Se una cavallerizza decrepita e
tisica girasse sulla pista del circo su un cavallo traballante, davanti a un
pubblico instancabile, inseguita per mesi senza interruzione dalla frusta di un
direttore impietoso, frullando sul cavallo, lanciando baci, dondolandosi sui
fianchi, e se, nell’incessante fragore dell’orchestra e dei ventilatori, quello
spettacolo si protraesse nel futuro grigio che si dischiude all’infinito,
accompagnato dall’applauso, che si smorza e torna a gonfiarsi, di mani che
propriamente sono magli a vapore – forse allora un giovane spettatore di
galleria scenderebbe di corsa la lunga scala attraverso tutti gli ordini di
posti, si precipiterebbe sulla pista e darebbe l’alt in mezzo alle fanfare
dell’orchestra che sempre ubbidisce.
Ma siccome non è così – e una
bella signora, bianca e rossa, entra al volo fra le tende che i fieri servitori
in livrea le aprono dinanzi; il direttore, cercando devoto i suoi occhi, le si
fa incontro ansando con un contegno d’animale; la solleva provvido sul pomellato
come se ella fosse la nipotina amatissima che intraprende un viaggio
pericoloso; non sa risolversi a dare il colpo di frusta; lo dà infine, con uno
schiocco, facendo forza a se stesso; corre accanto al cavallo con la bocca
aperta; segue con sguardo teso i salti della cavallerizza; non sa capacitarsi
della sua destrezza; cerca di metterla in guardia con esclamazioni in inglese;
furente, richiama gli stallieri che reggono il cerchio all’attenzione più
meticolosa; prima del grande salto mortale supplica, con le mani levate,
l’orchestra di tacere; solleva infine la piccola dal cavallo tremante, la bacia
su entrambe le guance e giudica insufficiente ogni omaggio che il pubblico le
tributi; mentre, sorretta da lui, in punta di piedi, avvolta da una nube di polvere,
con le braccia spalancate e la testolina rovesciata, ella vuole dividere con il
circo intero la sua felicità – siccome è così, lo spettatore in galleria poggia
il viso sul parapetto e, affondando nella marcia finale come in un sogno greve,
piange senza saperlo.
(Franz Kafka, In galleria)
13 commenti:
?
@Silver Silvan
E' un racconto di Kafka che mi piace per la sua enigmaticità e ancor più per la sua struttura (due lunghe sole frasi a formarlo).
Pensi, avevo intuito che non era suo! Sesto senso? No, c'era scritto sotto. Però ora so perché l'ha messo.
Kafka non l'ho mai amato granché. Tutto sommato non si è amato manco lui, perché dovrei farlo io?
@Silver Silvan
Mi sa che molti scrittori non si siano amati (e altri, al contrario, soffrano di eccessivo amor proprio).
Bravo, ha scoperto il segreto di uno scrittore di successo! Lo penso da sempre. Quelli che si sono amati di meno saranno i più amati post-mortem. Una specie di forma di compensazione. Quelli che si sono e sono stati sopravvalutati, invece, cadranno nel dimenticatoio.
In effetti, non è che tutto sia così ben chiaro, non si capisce bene cosa è accaduto prima, quali siano i rapporti tra i personaggi, che cosa provoca il pianto silenzioso dello sconosciuto spettatore. Si può comunque tentare di fare delle ipotesi. Proviamo? Allora:
Uno. Il giovane spettatore è innamorato della cavallerizza conosciuta attraverso Facebook, ma lei, crudele e insensibile, lo ha lasciato per il danaroso padrone del circo. Corre voce che questo signore la maltratti facendola esercitare sui cavalli, al trapezio e sulla fune d’equilibrio giorno e notte e lei abbia inviato una email al giovane pregandolo di venire a riprenderla.
Due. La cavallerizza è ammalata di tisi come Margherita Gautier e le rimane poco da vivere. (Poi si è saputo che la notizia della malattia era un falso di un blogger in cerca di visibilità. Ma il giovane che ancora non lo sa piange calde lacrime vedendo finire il suo sogno di conquistare la cavallerizza).
Tre. La cavallerizza è innamorata del giovane e lo inonda letteralmente di e-mail piene d’amore e di caldo affetto. Lui non le risponde fino al giorno in cui, messo alle strette, le invia una risposta del tipo: I suoi messaggi non sono graditi, si prega di non inviarne più. La cavallerizza tenta il suicidio ma alla fine, visto anche il grande successo del numero con i cavalli, pensa bene di continuare a vivere consolandosi con un tale di cui si sa ben poco, solo che è alto poco più di un metro e cinquanta. Il giovane va a vederla al circo e piange rendendosi finalmente conto di ciò che ha perso.
Mi dicono che nessuna delle tre ipotesi è quella giusta.
E meno male! Nella prima ipotesi lei è maltrattata, nel secondo fa una brutta fine, nel terzo passa per una che è meglio evitare. Vogliamo chiamarla Mia Martini? Invece no, chiamiamola Loredana Bertè e facciamo che lei manda affanculo tutti!
@Sefora Haboker
@Silver Silvan
Me la sono immaginata così: il tipo in galleria, in quanto anonimo spettatore, una dei molti che non può che applaudire la cavallerizza, conscio della sua anonima galleritudine, dell'impossibilità di rappresentare qualcosa per la ragazza, all'apparenza "piange senza saperlo", nella realtà comprendendo pienamente il motivo del pianto.
Ah, capisco. In pratica, fa tutto da solo. I tipi così, in effetti, non hanno bisogno di niente e di nessuno. Tranne che di un pretesto che gli scateni le reazioni.
Kafka è un grande scrittore, capace di sfatare molte illusioni
al suo personaggio non resta che piangere, poiché sa che non ogni scarrafone è bello a mamma sua
ciao
http://www.youtube.com/watch?v=-lxlQITXBAQ
@Silver Silvan
I due brani sarebbero d'accompagnamento alla cavallerizza?
A occhio (orecchio) sento meglio il primo (il secondo lo associo, riflesso pavloviano, ad Apocalypse Now).
@yetbutaname
Concordo sul grande scrittore.
Per un attimo ho letto "sfiatare" al posto di "sfatare", associando il buon vecchio Franz ad Alvaro Vitali ;-)
Boh, è stata un'improvvisa associazione di idee inviata qui. C'è anche un valzer di Strauss, in tema, ma non riesco a ricordarmi il titolo. Domani lo cerco.
P.S. È Wagner che è angosciante! La musica, nel film, è perfetta per sottolineare la scena angosciante. L'altro brano è più .... light!
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