Siamo
tutti portati, quasi in automatico, a rimpiangere il passato o
perlomeno a ricordarne una versione edulcorata rispetto a come lo si
è vissuto.
Si
rimpiangono non solo i ricordi positivi, ma anche quelli negativi
(persino le sofferenze, i dolori): “rivisti” a distanza di tempo
ci appaiono meno gravi di quello che furono, si aspirerebbe (non
sempre, ma spesso) a riviverli (forse perché il farlo implicherebbe
tornare a un’età più giovane, distanziandosi dalla morte che,
prima o poi, al termine della strada, ci attende sorridendo, la
sigaretta in bocca, lo sguardo furbetto a dirci: “Era ora, vieni”).
Il
presente, al contrario, fatto di stress, tensioni, incazzature,
preoccupazioni, è un tempo problematico: non lo si gode, tranne rari
momenti di momentanea felicità (o serenità), lo si subisce, un
compagno di viaggio fastidioso, ingombrante, che ci siede a fianco,
occupa parte del posto che ci è riservato, non la smette di
tormentarci.
In
che modo si può convivere con un soggetto simile, un presente
angosciante e molesto?
Semplice:
ho la soluzione!
(ed
è gratuita!
Al limite, se
dovessimo incontrarci, offritemi riconoscenti un caffè).
Basterebbe
considerare il presente come il passato del futuro che verrà e nel
viverlo, di conseguenza, minuto dopo minuto, ora dopo ora, giorno
dopo giorno… (ci siamo capiti) osservarlo con sguardo addolcito,
provare l’inusuale sensazione di esser coccolati da una nostalgia
in divenire.
1 commento:
Eeeeeeeh?!
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