Entro
in Triennale poco prima delle 18:30.
Lo
spettacolo inizierà fra un’ora, ma il timore di perdermi un posto
nelle prime file, o di perderlo del tutto rimanendo fuori dalla Sala
che ospiterà l’esibizione, mi suggerisce un anticipo clamoroso sui
tempi.
Sia
mai che salti l’appuntamento con Carlo Vanoni e la sua carrellata
di donne che ha amato, dal 1500 ad oggi (la performance s’intitola
“Ho scritto t’amo sulla tela”).
Carlo
Vanoni.
L’ho
conosciuto nelle interminabili vendite di quadri di Telemarket, una
quindicina di anni fa, per poi seguirlo nel successivo passaggio a
Orler TV.
Carlo
Vanoni.
No,
non è un banale imbonitore televisivo, un venditore che definisce, a
differenza di molti suoi colleghi, CAPOLAVORO ogni tela
messa
in vendita (con l’effetto che, se tutto è CAPOLAVORO, viene meno
il significato della parola, o
meglio,
la
parola
assume un
altro
senso, CAPOLAVORO sinonimo di NORMALITÀ),
che promette guadagni iperbolici, con opere proposte
a poche migliaia di euro, destinate a una
sicura rivalutazione del 1.000, 2.000, 10.000
per cento!
Carlo
Vanoni.
Trasforma
una soporifera televendita di quadri in un viaggio nella storia
dell’arte (è critico e storico della materia), sottolineando il
legame che unisce le opera
dall’antichità all’arte
contemporanea.
Quanto realizzato ora, spesso
incomprensibile
ai più,
ha senso se visto come naturale evoluzione di un passato e, non solo,
acquista ulteriore leggibilità se si inserisce in un contesto più
ampio (la società nella quale l’artista ha vissuto: un esempio, i
misteriosi cementi di Uncini nell’Italia del boom economico).
Non
solo, con l’arte Vanoni ci scherza, rendendola leggera, proponendo
accostamenti inusuali (Giotto come inventore di una fiction ante
litteram;
la
pudica Claudia
Schiffer accostata
all’altrettanto casta Venere
del Botticelli; Ronaldo, ovvero
il
Michelangelo dei nostri tempi; la Body Art madre dei tatuaggi
attuali),
legandola alla letteratura (grazie a lui ho scoperto le meravigliose
lettere di Van Gogh al fratello Theo o
il poeta Sandro Penna)
alla
filosofia
(la crisi dell’individuo delineata da Nietzsche, ripresa da Munch
ne L’Urlo) e molto altro ancora...
Entro
in Triennale poco prima delle 18:30 e salgo al primo piano.
La
folla.
Un
assembramento di persone, in fila, che provano a entrare in una
piccola sala.
Avevo
ragione a temere il peggio.
Nella
mano destra ho l’ultimo libro del Vanoni, che nella quarta di
copertina recita un: “Che mondo sarebbe se al posto del calcio
l’argomento principale fosse l’arte? Il Rinascimento.”
E
Rinascimento sembra essere quello che i miei occhi vedono.
Fatico
a muovermi fra la gente per raggiungere uno degli ultimi posti nella
lunga fila.
Mie
vicine nell’attesa, una signora sui sessantanni tracagnotta, i
capelli tinti e vaporosi, un paio di occhiali dalla montatura grigia;
al suo fianco la figlia (scoprirò poco dopo la parentela), sui
trentacinque, una somiglianza con Anna Oxa (il mio sguardo a cadere
sul seno messo in mostra da una magliettina biancoaderente), e
un’amica delle due, una cinquantenne con trucco pesante, capelli
neri corti, due orecchini a mezzaluna giganti e argentati che
oscillano a ogni minimo movimento del capo.
Mentre
mi accodo mi guardo intorno in cerca di un’amica e collega, Sandra,
che dovrebbe raggiungermi per lo spettacolo.
Sandra
condivide con il sottoscritto la passione per l’arte e
l’ammirazione per il “bravo presentatore” Vanoni, ma, c’è un
ma, che per forza di cose ci divide: la sua “ammirazione” è
virgolettata, non è semplice ammirazione, visto che l’amica ha
per il Vanoni (qualcosa di più di) un’infatuazione.
