sabato 14 giugno 2014

BocceBoccetteEQuant'altro - Ultima Parte



Mercoledì sera, ore 20.

La sala da biliardo poteva accogliere un numero esiguo di persone, non più di 4/5 spettatori che avrebbero assistito, testimoni privilegiati, alla prima semifinale fra l’Alfieri e il Sor Mario, diretti dall’imparziale arbitraggio del Gerosi (vero e proprio factòtum della situazione).

I due delinquenti, per me questo era l’unico appellativo possibile, parlottavano fra loro ogni tanto lasciandosi andare a delle risatine, mentre il Sor Mario provava qualche tiro, più che altro per prendere confidenza con un tavolo da gioco a lui in teoria poco familiare.
Il biliardo si presentava in condizioni precarie, col panno verde segnato da tanti piccoli punti bianchi, a ricordo di vecchie bocciate e colpi di stecca.
Inoltre, a detta di alcuni “esperti”, il piano di gioco non risultava perfettamente parallelo al terreno.

La concentrazione del Cannibale di Latina, la naturalezza con la quale accompagnava le biglia lungo il biliardo avvicinandosi al pallino, il movimento rapido e sicuro del polso nei tentativi di bocciata, mi sorpresero.
Per la prima volta lo osservavo in quelle vesti, l’impressione era però buona, mi dava nuova speranza sull’esito finale del match.
Avevo già deciso di non assistere all’incontro che sarebbe terminato al raggiungimento, da parte di uno dei due giocatori, di quota 25 punti (una via di mezzo fra i 12 delle bocce e i 50 delle boccette).
Non avrei resistito nell’osservare il trionfo truffaldino del “salumiere di provincia” sotto lo sguardo benevolo e compiacente dell’ex vigile urbano.

Uscii dalla sala e tornai al campo di bocce per valutarne le condizioni.
Il livello dell’acqua era calato, non pioveva da diverse ore, un sole esitante si era  presentato verso le cinque del pomeriggio e almeno in parte aveva svolto il proprio compito di prosciugatore naturale.
Se il tempo avesse retto, come dichiarato dagli infallibili meteorologi dell’Osservatorio di Lugano, il giorno seguente il torneo di bocce si sarebbe concluso con tre incontri, per l’appunto, di bocce.
Meglio non pensarci..
Avrei finito con l’incavolarmi di nuovo senza poter far nulla per riparare al torto subito.
Allontanatomi dal campo entrai nel bar del villaggio.

“Un vermut, per favore”

“Un vermut? Ma se fino a ieri bevevi Coca Cola con una fettina di limone?!” mi rispose sorridendomi Elios, il barista.

“Un vermut” ribadii poco convinto.

Non ci si ubriaca forse per dimenticare?
Non dovevo cancellare dalla testa il ricordo di una ragazza che mi aveva rifiutato o chissà quali altri sventure tipiche dell’adolescenza, ma qualcosa di ben più grave.
Ero un uomo a tutti gli effetti ormai, la vita mi aveva mostrato, nel comportamento irregolare, nella truffa combinata del duo Alfieri-Gerosi, quanto potesse essere crudele.
A sedici anni vittima dell’ingiustizia sportiva e della malvagità del genere umano!

“Ma va là, prendi questa che è molto meglio del vermut! Stavolta offre la casa” fu la risposta di Elios mentre mi allungava una lattina di Sprite.

