normal;">che
sembrano sorrisi.</span></em></span></span></span></p><p style="font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; text-align: left;"><span style="color: #333333;"><span face="Arial, sans-serif"><span><em><span style="font-family: arial; font-size: large; font-style: normal;"><br /></span></em></span></span></span></p>
<p style="orphans: 2; text-align: justify; widows: 2;"><span style="font-family: arial; font-size: large;"><strong><span style="font-variant: normal;"><span style="color: #333333;"><span face="Arial, sans-serif"><span><span style="letter-spacing: normal;"><span style="font-style: normal;"><span style="font-weight: normal;">(</span></span></span></span></span></span></span></strong><strong><span style="font-variant: normal;"><span style="color: #333333;"><span face="Arial, sans-serif"><span><span style="letter-spacing: normal;"><span style="font-style: normal;"><span style="font-weight: normal;">Alessandra
Carnaroli, EX-VOTO</span></span></span></span></span></span></span></strong><strong><span style="font-variant: normal;"><span style="color: #333333;"><span face="Arial, sans-serif"><span><span style="letter-spacing: normal;"><span style="font-style: normal;"><span style="font-weight: normal;">)</span></span></span></span></span></span></span></strong></span></p>PuroNanoVerginehttp://www.blogger.com/profile/16840276884032173329noreply@blogger.com2