Il
critico d’arte è l’ultimo di una serie di uomini dal fascino
latino che hanno provocato tachicardia nel suo cuore. Serie iniziata
con sportivi come Beppe Saronni, Bernard Hinault, Greg Louganis,
proseguita con attori del calibro di Johnny Depp o cantanti, in
primis Julio Iglesias: ecco, Carlo Vanoni è, per Sandra, lo Julio
Iglesias dell’arte, la versione intellettuale del gruppo di
“Belloni”.
Della
collega nemmeno l’ombra (ho la preoccupazione che alla fine non
riuscirà a trovare posto fra il pubblico).
Non
mi resta che attenderla, osservando nel frattempo le persone che mi
circondano, un insieme di individui comuni (come il sottoscritto), a
formare una piccola folla che potrebbe, con un pizzico di fantasia,
rappresentare un campione del pubblico televisivo, spettatori
abituali dei talk show o delle trasmissioni di infotainment, fan di
Mara Venier, della Palombelli, di Antonella Clerici o, peggio ancora,
della d’Urso.
E
invece no, tutti in coda per la cultura, per l’arte, per la
pittura, per il Vanoni.
Il
brusio di sottofondo, somma dei dialoghi e delle chiacchierate dei
presenti, è sovrastato a un certo punto da una considerazione della
mamma sessantenne:
“Ha
da poco ripreso la sua trasmissione in TV!”
Affermazione
che sottoscrivo, sapendo che su Zelig, ne l’Arte di Vivere, il
critico è tornato in coppia con il comico Leonardo Manera.
La
figlia pettoruta ribatte con una domanda:
“Mamma,
ma adesso quanti anni ha? 60? 65?”
Domanda
che mi lascia perplesso. Non ricordo l’età esatta del critico, ma
spannometricamente siamo sui 50 o poco più, nell’insieme ben
portati, il ciuffo leggermente ingrigito, la capigliatura che non
mostra segni di diradamento (e che invidio), il volto abbronzato,
l’estate da poco alle spalle, nulla che gli possa attribuire, come
fatto dalla ragazza, dieci o addirittura quindici anni di più.
“Secondo
voi presenta un nuovo libro?”
Ribatte
l’ultima componente del terzetto, gli orecchini a mezzaluna che
sostengono il quesito.
Confermo,
è da poco uscito “A piedi nudi nell’arte” per Solferino
Editore, libro che tengo nella mano destra, ma che non mi sento di
mostrare in modo plateale alla signora (sarebbe l’ammissione che
sto origliando la conversazione delle tre donne, senza esserne
invitato).
La
fila si sta allungando, si sta formando una calca che mi provoca un
principio di disagio (non vorrei che si innescasse la consueta ansia
data dalla folla, dal trovarmi nel mezzo di luoghi pubblici
affollati) e, in tutto questo, Sandra è ancora desaparecida, non
riesco a scorgerla per quanto mi sforzi di muovere lo sguardo in
tutte le direzioni (partendo dalle scale che portano al primo piano
della Triennale).
L’apprensione
viene interrotta da una seconda uscita della signora con gli
orecchini:
“Sono
curiosa di vedere se si vede il lifting!”
Il
tutto detto con un pizzico di malignità, perché di perfidia si
tratta visto che il “Bellone” non nasconde qualche ruga naturale,
che nulla toglie al suo fascino, anzi…
In
soccorso della mia opinione la risposta della mamma cicciottella:
“Quello
che conta non è il lifting, ma sei hai carisma, personalità,
fascino. E lei ne ha da vendere, tutti e tre.”
Parole
da sottoscrivere, a eccezione di quel “lei”, che associato a un
uomo, volendo essere pignoli, non è il massimo della correttezza
sintattica.
“Certo...”
è la sosia della Oxa che chiosa “… senza personalità e carisma
mica ti facevano condurre il Grande Fratello per tutte quelle
stagioni. Chissà se anche quest’anno ci sarà sempre lei?”
Un
altro lei?
La
conduzione del Grande Fratello?
Qualcosa
non quadra!
Vinco
la timidezza, serve un chiarimento:
“Scusate,
ma che io sappia Carlo Vanoni non ha mai condotto il Grande
Fratello?!”
Sguardo
smarrito delle tre interlocutrici.
Espressione,
sui loro volti, nell’osservarmi, della serie “da dove viene
questo deficiente?”
“Carlo
Vanoni?” è la madre oversize che prende la parola.
