lunedì 8 gennaio 2024

Esproprio proletario di bomboloni alla crema

"Sei un comunista alla Luchino Visconti!" lo canzonava il Totaro, la sua una famiglia operaia, di immigrati pugliesi giunti a Milano, inizio anni 60. La presa in giro scattava quando Virginio ostentava quel suo cappotto grigio di sartoria, regalo dei genitori per il diciottesimo compleanno, i suoi avevano sottoscritto delle cambiali per poterlo acquistare, per consenitre al lato narcisistico del figlio di vantare un'estrazione alto-borghese che di fatto non gli apparteneva (la copia de Il Manifesto infilata nella tasca sinistra suggeriva l'inganno di classe).

Virginio non rispondeva allo scherzo, un sorriso abbozzato definiva il rapporto d'amicizia con Vincenzo Totaro, i due spesso girovagavano per la città in coppia, a distribuire ciclostilati inneggianti la Rivoluzione, per Vincenzo una rivoluzione che doveva porre fine alle ingiustizie subite dalla classe proletaria, togliere i mezzi di produzione ai padroni, distribuire la ricchezza fra coloro che la producevano, abolire le speculazioni finanziarie che arricchivano una masnada di sanguisughe altolocate; per Virginio la Rivoluzione era mutamento interiore, scompiglio esistenziale, atteggiamento dadaista nel quotidiano, sovvertimento dei canoni consolidati, che certo, si esprimevano anche in relazione ai rapporti di forza economica, politica, sociale, ma non si esaurivano in essi. "Cambiare se stessi per cambiare il mondo?" avevo provato a sintetizzare il suo pensiero, ricevendone in cambio il solito sorriso trattenuto che a volte mi imbarazzava, in quel movimento accennato delle sue labbra ciliegia unito a un socchiudersi degli occhi sorridenti, leggevo un sentimento di commiserazione nei miei confronti, io inadatto a comprendere quanto la sua mente raffinata poteva elaborare. D'altronde lui era l'unico che leggesse gli editoriali di Rossana Rossanda, li capiva per poi tradurli in un linguaggio comprensibile per il popolo, per i proletari, i proletari eravamo noi, che pendevamo dalle parole della giornalista mediate dall'esegesi dall'erre arrotata del nostro compagno intellettuale.

"Alle 17 ci si trova davanti la Pasticceria Gilardenghi, esproprio proletario di bomboloni alla crema", la r di crema arrotata allo spasimo, una risata, sincronizzazione degli orologi, l'esproprio per dare al popolo affamato privo di pane i bomboloni ristoratori. Più che Luchino Visconti era la versione al maschile, moderna, di Maria-Antonietta, una Maria Antonietta dai folti capelli neri, era solito passarsi la mano destra per sistemarsi il ciuffo che gli ricadeva sul volto, maestà indiscussa del nostro scalcagnato gruppetto di giovani rivoluzionari del Movimento Studentesco.

Fu così che alle ore 16 e 59 minuti il Rolex di Maria-Antonietta, il Casio del sottoscritto e un vecchio orologio a cipolla del nonno del Totaro si ritrovarono davanti le tre vetrine illuminate del Gilardenghi. Lui entrò per primo, era l'unico che non sfigurasse nel lussuoso negozio d'alta pasticceria. Il locale era insolitamente semivuoto, aspetto che m'aiutò a ridurre l'ansia che palpitava in gola. In fondo, per quanto ludica, la nostra era un'azione a tutti gli effetti illegale, una espropriazione di merce bella e buona, un giudice non avrebbe applicato le attenuanti nonostante il fine filantropico del furto. "Mani in alto, questa è una rapina!", la sua voce in sincrono con una pistola impugnata nella mano destra. Una vampata di calore ad arrossirmi il volto, la pistola non era contemplata nel piano, non se n'era parlato, né io né, presumo, il Totaro potevamo immaginarcela. La canna era puntata dritta alla pancia del vecchio Saverio Gilardenghi, pasticcere dal 1934, un passato da repubblichino si vociferava, un presente da formidabile sfornatore di brioche, bomboloni, mignon, torte, panettoni e pandori. Il Totaro muoveva frenetico il capo da sinistra a destra e ritorno, per verificare la reazione della signora Gilardenghi, alla cassa, e dei quattro clienti seduti a due tavolini in mogano del negozio. Un TONF accompagnò lo svenimento della cassiera, un movimento accennato del marito per soccorrerla fu stoppato con un perentorio: "Fermo lì, le Brigate Dadaiste per un'Equa Diffusione della Glicemia, ti ordinano di non muoverti!". Il Gilardenghi si bloccò, credo non tanto per la pistola puntata quanto per l'assurdità della frase sentita. "Svelti voi, rastrellate i bomboloni alla crema, con questi sfamiamo le bocche di almeno tre famiglie operaie ipoglicemiche!". Mi mossi per primo, seguito dal Totaro, raggiungemmo il bancone, sfilammo dietro il Gilardenghi, la cui figura lasciava libero uno spazio di circa trenta centimetri che separava il suo sedere panettonico dalla parete alle spalle, per raccattare velocemente una dozzina di bomboloni e infilarli dentro due sacchetti Esselunga. Terminata l'opera circumnavigammo per la seconda volta le chiappe del repubblichino per correre dritti alla porta d'ingresso del locale. Mi voltai solo un attimo, il tempo di vedere il nostro leader lanciare in aria dei volantini sui quali era disegnata una famiglia proletaria, il padre con la tuta blu da metalmeccanico, la moglie e un grembiule bianco con sopra stampati tre girasoli, un bimbo di quattro/cinque anni che addentava un bombolone, la crema pasticcera a inzaccherargli le guance. Sul fondo del foglio la scritta Brigate Dadaiste per un'Equa Diffusione della Glicemia. Aveva ideato, realizzato e fotocopiato il volantino in poche ore, ce l'aveva mostrato poco prima d'entrare, raccogliendo gli sguardi ammirati miei e del Totaro: ne invidiavamo da sempre l'inventiva e la goliardica intelligenza.

6 commenti:

fracatz ha detto...

segue

PuroNanoVergine ha detto...

@fracatz
Probabilmente no.

Filippo ha detto...

Non fai fare una bella figura ai rivoluzionari... sotto sotto gli “espropriatori” appaiono solo ladri... a quanto pare per giungere alla giustizia (a ciascuno ciò che spetta) occorre un atto di ingiustizia...

PuroNanoVergine ha detto...

@Filippo
E' un racconto goliardico.
Purtroppo le rivoluzioni vere non si sono limitate a rubare dei bomboloni.

Alahambra ha detto...

@filippo permettimi di dire che i rivoluzionari esistono solo di tre tipi: gli illusi, gli approfittatori e i trascinati.
Nessuno di loro ha mai fatto una bella figura e i motivi sono piuttosto evidenti.

PuroNanoVergine ha detto...

@Alahambra
Se proprio dovessi scegliere una categoria sceglierei quella degli illusi.

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