giovedì 2 febbraio 2012

La puntualità sopra ogni co... op

Breve sosta alla Coop, un paio di finocchi, due etti e mezzo di carne trita per il ragù della mamma, cracker di riso, latte parzialmente scremato HD.
Le tre e un quarto.
Il tempo della spesa, dieci minuti, poi il ritorno a casa, si molla il sacchetto e via, la metropolitana mi attende, linea rossa, direzione Sesto,  fermata Duomo, ore 16, puntualissimo, come vuole Manuela, la mia unica, adorata, insostituibile, inimitabile, precisa, rigorosa Manuela, due occhi blu che mi aspettano impazienti, il nostro primo appuntamento, due occhi blu che scrutano l’orologio digitale, mi raccomando, alle quattro in punto, non farmi aspettare, non lo perdonerei, MAI!

* * *

Il cancelletto si apre automatico al mio passaggio, latticini sulla sinistra, due confezioni di HD finiscono nel sacchetto di plastica biodegradabile, frutta e verdura alla mia destra, i finocchi, dove sono i finocchi? ah, ecco, terza fila partendo dal basso o prima dall’alto, a discrezione della gentile clientela, di fronte a loro un vecchietto con cappotto grigio, basco blu e naso sproporzionato come un personaggio di Altan, in mano un finocchio che scruta attento, ruota la mano in senso orario, antiorario, il finocchio sotto osservazione, soppesato e poi, no, mio Dio, no! lo porta vicino al naso, alla proboscide, all’aspiratore che si ritrova in mezzo alla faccia, lo avvicina alle narici e lo annusa, mio Dio, lo sta annusando, la cassa toracica a espandersi nella fase di inspirazione vegetale per poi scuotere la testa, insoddisfatto, riponendolo nella cesta.

I finocchi sono cinque: quattro normali, uno condito con gerontocapperi e peli nasali.

I finocchi sono cinque: tre normali, uno condito con gerontocapperi e peli nasali, un altro insaporito di muco giallognolo.

I finocchi sono cinque: due normali, uno condito con… presto, fermatelo, non è un uomo, è un mostro, una creatura mitologica, InpsProbòs, metà pensionato, metà elefante, molestatore di finocchi, presto, bloccatelo prima che mi insudici la coppia residua, la mia coppia di finocchi immacolati (per quanto ancora?), prima che possa ingurgitarli introducendoli direttamente dalle narici e masticandoli con un lento movimento nasale, come quando si fanno le smorfie, grunc, sgorf, sgnam, il finocchio è triturato col naso smisurato, ehi, dico a lei, ehi, si, si, lasci perdere i finocchi! perché? perché vengono dalla Bielorussia, da Chernobyl! chi l’ha detto? l’etichetta, è scritto sull’etichetta! ah lei non ci vede, è presbite, si fidi, mi creda, da Chernobyl, si ricorda Chernobyl? esatto, radioattivi e lei, mi scusi, se li annusa si becca una quantità di cesio-237, iodio-131, plutonio-239 e plutonio-240, sapesse, il plutonio-240 fa venire l’osteoporosi.

* * *

Due finocchi superstiti fanno compagnia al latte HD.
Prossima tappa il bancone della carne, la trita per mammà.
Giusto quattro passi, mi basta superare la zona dolci di Natale, circumnavigare la minivecchietta bionda permanentata che ostruisce in parte il passaggio nel corridoio, svoltare a destra e il macellaio…

“Scusi, giovanotto, scusi!”
“Dice a me?”
“Certo a lei” sguardo compassionevole della piccola sciura che mi osserva con due occhi grigio topo.
“La ringrazio, sa, ma giovanotto non me lo ha mai detto nessuno, neppure quando giovane lo ero davvero, parliamo di venti e passa anni fa.”
“Se non è giovane lei pensi me” risposta al limite del singhiozzante della mia interlocutrice, una coppia di orecchini argentati oscillano come palle natalizie su un albero rinsecchito.

Le sorrido, quasi a rinfrancarla.

”La prego, non mi potrebbe aiutare? Sa, sono bassa e quel Pandoro lì” fa segno verso una confezione Baluani posta in cima allo scaffale “proprio non riesco a prenderlo.”
“Si figuri, ci penso io.”