“Sì,
Carlo Vanoni, il critico tv, che parlerà delle donne della sua
vita...”
“Mai
sentito prima. Strano. Io credevo che ci fosse solo Barbara d’Urso?!
Vuol dire che Barbara intervisterà questo Carlo… Carlo… Carlo
Vanoli?”
“Vanoni”
correggo la figlia, sforzandomi di mantenere lo sguardo ad altezza
dei suoi occhi, senza scendere un poco più in basso.
Un
errore, un tremendo errore.
Ora
è chiaro!
Ho
cannato la fila, la lunga coda non era per lo spettacolo sulla storia
dell’arte, ma ha a che fare con l’apparizione della Barbara
Nazionale, non so in che veste, per quale motivo, non m’importa,
non voglio neppure approfondire, devo solo uscire dalla massa di
gente che si è solidificata, che rende difficoltoso il muoversi,
tentando di farmi spazio per abbandonare i presenti al loro destino
D’Ursico.
Provo
quindi a muovermi, ma un bodyguard, che mi sovrasta di una sessantina
di centimetri in altezza e in larghezza di spalle, mi blocca, e con
un cenno del capo, scuotendolo, mi indica che, una volta scelto di
seguire Santa Barbara dei Palinsesti Tv, non posso più tirarmi
indietro.
Nello
stesso istante vedo Sandra apparire al termine della scalinata.
Breve
scambio di sguardi e sorrisi.
Lei
mi fa segno di scusarla, indicando con la mano destra l’orologio
che tiene sul polso sinistro e mi invita, sempre gesticolando (siamo
distanti una decina di metri, io impossibilitato ad uscire, lei ad
avvicinarsi) a raggiungerla.
Faccio
segno di no con la testa.
Perplessità
da parte sua, che rinnova la richiesta a darmi una mossa.
Ancora
una risposta mimata e negativa da parte mia.
“Ma
sei scemo?” riesco a indovinarne il labiale, non potendo udire in
modo distinto la sua pronuncia.
“No...”
scandisco lentamente le parole, in modo che possa leggere dalle mie
labbra “… no, c’è la D’Urso, resto qui, vai, vai, il Vanoni
ti aspetta”.
Occhi
strabuzzati dell’amica che accompagnano un “Idiota” a contorno.
La
vedo dirigersi nella Sala dove Carlo Vanoni terrà la sua lezione
che, ne sono sicuro, renderà indimenticabile il pomeriggio di
Sandra.
Per
quanto mi riguarda, potrò soddisfare la curiosità di osservare da
vicino il lifting della D’Urso, sempre che si veda.
10 commenti:
Credo che Mi sarei messaa piangere, oppure avrei finto un malore pur di uscire da quella fila
@Nia
La prossima volta userò una delle due opzioni, ma non è detto che garantirebbero la FUga.
Guardi, io mi sarei inventata che soffrivo di colite e che vedere la D’Urso mi faceva l’effetto di una purga!
@Silver Silvan
Mi avrebbero linciato le fan accanite :-)
Ma nooooo!!! :-D
Ma alla fine... il lifting si vede?
;-D
@Silkstocking
No, la D'Urso irradia un'energia luminosa che ti acceca: non vedi nulla.
Bentornata.
Per un periodo, anni fa, ho seguito Telemarket perché ho scoperto che molti dei quadri in vendita erano belli. Ricordo in particolare un certo Biggi. Non so se fa suonare qualche campanella. Però non ho mai dato molto credito ai presentatori, forse sbagliavo...
@Filippo
Gastone Biggi: lo sponsorizzava parecchio Franco Boni (il decano dei televenditori, parodiato anche da Guzzanti :-)).
Per Vanoni forse ti sbagliavi, nel senso che ha un passo in più rispetto ai televenditori standard.
essendo un profano televisivo non ho modo di sapere se Vanoni esista davvero e questo è un grandissimo vantaggio perchè così posso leggere il pezzo in due chiavi opposte, surreale o realistico-subculturale.
opto per la prima e applaudo alla tua vena ironica e graffiante.
massimolegnani
(orearovescio.wp.com)
Massimo Legnani
Benvenuto.
Grazie per il bel commento (il racconto è realistico, Carlo Vanoni esiste e lotta insieme a noi. Esiste pure Barbara D'Urso :-)).
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