“E
tu piccino, da grande cosa farai?”
“Il
nano”
“Ma
no, mi riferivo a quando sarai adulto.”
“Il
nano”
Seguiva
imbarazzo nel signore (signora) che mi aveva rivolto la domanda e nei
miei genitori, a disagio per la sfrontataggine del figlio degenere e,
così immaginavo, per aver messo al mondo uno sgorbietto che non
avrebbe superato, da “grande”, il metro e diciotto di rancorosa
bassezza (fisica e morale).
In
realtà un’aspirazione a fare qualcosa d’importante, che mi
portasse fama, notorietà, soldi, una posizione di prestigio,
l’avevo.
No,
niente calciatore (la nanitudine me lo impediva) o attore (la
sgorbiaggine me lo impediva) o Pontefice (l’immoralità me lo
impediva): avrei voluto studiare, intelligenza e forza di volontà
non mi mancavano, e diventare astrofisico.
Il
padre di un mio amichetto (compagno di giochi negli anni delle
elementari e nipote di una contessa ottuagenaria completamente
sciroccata), lavorava come ricercatore in un Osservatorio
astronomico. Ricordo che mi regalò, una volta conosciuta la mia
passione, una cartina della Via Lattea, cartina che studiai nei
minimi dettagli al punto che mi era più semplice indicare dove si
collocasse la stella S Orionis piuttosto che trovare, sulla cartina
della Città di Milano, Piazza Duomo.
L’aspirazione
a studiare fisica degli astri l’avevo confessata solo
all’aristocratico benefattore, per il timore che un mio coming out
in famiglia avrebbe riscosso disapprovazione e inviti a desistere.
Non
era una paura infondata.
Una
sera mi capitò di sentire il babbo e la mamma parlottare in cucina
(il sottoscritto in teoria nel mondo dei sogni, nella sua cameretta,
da almeno due ore; in realtà vigile e origliante sulla porta della
cucina) discutere del mio futuro.
“Pensavo
che una volta che Oreste andrà in pensione, PNV potrebbe
sostituirlo” era l’ipotesi paterna.
Oreste
era collega di mio padre, centralinisti in un’azienda pubblica, un
signore corpulento, miope come pochi, sulla cinquantina e,
verosimilmente, pronto a mollare il posto di lavoro entro una decina
d’anni.
“Ma
no” ribatteva mamma “PNV è un bimbo intelligente, desidero per
lui un futuro brillante. Magari eredita la mia passione. Io non ho
potuto studiare, ai miei tempi in famiglia mancavano i soldi, ma
facendo dei sacrifici, forse possiamo mandarlo a medicina. Chissà, e
se mi diventa un bravo chirurgo?”.
“Chirurgo?
Ma è un nano!” ribatteva papà.
“E
allora?!” risposta piccata di mamma.
“Come
può lavorare?. Non arriverebbe al tavolo operatorio!”
“Lo
metteranno su uno sgabello”
La
speranza di mia madre era, devo ammetterlo, pura utopia.
Differente
il pronostico di nonna Adele, la mamma del babbo, un donnone di 110
chili per un metro e 52 di flaccida diabetica ciccia sballonzolante,
che non mi aveva preso in simpatia sin dalla nascita.
“Potrebbe
fare l’ottavo nano. Ci sono tante ville qua intorno, coi 7 nani in
giardino, di plastica o in gesso, che mettono una tristezza. Ve lo
immaginate un nanetto in carne e ossa che parla, si muove e magari
canta pure le canzoni di Domenico Modugno? Pienneviolo, ahahah!”
“Mamma,
ma cosa dici?!” la interrompeva turbata sua figlia, ovvero zia
Marta, una zitella prossima ai cinquanta, dalla quale devo aver
ereditato la verginità congenita, donna pia all’inverosimile
(vincitrice del Concorso religioso-culinario “Donna casta, butta la
pasta” del nostro quartiere, periferia nord di Milano) che timida
ipotizzava un mio impiego, dietro moderato compenso, come “Gesù
Bambino nel presepe parrocchiale”.
“Gesù
Bambino, quel nano maiale?” era la controreplica della nonna che
aveva intuito la mia natura depravata.
A
bilanciare la previsione presepiale della zia interveniva nonno
Carlo, nonno dal lato materno, un ancora scattante ultrasettantenne,
comunista della prima ora, fedele alla linea anche negli anni dove a
capo della nazione vi era un soggetto pelato, massiccio nel fisico,
dalla mascella volitiva, con un riflesso condizionato che lo portava
ad alzare il braccio destro, teso, per salutare i sottoposti.
Consapevole del rischio che correva, il nonno continuò a professarsi
apertamente comunista anche durante il ventennio del Duce.
Accompagnandomi
ogni giorno a scuola, fiero di avere un nipote che portava a casa
pagelle lusinghiere, coi neuroni freschi di gioventù e ben oliati
dallo studio, nonno Carlo, che mi aveva trasmesso una passione
irrefrenabile per la lettura, si era convinto che il nipotino avesse
tutte le qualità per trasformarsi, crescendo (poco) in un
combattente comunista contro l’imperialismo capitalista.
