martedì 11 giugno 2019

PUF-PAF-PUF-PAF


I pomeriggi della mia infanzia erano contraddistinti dai compiti scolastici e dalla visione in parallelo delle partite di tennis, tornei come gli Internazionali di Roma, l’indoor a Milano, o i più importanti Slam (Wimbledon, il Roland Garros parigino) trasmesse all’epoca dalla RAI in chiaro (le tv a pagamento un futuro remoto, neppure immaginabile), in bianco e nero (un Brionvega 21 pollici del 1961 al centro del salotto di casa), con il commento tecnico di Bisteccone Galeazzi (ogni tanto sostituito, se ricordo bene, da Guido Oddo).

La maratona iniziava dopo pranzo, intorno alle 14 – 14:30, proseguiva per alcune ore, fino alle 18:30 – 19, e oltre, con il sottoscritto che da un lato tentava di risolvere i problemi di matematica, di scrivere il temino d’italiano, di imparare a memoria gli affluenti della Dora Baltea e della Dora Riparia… dall’altro si concentrava sui match che vedevano avversari Borg contro Connors, un giovane McEnroe e un Lendl ancor più pischello, Adriano Panatta opposto al poeta argentino Vilas, per terminare con uno sfibrante Barazzutti vs Higueras.

Quest’ultimi, ottimi giocatori, entrati nella top ten dell’ATP senza raggiungere la vetta che era prerogativa dell’orso Bjorn, dell’odiato (dal mio punto di vista) Mac, dell’insopportabile Jimbo e, in seguito, del vampiresco Ivan, basavano il proprio gioco sulla regolarità, sullo sfiancare l’avversario con interminabili scambi, facilitati, nel caso della terra rossa, da colpi non eccessivamente rapidi (all’epoca le racchette in legno impedivano il gioco di impressionante potenza, anche da fondo campo, ora praticabile dai vari Nadal, Djokovic, Federer, Thiem…) che allungavano a dismisura la durata delle partite.

Il non plus ultra della dilatazione temporale, che si univa a una noia terrificante come telespettatore vittima della “frizzante” partita messa in onda, lo si aveva quando il Corrado italico e lo José iberico, si trovavano uno di fronte all’altro, incollati alla linea di fondo (cascasse il mondo se uno dei due pensasse, neppure lontanamente, di tentare un attacco con chiusura in volèe del punto) impegnati in palleggi estenuanti, basati unicamente sulla regolarità, nell’attesa che l’avversario finisse con lo sbagliare per primo il colpo.

Un esempio su tutti, un pomeriggio di inizio autunno del 1977: Open di Parigi (non il Roland Garros che si giocava e si gioca tuttora a cavallo fra maggio e giugno).

I quaderni e i libri di scuola sul tavolo del salotto, la televisione di fronte, lo sguardo che fissava prima le pagine di storia da studiare per l’interrogazione del giorno successivo per poi alzarsi e dare un’occhiata al batti e ribatti da fondocampo, un eterno PUF (Barazzutti), PAF (Higueras), PUF (Barazzutti), PAF (Higueras), con la palla che pigra sorvolava la rete, rimbalzava controvoglia sul terreno, veniva colpita di nuovo da Barazzutti (PUF), risorvolava la rete, ritoccava terra, Higueras (PAF) a rispondere e di nuovo Barazzutti che allungava la traiettoria della pallina (non più parallela al terreno, ma arcuata, il PUF prolungato in un ancor più lento PUUUUFFFF), e così via, una sequenza narcolettica di PUF-PAF-PUF-PAF… gli occhi che mi si chiudevano, la testa che crollava sulle pagine del libro di storia, l’abbiocco a condurmi nel mondo dei sogni (in lontananza la voce di Bisteccone che annunciava il primo game del match, vinto dallo spagnolo, un game durato 11 minuti e 58 secondi!).

Tempo di risvegliarmi, verso le 15, l’incontro sul 2 pari del primo set (quattro giochi “volati via” in “soli” 43 minuti) e il tentativo, da parte del sottoscritto, di concentrarmi sulla Prima Guerra Punica (in sottofondo il PUF-PAF-PUF-PAF, interrotto da un “OUT” urlato dal giudice di sedia, che sanciva la prima palla break per Higueras) evitando di fissare lo schermo del Brionvega, temendo che un secondo attacco di sonno risultasse fatale, impedendomi di rimanere sveglio il tempo necessario a preparare a dovere la possibile interrogazione del giorno dopo (in realtà il tennis in tv rappresentava in ogni caso un potente diversivo che mal si conciliava con l’apprendimento: se Barazzutti – Higueras era nocivo in quanto letargico, i match fra Borg e McEnroe o fra Connors e Lendl, per la loro spettacolarità e il coinvolgimento emotivo che provocavano, mi deviavano dai compiti che un bravo secchione, dedito allo studio, doveva “necessariamente” e quotidianamente portare a termine).

