sabato 21 aprile 2012

La panchina

Mi siedo ogni Domenica, poco dopo le otto, sulla stessa panchina, per sfogliare in tutta tranquillità le pagine rosa della Gazzetta Sportiva.
Dietro di me vi è il Monumento ai Caduti del 15-18, il sagrato della chiesa mi è di fronte, a non più di venti metri di distanza.
É un'abitudine che va avanti da circa due mesi, da quando la temperatura lo consente.
Le campane annunciano la fine della prima Messa verso le 8 e 40.
Piego il giornale e lo appoggio sulla panchina.
Seduto, attendo l'uscita dei parrocchiani, per la maggior parte vedove, se si esclude qualche giovane e alcune coppie di mezza età.
Fra queste, i coniugi Brighi: Fabio e Giulia.
Fabio Brighi, Direttore della Filiale 5 della Cassa di Risparmio Provinciale, è stato, trent'anni fa, mio compagno di ragioneria.
Durante la Messa mi capita di interrompere la lettura del giornale per immaginarmi il Brighi recitante, con la dovuta spiritualità, il Padre Nostro.
Me lo raffiguro mentre invoca l'Altissimo:

"… e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori"

con il quattordici per cento di interesse.

Prima della disoccupazione, avevo un conto corrente aperto nella filiale 5.
L'interesse a mio credito non ha mai superato il due per cento.
Sono i dodici punti di differenza che consentono a Fabio Brighi di guadagnarsi il "pane quotidiano".
E pure il companatico.

* * *

Credo non sia casuale la scelta della panchina che gentilmente accoglie le mie natiche.
É l'unica che mi impedisce la visione del Monumento ai Caduti: un terribile parallelepipedo di marmo, reso biancastro da anni di smog, sul quale sono scolpiti corpi di uomini fra loro avvinghiati, le bocche spalancate, lo sguardo terreo.
Il Morabito, mio concittadino nonché critico rinomato, recensì l'opera come "esemplificazione dell'orrore insensato che ogni guerra porta con sé".
Da assoluto profano in materia, e con il dovuto rispetto per la critica ufficiale, in quei volti grigiastri leggo al massimo lo sgomento di appartenere ad un'opera di ineguagliata bruttezza.

* * *

L'ultimo ad uscire dalla chiesa è il sagrestano: un bell'uomo sulla sessantina, capelli grigi, occhi azzurri, mosso da una frenesia incontrollabile, evidenziata dall'andatura da marciatore in lotta per una medaglia olimpica, che sembra tormentarlo senza sosta.
Si dirige verso la casa del parroco.
Il suo sguardo, che per un breve istante incrocia il mio, mi provoca un leggero imbarazzo: vorrei salutarlo, forse lui vorrebbe fare altrettanto, ma una sorta di timidezza mi impedisce di farlo.
Non ci conosciamo, se non di vista: ho il timore che possa non ricambiare il saluto.
Nel quartiere circolano voci poco benevoli sulla moglie, tacciata come ubriacona.
Ad essere sincero la cosa mi lascia del tutto indifferente.
Le poche volte che li ho visti insieme, la curiosità di scorgere nella donna qualche segno dell'alcol ha lasciato il posto alla sorpresa di vedere il sagrestano camminare a passo lento, sottobraccio alla consorte, con un'espressione di inusuale serenità sul volto.

* * *

I coniugi Brighi si allontanano dalla piazza.
Fabio, le braccia dietro la schiena, le spalle curve, l'andatura sostenuta, precede Giulia che sgambetta velocemente per non farsi distanziare dal marito.
In vent'anni di felice matrimonio mai mi è capitato di vederli camminare l'uno accanto all'altra.

* * *

Alle nove, leggermente in ritardo rispetto al solito orario, arriva Amadou, un ragazzo senegalese che vende "Scarp dè Tenis", un mensile che parla di emarginazione.
Per ogni copia venduta Amadou, e come lui altri immigrati che si occupano della distribuzione del giornale, guadagna un euro.
É solito sedersi sui tre gradini dell'ingresso laterale destro della chiesa, la sua "postazione di lavoro".
L'uscita dei fedeli non lo scuote più di tanto, non lo induce a muoversi per aumentare le vendite e i relativi introiti.
Avrà in mano una decina di copie che a fatica riesce ad esaurire nel corso della mattinata.
Ho provato, solo per una naturale curiosità, ad acquistare il giornale.
Niente da fare: per quanti sforzi abbia fatto, preferisco le novità del calcio mercato, le sconfitte della Rossa, il doping dei ciclisti.
Sono insensibile.
Droga, prostituzione, tristi storie dei senza fissa dimora, non turbano i miei pensieri, non scuotono la mia coscienza sonnacchiosa, al punto da perdere tempo nel leggere gli articoli di "Scarp dè Tenis".