Uscii dal bar e mi diressi verso la sala da biliardo.
Erano le 20 e 37.
Percorrevo a passi piccoli e lenti il breve tragitto che mi separava dal luogo del delitto, rimuginando la decisione da assumere in merito al torneo.
Ritirarsi lasciando via libera al muratore Saverio? Proseguire sfidando, in caso di vittoria nella semifinale, l’Alfieri in un incontro che mi avrebbe visto soccombere?
La decisione fu più semplice del previsto.
Avrei optato per la seconda ipotesi riproponendomi però di riservare una sorpresa finale per il vincitore e il suo giudice collaborazionista, durante la cerimonia di premiazione.
Mentre la gente avrebbe applaudito il primo classificato io, al suo fianco, avrei alzato il braccio sinistro in segno di protesta, un guanto nero a coprirmi la mano, come avevo visto fare in televisione da due atleti di colore americani, alle Olimpiadi di Città del Messico del 1968.
Di fronte allo stupore dei più mi sarei impossessato del microfono che il Gerosi teneva in mano, microfono usato poco prima per richiamare sul palco i tre premiati, e avrei rivelato alla platea degli ignari villeggianti la frode perpetrata dalla coppia di mascalzoni.
Rinfrancato dall’immagine del sottoscritto, nelle vesti di fustigatore delle altrui nefandezze, entrai nella sala da biliardo.

Mi fu impossibile non dare un’occhiata immediata al punteggio: 23 a 11.

Il trionfo dell’Alfieri era prossimo a realizzarsi.

L’Alfieri.
Seppure a un passo dalla vittoria non lo vedevo raggiante come la sera dell’amichevole nella quale mi aveva sconfitto con 35 punti di distacco. E sì che questa volta la posta in gioco era ben più alta, tanto che per farla propria si era escogitato un abile raggiro favorito dalle condizioni meteorologiche.
Dal “23 a 11” il mio sguardo si spostò sulla camicia a quadrettoni dell’Alfieri che mostrava evidenti chiazze di sudore nelle zone ascellari e (persino) nella parte superiore della schiena.
Eravamo in Luglio, ma in un piccolo paese di montagna, dopo una giornata col tempo variabile, la temperatura sfiorava all’aria aperta a malapena i 20 gradi: nella sala da biliardo i 21, forse 22.
Non era il clima a determinare l’iperidrosi del semifinalista.
Il sudore dell’Alfieri, le gocce gli scendevano anche lungo la fronte senza che lui se ne rendesse conto, andava di pari passo con il broncio del Gerosi che proprio in quell’istante annunciò il 24esimo punto conquistato… dal signor Mario.
Nella convinzione della superiorità del “salumiere” avevo erroneamente associato gli 11 punti al giocatore di Latina.
In quel momento, nel guardarlo con attenzione, ritrovavo nel Cannibale la fredda impassibilità che era solito mostrare sul campo da bocce.
Serio e determinato nell’andare a punto o nel colpire con forza le biglie avversarie.
A sostenerlo come unica tifosa la moglie, che in realtà divideva la propria attenzione fra quanto avveniva sul panno verde e un maglioncino di lana che stava preparando, lei abile nel lavoro a maglia, per la nascita della futura nipotina che l’autunno successivo l’avrebbe resa nonna per la prima volta.

“La partita è chiusa. Punteggio finale: 25 punti per Mario Sidoti, 11 per Giambattista Alfieri” annunciò con tono funerario un costernato Gerosi.

Nell’avvicinarmi per stringergli la mano, sentii il Sor Mario rivelare a due villeggianti, che si stavano congratulando con lui, la seguente verità:

“Bocce o boccette fa uguale. So’ forte co’ tutte e due. Anzi, co’ e boccette ciò pure vinto er nazionale pe’ i minori de 16 anni, quanno ero regazzino. Si non era pe’ mi padre, che nun glie piaceva la compagnia che bazzicava er biliardo, me sa che facevo pure cariera”.

Stretta la mano al Cannibale notai l’Alfieri uscire con mestizia dalla sala, nella totale disattenzione dei pochi presenti.

Il Gerosi rimase in qualità di arbitro della seconda semifinale che di lì a poco mi avrebbe visto sfidante (vincente) di Saverio, il muratore di Luino.

Il pomeriggio seguente, in un giovedì segnato da un fortissimo temporale estivo, che per una buona mezz’ora si trasformò in una grandinata memorabile, persi per 25 a 1 la finale con il Sidoti.

Il torneo si era concluso rispettando in pieno i pronostici.