Free climbing consumista e in pochi secondi il Pandoro è consegnato.
Due mani rugose lo afferrano, il grigio topo degli occhi scruta la preda, pochi attimi e gli orecchini oscillano nuovamente, il movimento innescato da un rifiuto della confezione rossodorata.

“No, non va bene, non va mica bene.” la testa senile ruota orizzontalmente, destra-sinistra, sinistra-destra, indispettita.
“Perché?”
”Questo scade il 30 Aprile.”
“Mancano quattro mesi, signora, ha voglia quanti pandori farà fuori da qui ad Aprile!”
“No, io il pandoro lo mangio a piccole fette, ogni volta è un assaggio, mi dura mesi e mesi e mesi.”
“Quanti, per la precisione?”
“Almeno sei!”

Seconda arrampicata, Walter Bonatti spero mi protegga dall’alto dei cieli.
Che vergogna, rischiare l’osso del collo per un’attempata rompipalle, alla ricerca di un pandoro che abbia stampato un bel 30 Giugno sotto la scritta “Da consumarsi entro il”.

Afferro impaziente le confezioni, un ripetitivo 30 Aprile, 30 Aprile, 30 Aprile, 30 Aprile, accentua il nervoso col quale, via via, scarto i pandori che osano sopravvivere non più di 120 giorni (non ci sono più i pandori di una volta!), sposto la prima fila di scatole nella speranza che man mano che mi addentro nelle file successive vada modificandosi, posticipandosi, la data di fine vita zuccherovelata.

15 Maggio (seconda fila), 30 Maggio (terza fila), 15 Giugno (quarta fila), nel frattempo mi ritrovo con tre quarti del corpo sopra lo scaffale, 15 Giugno (quinta fila, no, porca putt!), 15 Giugno (sesta e definitiva fila, ma vaffanculo, va!).

Scendo disperato e incazzoso, spedizione fallita, il Monte dei Pandori mi osserva beffardo.

“Mi spiace, ma non vanno oltre la metà di Giugno.”
“La metà di Giugno?”
“La metà di Giugno” ripeto.
“Oh no, questa non ci voleva proprio.”
“”
”Non potrebbe, non potrebbe…” la piccola bestia mi indica gli azzurrodorati Melegatti “… provare con quelli lì?”

Osservo l’orologio: le 3 e 18!

“No, signora, non posso.”
”Ma come?”
“Non posso, se non mi sbrigo mi scade la fidanzata!”
“Fidanzata?”
”Sì, la fidanzata!”
“Fra quanto scade? A Giugno?”
“No, è più delicata di un Pandoro. Fra 42 minuti!”

* * *

Le 3 e 21.
Non più di dieci minuti di tempo per terminare la spesa, uscire dal supermarket, depositare gli acquisti a casa e dirigersi verso Piazza Duomo.
Non più di dieci minuti, altrimenti… altrimenti l’appuntamento per le quattro, e il mio futuro sentimentale, salteranno.

Strappo il biglietto numero 67, il display a led rossi segna il 66, incarnato nella settantenne che viene servita dal macellaio.

“Desidera altro, signora?”
“Ah sì, mi dia la fesa di vitello, tre fettine, mi raccomando tagliate sottili.”

Sul banco di vetro sono allineati quattro pacchetti, il vitello è il quinto della serie: buon auspicio, fra poco sarà il mio turno, trita mia non scappare!

“Ecco il vitello, guardi qua, che meraviglia” le mani grassocce del macellaio mostrano le fettine, non propriamente sottili, appena affettate.

La signora, occhiali montatura oro, labbra porpora intonate col cappotto sintetico, lancia uno sguardo disattento alla merce mostrata, l’attenzione rivolta alle spalle del commerciante, all’insieme di salumi, carni, formaggi allineati, che ansiosi sperano di essere prescelti.

Le 3 e 22.

“Oh, avete pure lo speck!”
“Certo, ben stagionato. Quanto ne vuole?”
“Direi un due etti abbondanti”.

Le 3 e 23.

“La bresaola, anche questa sui due etti, poco più”.

Le 3 e 24.

“Oh, dimenticavo lo scamone!”

Le 3 e 25.

“Mio marito non può fare a meno del roast beef. Ne va matto.”

Le 3 e 26.

