giovedì 18 agosto 2016

Vittimismo tricolore



Se c’è una cosa che mi provoca allergia (moderata allergia, innocue pustole fosforescenti sulle natiche, lievi escrescenze carnose che passano inosservate di giorno e si mostrano timide solo a notte fonda, nell’oscurità) è il mix di vittimismo e di scarsa ambizione di alcuni atleti italiani alle Olimpiadi.

La non ambizione nelle interviste, dove in fondo, ma sì, sono contento di essere a Rio, poi, certo, 48esimo nella batteria, eliminazione prematura, ma comunque ciao mamma, saluto la mia fidanzata (la bocca a mimare un tenero bacetto), il mio allenatore (la bocca a mimare un tenerissimo bacetto), è una soddisfazione esserci stato, mi rifarò a Tokyo 2020, ma ora è presto, le vacanze, non vedo l’ora, ciao, ciao, ciao…

Io non sono competitivo per natura, ma proprio per questo non faccio sport.

Se ti presenti alle Olimpiadi non puoi accontentarti del 48esimo posto in batteria, per quanto il 48esimo piazzamento ti dia l’immeritata possibilità di inviare teneri e tenerissimi bacetti alla fidanzata e, soprattutto, all’allenatore.

Più che la mancanza di spirito competitivo (nella migliore delle ipotesi consapevolezza dei propri limiti, nella peggiore scelta di una professione che non era la tua professione) mi irrita il vittimismo, nel trovare giustificazioni assurde, esogene direbbero quelli che scrivono bene (io) rispetto a limiti fisici o psicologici personali.

Ero in forma, avevo realizzato un buon intertempo, ma poi la pioggia (l’umidità, il sole, il clima temperato, la grandine, l’eclissi di sole, di luna, le macchie solari, le stelle cadenti) hanno compromesso la gara.

Io non sono meteorologo o astronomo per natura, ma proprio per questo non cerco nei fenomeni, al di sotto o al di sopra dell’atmosfera, giustificazione per gli errori compiuti.

A meno di non credere nella nuvola fantozziana, se stai gareggiando contro degli avversari è probabile (certo) che l’umidità, il sole, il clima temperato… ti abbiano disturbato quando abbiano infastidito chi gareggiava contro di te.

Fra le assurdità ascoltate in questi giorni quella relativa all’errato allenamento, alla preparazione sbagliata, all’appuntamento con i giorni olimpici avendo una condizione psicofisica non ottimale.
Se uno si allenasse per conto proprio potrei accettare la giustificazione, ma a dirlo sono atleti seguiti da preparatori, massaggiatori, allenatori, tenerissimi sbaciucchiatori di prima qualità.
Possibile che la preparazione venga clamorosamente cannata?

Io non sono un atleta o un allenatore di atleti, ma per Rio 2016, nei panni di telespettatore pigro, pigrissimo, mi sono fatto trovare al top della condizione.

Non tanto per il mio stato endogeno, quanto per quello esogeno (a ribadire quanto sia bravo a scrivere): ho persino lavato il copridivano (l’ultima volta fu Londra 2012) in modo da potermi stravaccare e gustarmi le gare trasmesse senza la sgradevole compagnia di acari infestanti.

Mi immagino Elisabetta Caporale (la giornalista che intervista nuotatori e gli sportivi dell’atletica leggera) intervistarmi:

“Allora PNV, purtroppo come spettatore olimpico sei arrivato 48esimo, eliminazione al primo turno, hai abbandonato il divano dopo soli 30 minuti e 18 secondi”.

“Lo so, ero partito bene, copridivano come nuovo, poi non saprei, forse ho sbagliato candeggio, il detersivo, la lavatrice, ecco sì, la mia lavatrice è un modello che non lava, gioca a scacchi, bene, è Grande Maestro, il tempo di una centrifuga e mi dà scacco matto, ma non lava, e così stare sdraiato su quel due posti pieno di acari, le pustole che prudevano, insomma, ho dovuto alzarmi, mollare la postazione dopo la prima mezzora”.

“30 minuti sono pochi, se pensiamo alle 18 ore e 44 del messicano Sanchez de la Trippa”

“Lui è di un’altra categoria, poi, coi 298 chili di peso, anche volendo, dal divano non si potrebbe alzare: è il telespettatore ideale, stanziale per forza di gravità”.

”E adesso?”

“Adesso, niente, sono comunque contento di essere qui nel salotto di casa mia, la televisione sintonizzata su RaiDue HD, ne approfitto per mandare un bacio alla mia fidanzata (la bocca a mimare un tenero bacetto), al mio allenatore (la boccuccia a mimare un tenerissimo bacetto), ma ora… vacanze! 15 giorni di relax totale in camera da letto, e poi inizio preparazione per Tokyo 2020!”.

Ora, l’intervista potrebbe apparire in contraddizione con il resto del post.
Alcuni di voi, solo i più maliziosi e prevenuti o quelli contrari allo scambio promiscuo di baci con fidanzate e allenatori, mi farebbero notare mancanza di spirito competitivo e vittimismo nell’intervista.

Due difetti che non mi appartengono.

Se pensiate che così non sia, scrivetelo voi un post che mi inchiodi alle mie incongruenze, alla mia ipocrisia, ma fatelo, piccolo suggerimento, da soli, senza fidanzate, allenatori, lavatrici o copridivano di mezzo.

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