Chi, al contrario del sottoscritto, non soffriva la visione del PUF-PAF-PUF-PAF italo-spagnolo, non mostrava segni di sonnolenza, ma sfruttava, al contrario, la regolare cadenza dell’alternarsi di diritti e rovesci dei due contendenti, era mia madre.

Non che fosse particolarmente appassionata di tennis (lo seguiva con superficialità: più che gli atleti del presente era solita parlare di quelli della sua gioventù, su tutti Nicola Pietrangeli e Orlando Sirola), ma era abile, o credeva di esserlo, nel sincronizzare le proprie attività di (non disperata) casalinga con le immagini provenienti dal tubo catodico.

Finito l’impasto infilava la torta (una crostata di albicocche) nel forno.

Non aveva bisogno di impostare il timer (fra l’altro guasto): dava un’occhiata al match Barazzutti-Higueras (6-4 il primo set per l’italiano) e calcolava di togliere il dolce in coincidenza con la fine del secondo set.

Il metodo escogitato da mia madre era rischioso: se il set fosse finito al tie-break, dal forno avrebbe estratto una succosissima crostata alle albicocche carbonizzate.

Per sua e mia fortuna, la seconda partita si concluse con un “rapido” 6-1 per lo spagnolo (la torta sul bruciacchiato andante, ma nell’insieme commestibile).

Soddisfatta per il buon esito tennistico-culinario, la mamma mi esortò ad applicare ai miei studi, alla loro durata, il medesimo sistema.

“PNV, a che punto sei con il ripasso di Storia?”

“Sto rileggendo la Prima Guerra Punica, mamma!”

“Ancora alla prima? Ma la prof non aveva chiesto di portare tutte e tre le guerre per domani? Quanto conti di studiare per prepararti a dovere?”

“Non saprei, mamma, pensavo”

“Facciamo un patto.”

“Dimmi, mamma”

“Non ti alzi da lì” (con la mano destra a indicare la mia postazione di studio) “fin quando non termina la partita fra Barazzutti e quell’altro spagnolo, come si chiama, Highe, Highe”

“Higueras, mamma”

“Higueras, giusto. Me lo prometti? Le guerre puniche fino alla fine dell’incontro?”

“E va bene, mamma” tono sconsolato da parte mia, la depressione dovuta alla prospettiva di rimanere incollato con le piccole chiappe di nano scolaro fino all’ora di cena se la partita si fosse protratta…

… la partita, con un colpo di culo memorabile (la fortuna dei nani allergici alla Storia Antica) si interruppe a metà del terzo set (un infortunio a Barazzutti decretò la vittoria e il passaggio alle semifinali dello spagnolo), permettendomi di scendere al volo dalla sedia, di abbandonare Annibale e Scipione l’Africano ai loro destini (ero ancora ai preliminari della Seconda Guerra Punica, avendo regolato il ritmo del mio studio con la placida monotonia del PUF-PAF-PUF-PAF parigino), di scappare fuori dalla porta di casa, prima che mamma potesse proferire parola (e poi, cosa mai avrebbe potuto dirmi, che rimproveri poteva avanzare se il match, a dispetto delle sue aspettative, si era chiuso molto prima del previsto?), il cortile del condominio ad attendermi per delle interminabili, ma divertenti, partite di pallaprigioniera con i miei amici bimbi, compagni di gioco.

6 commenti:

Filippo ha detto...

Che roba... io guardavo solo cartoni animati. Non mi sarebbe mai passata per la testa una passione per il tennis. Qualcuno avrebbe dovuto iniziarmi.

PuroNanoVergine ha detto...

@Filippo
Benvenuto.
Pure io guardavo i cartoni però abbinavo lo sport (come telespettatore :-)) e i soldatini (li usavo per partite stile subbuteo).

antonypoe ha detto...

vergogna! preferire palla prigioniera al barcide!
ciao :)

PuroNanoVergine ha detto...

@antonyoe
Cos'è il barcide?

antonypoe ha detto...

annibale, detto il barcide. ciao

PuroNanoVergine ha detto...

@antonypoe
ok, grazie.

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