Alla stazione numero 4, lo sapevo, doveva esserci
la mamma. Ma quando il treno si fermò le banchine erano vuote. E nevicava.
Mi sporsi a lungo dal finestrino, guardai intorno
e stavo per richiuderlo, quando riuscii a vederla: nella sala d’aspetto,
rincatucciata su una panca, tutta avvolta in uno scialle, che dormiva.
Misericordia, come era diventata piccola.
Saltai dal treno e corsi ad abbracciarla. Stringendola, mi accorsi che non pesava quasi più: un mucchietto fragile di ossa. E la sentivo tremare per il freddo.
“Dimmi, è un pezzo che mi aspetti?”Saltai dal treno e corsi ad abbracciarla. Stringendola, mi accorsi che non pesava quasi più: un mucchietto fragile di ossa. E la sentivo tremare per il freddo.
“No, no, figlio mio” e rideva felice “non sono neanche quattro anni.”
Così dicendo non guardava me, bensì fissava il
pavimento intorno, quasi cercasse qualche cosa.
“Mamma, cosa cerchi?”“Niente… Ma le tue valige? Le hai lasciate sulla banchina, fuori?”
“Sono sul treno” dissi.
“Sul treno?” e un’ombra di desolazione le calò come un velo sulla fronte. “Non le hai ancora scaricate?”
“Ma io…” non sapevo proprio come dirglielo.
“Vorresti dire che riparti subito? Che non ti fermi neanche un giorno?”
Tacque, sgomenta, e mi guardava.
Io sospirai. “E va bene! Lascerò che il treno se
ne vada. Adesso corro a prender le valige. Ho deciso. Rimango qui con te. Dopo
tutto, mi hai aspettato quattro anni.”
Di nuovo, a queste mie parole, la faccia della
mamma si cambiò.
Tornarono l’allegrezza ed il sorriso (il quale però non emanava più luce come prima).
Tornarono l’allegrezza ed il sorriso (il quale però non emanava più luce come prima).
“No, no, non andare a prendere i bagagli. mi sono
espressa male” supplicò.”Io scherzavo, sai. Io ti capisco. Non puoi fermarti in
questo povero paese. Per me non val la pena. Per me non devi perdere neanche
un’ora. É molto meglio che tu riparta subito. Assolutamente. É il tuo dovere…
Desideravo una sola cosa: rivederti. Ti ho rivisto, adesso son contenta…”
Chiamai: “Facchino, facchino! (un facchino spuntò
immediatamente) Ci sono da scaricare tre valige!”
“Macché valige” ripetè la mamma “Un’occasione
come questa non tornerà mai più. “Tu sei giovane, hai da fare la tua strada.
Presto, sali in vettura. Va’ va’” e sorridendo con fatica immensa mi spingeva
debolmente verso il treno. “Per carità fa’ presto, stanno chiudendo gli
sportelli.”
Non so come, con tutto il mio egoismo mi ritrovai
nello scompartimento e mi sporgevo dal finestrino aperto, gesticolando per gli
ultimi saluti.
(Dino Buzzati, Direttissimo)
4 commenti:
Tu, Nano, fai bene all'anima! :-)
G.
Grazie, il merito però è di Buzzati ;-)
tristissimo... bello, ma tristissimo.
@stefanover
Sì, triste (come descrive con delicatezza, accennando solo piccoli particolari, la delusione della madre).
Benvenuto.
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