“PNV,
stai diventando grande.”
“Nonno, sono un nano.”
“Lo
so, ma di testa, di cervello stai maturando, stai facendo grandi
progressi. Dimmi, cosa leggi di solito?”
“Topolino,
Paperino, Tex, ogni tanto Zagor.”
“No, no, non ci siamo” lo vedevo scuotere la testa “devi sviluppare una coscienza di classe, devi dotarti dei mezzi per opporti allo sfruttamento del Capitale, organizzando le masse proletarie...”
Fu
così che il “compagno Carlo” mi diede da leggere, al posto di
Topolino, Paperino… l’Unità e, con cadenza settimanale,
Rinascita.
Dopo
un mese di letture politiche, l’interrogazione da parte sua.
“Allora
PNV, ti piacciono i giornali che ti ho dato da studiare?”
“Beh,
nonno, insomma, cioè, ci capisco poco.”
“Cosa non
comprendi?”
“Questa storia dell’eurocomunismo, il
compromesso storico, l’austerità.”
“Sei in disaccordo con
la linea del Segretario Enrico Berlinguer?”
“No, è che,
sinceramente, gli preferisco Kit Carson!”
Altro
scuotimento di testa di nonno Carlo che, ahilui, spero non per la
delusione che gli avevo procurato, morì pochi mesi dopo d’infarto
(la delusione c’entrava poco se confrontata con i due pacchetti di
sigarette che fumava, ogni giorno, sin da ragazzino).
L’anno
successivo ci lasciò anche nonna Adele (il diabete a stroncarla).
Morte,
la sua, con sorpresa annessa: il testamento.
Firmato,
a insaputa di tutti noi, nello studio del notaio Merzagora, vecchia
fiamma di Adele (il loro amore risaliva ai tempi della Belle Époque
quando
la nonna era una ragazzina graziosa, gli occhi blu, i capelli biondi,
una figura snella con la glicemia nella norma).
Nel
documento scoprimmo che Adele aveva accumulato negli anni una somma
più che considerevole, lasciando del tutto all’oscuro l’unico
figlio che aveva, mio padre.
Il
Merzagora dichiarò che per espressa volontà della defunta non era
tenuto a dare spiegazione della modalità di “approvigionamento”
di tale somma (lasciando intendere, con uno sguardo di sbieco
trasudante perfidia, che lui ne fosse
a conoscenza), limitandosi a leggere le volontà adeliane:
“Lascio
l’intera somma di lire… all’unico nipote che il Signore mi ha
concesso di avere, per quanto non è il massimo dei nipoti, visto che
è venuto fuori nano, sgorbio e maiale. PNV potrà usare i miei soldi
solo dopo aver compiuto i 18 anni.”
E
così, grazie “all’amore” di nonna Adele, da “grande” ho
potuto evitare una carriera da centralinista, chirurgo,
rivoluzionario, nano da giardino e pure astrofisico.
La
rendita a disposizione mi permette di non fare nulla, sono a tutti
gli effetti Nullafacente, ma non un lavativo qualunque, no,
fannullone ma con una passione (che non si trasformerà mai in
professione) per i pianeti, le stelle, le galassie, l’universo: un
vero Nullafacente Cosmico.
14 commenti:
Meglio Nullafacente che Nullasaccente. Il secondo fa molti più danni.
Ma dove sono finiti i suoi commentatori? Sono spariti tutti, tranne me!
@Silver Silvan
Non saprei (a proposito di nullasaccenza).
O il covid li ha sterminati oppure il blog non ispira nulla :-(
La ringrazio per i commenti frequenti, altrimenti sarebbe proprio uno scrivere per sé stessi.
Vuole scherzare? Li leggo pure, i suoi imperdibili post!
@Silver Silvan
Grazie :-)
aaaahhh PNV è stata sempre la mia aspirazione da bambina... o meglio non proprio la nulla facente ma un qualcosa di lì vicino: la mantenuta!
Ma al momento ho sempre dovuto rimandare questo sogno e lasciarlo chiuso nel cassetto.
@Sara
Ciao Sara, bentornata.
Sono sicuro che vista l'energia che hai la mantenuta ti avrebbe annoiato ;-)
Ma quale mantenuta?! I contatti ravvicinati sono vietati da settimane, dovreste saperlo.
Silver Silvan, quando esco da qua mi sposo PNV!
@Sara
Ti prendo in parola: sono un buon casalingo (nel senso dei lavori di casa), mediamente intelligente e ironico.
Dimenticavo: niente sesso :-) (ho un blog da difendere)
ok, PNV affare fatto! Per il sesso mi rivolgerò altrove.. :P
Brava! Dicono che sia anche bello, oltre che gentleman! Per me, sarebbe da sposare anche solo per l’ironia.
@Silver Silvan
Dicono cose non vere ;-)
Mi stampo il suo commento e lo esibisco come certificazione che sono un buon partito.
Come no, un buon partito. Di testa!
@Silver Silvan
:-)
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