“A formaggi come siamo messi?”
“Sono a posto, grazie”.
“Sicura? insiste il malefico tentatore.
“Beh, insomma, forse…”
“Forse?” luccichio soddisfatto nello sguardo sorridente del corpulento adescatore.
“… ma sì, mi dia una bella fetta di quel Quartirolo che solo a vederlo ho l’acquolina in bocca”.

Le 3 e 27.

Dieci pacchetti per una spesa complessiva che sfiora il P.I.L. del Guatemala.
Do un’ultima possibilità alla vegliarda (il marito non dovrebbe averne alcuna: la gotta presto lo porterà nell’Oltretomba) e al sottoscritto: l’undicesimo pacchetto non è temporalmente sostenibile.

“Non avremo mica finito?” un gongolante macellaio a stuzzicare l’insano, compulsivo, iperproteico acquisto della cliente che ora, abbandonati i salumi e i formaggi, si concentra sulla vetrina dove sono esposti i prodotti gastronomici.

È sul suo “una confezione di insalata russa, grazie” che abbandono ogni speranza tritesca.
Mollo il reparto macelleria, mollo la signora, mollo il marito prossimo alla morte (se non la gotta, sarà l’eccesso di colesterolo a terminarlo), mollo tutto e mi fiondo verso la cassa.

* * *

Per i cracker non vi sono attese dovute, li prendo al volo.
È una Coop minuscola, la “mia” Coop, somiglia a un minimarket a conduzione familiare, se non fosse per il nome che richiama una catena a diffusione nazionale.

Tre.
Le casse sono tre.

La prima ha il numero 1 spento, la sedia della cassiera desolatamente vuota.
La seconda ha il numero 2 spento, la sedia della cassiera desolatamente vuota.
La terza ha il numero 3 spento (causa guasto, risalente alla settimana scorsa, non ancora riparato), una giovane cassiera alla consolle che fa scorrere con la tipica pigrizia pomeridiana delle confezioni di fusilli Barilla.

Terminata la sfilata della pasta, la ragazza (credo si chiami Giovanna, o Gianna o Anna, o Na, sì, il suo nome è Na, ora ricordo), preme un pulsante che è causa di un immediato sibilo all’interno della cassa e del successivo sputamento dalla suddetta (la cassa, non la ragazza, sia chiaro, le lavoratrici Coop si distinguono per l’educazione) di uno scontrino.

Il foglietto passa delle rosee, salutari mani di Na (o Anna, forse no, Gianna, e se fosse Giovanna, sì, il suo nome è Giovanna, ora ricordo) a una sorta di artiglio screpolato, ultima appendice di un braccio rinsecchito, anticipo di spalla cadente che sorregge un collo rugoso al di sopra del quale una minuscola testa di donna, o di bruco, non riesco a distinguere con esattezza, da segni impercettibili di vita.

La brucononna, creatura che ha eletto il supermercato postprandiale suo habitat naturale, sembra meravigliarsi della cifra riportata sullo scontrino, la mimica facciale mostra sbigottimento seguito da terrore, la mano sinistra, solo ora me ne accorgo, stringe disperata un borsellino che, immagino, non contenga una quantità di denaro sufficiente a consentire l’acquisto barillico, la brucononna, dicevo, ondeggia in senso orario (le sue colleghe dell’emisfero australe sono caratterizzate da rotazione antioraria) per alcuni secondi e poi, con un Pluff a suo modo aggraziato, cade al suolo.

Un “Aaaaaah Eeeeeeh Iiiiiih Oooooh Uuuuuh” dissonante, un coro lamentoso, un brusio di coristi verdiani (per anagrafe) accompagna disperato la dipartita della vecchietta (il rigor mortis renderà difficoltoso il recupero del borsellino intrappolato fra le cinque ossute dita del cadavere), un insieme di sei voci (tanti sono gli ottuagenari in fila, diligenti, ognuno munito di carrello all’interno del quale figurano non più di tre, massimo quattro, prodotti) si frappone fra il sottoscritto e Giovanna-Na, sei maledettissimi clienti che si traducono in un’attesa verosimile di 36 minuti (autopsia esclusa) per poter pagare la coppia di finocchi, il latte HD, i cracker di riso, uscire dal supermercato, mollare la spesa a casa, raggiungere con la metro Piazza Duomo, per poter sorridere e abbracciare e baciare e possedere e sposare e amare, sì, amare, indefinitamente amare, Manuela, la mia unica, adorata, insostituibile, inimitabile, precisa, rigorosa Manuela, Manuela dagli occhi blu, Manuela che la puntualità sopra ogni cosa, Manuela che la puntualità sopra ogni Coop, Manuela che guai a te se non arrivi per le quattro, Manuela che non ammette deroghe, Manuela che ma quali vecchi rincoglioniti, Manuela che non accetterà le mie scuse, Manuela che… Manuela che doveva essere mia e che mia non sarà.

