(racconto
ispirato dalla città di Ipazia, descritta da Calvino ne Le città
invisibili)
“Ti
dico che non viene, Sabrina è sempre puntuale! Non avrei dovuto
invitarla. Me lo sentivo che mi avrebbe dato buca. Mi ha risposto di
sì, ma dovevo capirlo che era un sì dettato dalla gentilezza, dalla
buona educazione, per non oppormi un rifiuto diretto, che mi avrebbe
ferito.”
“Ma
è in ritardo di soli 10 minuti. Le hai detto alle 6 e sono le 6 e
10. Si vede proprio che l’ami, che ansia che tieni!”
“E
chi sei, Sherlock Holmes? È vero, sono in ansia, sono anche deluso
se proprio lo vuoi sapere, deluso dal suo darmi buca. Da qui a
dedurre che abbia perso la testa per lei, ce ne corre! Cosa ti fa
pensare che mi sia innamorato? Dai, dimmelo!”
“Te
lo si legge nello sguardo, caro il mio PNV. Completamente cotto.
Toglimi una curiosità…?”
“Non
ti svelerò i segreti del mio cuore” nel
dirlo, sorrido a Roberto, amico dai tempi delle superiori il quale,
lo devo ammettere, ha compreso quello che provo per Sabrina.
“Mi
hai detto che questa Sabrina non è di Ipazia?”
“No,
è abruzzese, teramana, perlomeno so che suo padre è di lì, la
mamma credo sia siciliana, ora onestamente non ricordo.”
“Ok,
ma almeno sa come funzionano le cose qui da noi?”
“Intendi
se è a conoscenza del fatto che ogni persona si trova in un luogo
che è l’esatto opposto di quello dove dovrebbe trovarsi?”
“Proprio
quello.”
“Certo
che lo sa. Ed è per questo che le ho dato appuntamento per le 18 al
Bar Sud. Lo conosci?”
“Eccome
no, si trova esattamente dall’altra parte della città. Se ricordo
bene in via dei Calamari.”
“Sì,
le ho detto Bar Sud in modo che lei ora, anzi dieci minuti fa,
sarebbe dovuta comparire qui, i lunghi capelli cotonati biondi, gli
occhi castani, la minigonna di pelle marrone con spacchetto laterale,
l’andatura ancheggiante donatele dalle scarpe nere coi tacchi a
spillo, mi avrebbe sorriso avvicinandosi, si sarebbe piegata in
avanti, io seduto in estasi contemplativa, e mi avrebbe baciato
teneramente sulla guancia, per poi sedersi e attendere l’arrivo del
cameriere”.
“E
se si fosse scordata della nostra singolare caratteristica? Quante
volte è venuta a Ipazia per incontrarti?”
“Due,
questa è la seconda” nella
mia voce la speranza della correttezza dell’ipotesi di Roberto
“ma come verificarlo per tempo? Se pure mi muovessi
ora per dirigermi al Bar Sud ci metterei come minimo, traffico
permettendo, una trentina di minuti. Non si è mai vista una
donna che attende un uomo a un appuntamento, tanto meno per una
mezzora abbondante.”
“Cerchiamo
il numero di telefono del Bar Sud sulla Pagine Gialle
e chiamiamo!”
“Sì, e che gli diciamo: potete
per cortesia dirci se lì seduta da voi c’è una ragazza bionda,
con minigonna marrone, scarpe nere coi tacchi…? Roberto,
certe cose si possono immaginare in un racconto di fantasia, in un
film, di sicuro non nella vita reale. Già me lo immagino il gestore
del Bar Sud che controlla se Sabrina sia presente e
gentilmente, al telefono, ne dà conferma a uno sconosciuto”
“Scusa.
ma come puoi essere così sicuro di quello che indosserà?”
“Me
lo ha anticipato lei, ieri sera, al telefono. Sa che è un completo
che mi fa impazzire. Lo indossava la prima volta che ci siamo
incontrati, al compleanno di Rossella, una comune amica. Mi ha
sgamato mentre le osservavo le gambe, ricordo il suo sorriso che
rimproverava dolcemente il mio sguardo impertinente”
“Allora
è amore ricambiato!”
“E piantala!”
“Non
hai alternative. Alzati e corri da lei al Bar Sud, caro il mio PNV.
Se è vero amore ti attenderà come minimo fino alle 7!”
“E
se mentre io corro da lei, lei dovesse arrivare? Vuoi perché in
ritardo, vuoi perché si è ricordata dei luoghi opposti ipaziani e
abbia lasciato in fretta e furia il Bar Sud, magari senza pagare, per
raggiungermi? Sarebbe il colmo, io corro da lei e lei corre da me,
due anime in pena mosse dal desiderio di vedersi e proprio per questo
destinate a non ritrovarsi.”
“Come
sei tragico: in quel caso vi incontrereste a metà strada, centro
città, davanti al Duomo. Pensa al romanticismo della scena: vi
ritrovate nel piazzale della Chiesa dove, seduta stante, convolate a
giuste nozze! Ahahah!”
“Sei
un cretino!” nel dirlo mi
alzo dalla sedia di ferro smaltato del Bar Nord “Mi hai
convinto, tento l’impossibile, raggiungerla all’altro capo della
città. Ti chiedo solo un favore, Roberto…”
“Quale?”
“Se
per caso lei comparisse fra qualche minuto e non mi vedesse, puoi
spiegarle il motivo della mia assenza e dirle di rimanere qui con te
ad attendere il mio ritorno?”
“Ma certo.”
“Senza
approfittarne, però...” la
mia frase è accolta dal
sorriso malizioso di Roberto che
ribatte con un:
“Parola
d’onore, PNV bello, parola d’ono…”
Non
lascio terminare all’amico il giuramento, già le mie gambe
atletiche picchiano ritmicamente sui sanpietrini della piazza che
ospita il Bar Nord. Duecento metri mi separano dalla Spider rossa
fiammante che mi porterà da Sabrina, nella speranza di vederla al
Bar Sud, agitata e innervosita, le gambe accavallate e in movimento
per sfogare l’ansia dell’attesa, a conferma che il suo non
presentarsi sia frutto di un equivoco, lei teramana non abituata alle
stranezze della mia terra. Se così non fosse meglio non compaia al
Bar Nord, che non attenda da sola, nelle grinfie di Roberto, il mio
ritorno. Potrei non trovare, in quel caso, nessuno dei due.