Mi ero sbagliato quando al Gerosi avevo risposto che:
“Terminare a boccette significa stravolgere i rapporti di forza fra i quattro semifinalisti.”

La classifica finale rispecchiava il valore tecnico del Sor Mario, primo indiscusso, del sottoscritto, giovane di belle speranze, dell’Alfieri, astuto e sleale competitore e di Saverio, il meno brillante della compagnia.

A pensarci bene in un’altra cosa il Gerosi aveva visto giusto: in quanto a “precisione” nelle previsioni meteo, il colonnello Bernacca non aveva nulla da temere dai suoi colleghi del Canton Ticino.

11 commenti:

Silver Silvan ha detto...

Mah, questa serie di post sulle bocce e le boccette mi ha lasciata perplessa. Capisco che il tema delle bocciature è molto d'attualità in questo periodo, ma questa rievocazione di fatti lontani nel tempo dove vuole andare a parare? E dov'è la gnocca di turno?

Anonimo ha detto...

dov'è? elementare watson. è nel commento...

Silver Silvan ha detto...

Ah, ecco, ora mi torna. Ciao, Emma!

PuroNanoVergine ha detto...

@Silver Silvan
Mi spiace non si sia appassionata a una vicenda così tragica e formativa per il piccolo (di età) PNV :-)
La gnocca non deve comparire per forza in ogni racconto.
Emma è il suo nome?

@Anonimo
Ma compare comunque nei commenti (la gnocca), come giustamente hai notato.

Anonimo ha detto...

Emma Watson, PNV, Emma elementare Watson. Poteva anche essere Emma Thompson, per dire, o Emma Peel (per chi se la ricorda). Ma essendo elementare è Watson.

Anonimo ha detto...

Bellissimo due volte, mi piace il racconto, breve ma con una trama avvincente e una suspense sempre crescente.
Il finale a sorpresa è veramente ...una sorpresa, come nella vita dove le cose non accadono mai come uno si aspetta o si pensa che dovranno accadere.
In breve: ho letto con piacere e mi sono divertita ancor più che leggendo le tue storie tipiche, PNV, belle, ma con un sapore e colore differenti.
Purtroppo non vedo le gnocche (nei commenti? e chi potrebbe essere? Silver Silvan? non so) ma va bene ugualmente, il racconto è perfetto così com’è.
Per le gnocche c’è sempre tempo nei prossimi racconti.

Anonimo ha detto...

Scusate, il mio commento è uscito doppio eppure ho cliccato una sola volta. Sefora
(Psss, ehi!,PNV, se hai conosciuto Bernacca, sei certamente entrato nella terza giovinezza!)

PuroNanoVergine ha detto...

@Anonimo
Ok.

@Sefora Haboker
Grazie per l'apprezzamento.
Sulle gnocche concordo.
Ogni tanto devo "separarmene".
Su Bernacca posso dire di averlo visto quando ero piccino piccino (sono prossimo all'andropausa, ma ancora deve venire ;-)).

Silver Silvan ha detto...

Esatto, mi riferivo ad Emma Watson, indiscutibilmente gnocca e pure sveglia, nei panni della mitica Hermione. Bravo, anonimo.

Signor PNV, ma ritiene che l'esperienza di cui ha raccontato sia stata così traumatica da averla segnato per sempre? Il mio nome è Silvana, signor PNV. Non mi definirei gnocca, ma piacevole a guardarsi sì. Il che, in un contesto cieco, è del tutto ininfluente.

PuroNanoVergine ha detto...

@Silver Silvan
No, l'esperienza non mi ha segnato per sempre (nel racconto umoristico forzo certe situazioni), però mi ha aperto gli occhi sul fatto che vi fossero persone piccole piccole pronte a truffare anche in un contesto di poco, pochissimo, conto come un torneino di bocce in un villaggio turistico.

Silver Silvan ha detto...

Ah. Sono perfettamente d'accordo con lei, signor PNV. La meschinità si rileva sempre nelle piccole cose, molto prima che nelle grandi.

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