16 commenti:

Anonimo ha detto...

Beh, caro PNV, se la scaltrita e dirompente ironia che permea il tuo racconto corrisponde ad analogo simpatico modo di affrontare i contrattempi nella vita reale , penso che di manuele ne troverai diverse, e magari anche disposte a perdonarti un ritardo.(E’un vero peccato che io abbia 11 fidanzati a rotazione per ogni mese del 2012, e 12 in lista d’attesa per il 2013, altrimenti sarei stata lieta di offrirmi: non ce n’è uno che abbia la tua verve).
Ti serve un mantra quotidiano, finalizzato a cementare una sorta di New deal di approccio alla vita... una cosa di questo genere “i palestrati fanno cagare, se con le donne non sanno scherzare” o anche “se il nano politico è giunto fin là, perché non potrei amar Manuelà!”
( Mi scuso, ho la febbre e l’influenza, scrivo cretinate per questa ragione…)

PuroNanoVergine ha detto...

@Anonima (ciccuzza?)
Purtroppo la scaltrita e dirompente ironia... non corrisponde al mio carattere reale: sono nervosetto e spesso poco paziente (quindi le manuele rimangono giustamente alla larga).
Per la lista d'attesa potrei propormi come "gennaio 2014", ma ho appena confessato di essere poco paziente, non posso contraddirmi nello stesso commento :-)
Grazie del passaggio (avvisami se qualche fidanzato darà disdetta prima del 2014 ;-))

Anonimo ha detto...

ah ,ero toniq , di sopra.
E chi sarebbe questa ciccuzza che scrive come me?

PuroNanoVergine ha detto...

@Toniq
Toniq, lascia che ti spieghi... :-)
Ciccuzza la trovi fra i blog linkati (mi attendevo un suo commento proprio su questo racconto).
Scrivete entrambe molto bene (la cosa mi ha sconfuso).

Sara ha detto...

Mi è venuta voglia di un panino con lo scamone. Qualsiasi cosa sia.
Sara

PuroNanoVergine ha detto...

@Sara
E' vero, ha un nome che ispira.

isi ha detto...

sono certa che manuela avrebbe aspettato.

PuroNanoVergine ha detto...

@Isi
Non la conosci: è inflessibile :-)

Sara ha detto...

Non mi piacciono le donne inflessibili! cioè la trovo una cosa poco femminile, a meno che una non sia un militare in carriera nell'esercizio delle sue funzioni.

PuroNanoVergine ha detto...

@Sara
Concordo (e per questo non mi piacciono le donne militari anzi, i militari in genere).

CirINCIAMPAI ha detto...

un vecchietto mi ha chiesto di prendergli un panettone (per San Biagio) dal fondo di uno scaffale altissimo...ma il vecchietto era nettamente più alto di me...secondo me è parente di quello dei finocchi!

PuroNanoVergine ha detto...

@CirINCIAMPAI
Sicuramente.
Sono una "famiglia" numerosissima.

masticone ha detto...

Molto interessante lo svolgimento.
Sei un serial killer di finocchi questo è certo.
Però mi sarebbe piaciuta un avventura sessuale con la vecchiaccia del Pandoro... così.. alla faccia di Manuela... che deve essere una gran rompipalle...

PuroNanoVergine ha detto...

@masticone
L'avventura sessuale con la vecchia del pandoro mi mette i brividi :-)
Preferisco mantenere la puronanoVerginità (su Manuela hai ragione).

Anonimo ha detto...

ah, mi rifiuti così ? Con le mie competenze cul-turali?
:-(

PuroNanoVergine ha detto...

@anonima
Non ho capito il commento :-(

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