* * *

Forse sbaglio a non documentarmi.
Il periodo di disoccupazione si sta prolungando più del dovuto, le mie finanze sono in uno stato pietoso, disastroso senza l'aiuto dell'elemosina materna.
Fra qualche mese potrei, a pieno diritto, chiedere alla redazione di "Scarp dè Tenis" di assumermi quale venditore ambulante.
Fuori dalla chiesa, ingresso laterale sinistro, a fare concorrenza al giovane senegalese.
All'uscita dei coniugi Brighi, allungherei verso il mio vecchio compagno di scuola il braccio, per mostrargli la copertina della rivista.
Lui, con una smorfia di disappunto, rifiuterebbe l'acquisto.
Una breve attesa, lo sguardo triste e disilluso di Giulia Brighi ad osservarmi, due euro che passano dalle sue mani nelle mie, il giornale in ogni caso rifiutato per evitare i rimbrotti del marito.
Un accenno di ringraziamento da parte mia che lei, impegnata ad inseguire il consorte, non vedrebbe neppure.

* * *

Lavoro troppo di fantasia.
Ho sempre temuto il futuro: l'ansia, l'attesa di eventi negativi, non mi hanno mai dato tregua.
  
La sosta domenicale sul sagrato della chiesa; la lettura del giornale; l'osservazione dei passanti; la ricerca di una serenità momentanea.

* * *

Manca poco alle 10.
Mi alzo e percorro il viale dirigendomi verso il parco pubblico.
Per un attimo osservo il cartello che annuncia i lavori di ristrutturazione della piazza.
La riqualificazione urbanistica voluta dalla giunta comunale prevede la creazione di una zona pedonale.
I lavori dovrebbero partire a fine mese e protrarsi per un anno intero rendendo inagibile il sagrato della chiesa e il viale ad esso adiacente.

Domenica prossima, se non vi saranno slittamenti rispetto alla data indicata, siederò per l'ultima volta sulla stessa panchina.

11 commenti:

sempretoniq ha detto...

E' la prima volta che leggo Un post - scritto come sempre benissimo- ma dal sapore davvero amaro.Mi dispiace .
Quanto alle tue parole:" Ho sempre temuto il futuro: l'ansia, l'attesa di eventi negativi, non mi hanno mai dato tregua" chissà quanti-e io per prima- si ritrovano in questa parole. Ma tiriamo avanti, tutti . Una mia amica colta dice che, quando te ne succedono tante, e tutte brutte, ma tu tiri avanti lo stesso- e anzi ridi , ironizzi, è perchè ti viene in aiuto la tua personale risorsa della RESILIENZA.Mi sembra una parola bellissima, poderosa, solida, che ti calma solo a pronunciarla. Io ne possiedo abbastanza,e chissà quanta ne hai anche tu,PNV.

pyperita ha detto...

Concordo con il commento precedente, anche i PNV a volte scrivono cose amare, come sempre, molto bene.

PuroNanoVergine ha detto...

@Toniq
Il termine è bello, come il concetto che esprime (sì, un po' ne possiedo, come tutti direi).
Il post l'avevo "promesso" a pastadipestodirospi in un commento settimana scorsa: è un racconto prePNV: ti ringrazio per averlo apprezzato.

@puperita
Grazie assai, pyperita!
Un po' di amaro ci vuole (ma anche i racconti di PNV hanno quasi sempre un retrogusto amaro, nascosto dietro a un mare di stupidaggini ;-))

Anonimo ha detto...

EVVIVA !!

Mi piace molto. L'idea è resa a tratti davvero molto bene. il confronto con il compagno di scuola, specie nella prima parte è geniale e fa centro pieno.

yetbutaname ha detto...

cecoviano (se non fosse scritto in prima persona)
bravo

widepeak ha detto...

e bravo il nano, hai proprio talento sai

PuroNanoVergine ha detto...

@pastadipestodirospi
Ti ringrazio, ma il "geniale" è di sicuro eccessivo.
Mi togli una curiosità?
Il tuo nick a cosa si riferisce?

@yetbutaname
Geniale è eccessivo, ma pure cecoviano non scherza :-)

@widepeak
Talento da vendere (devo ancora definire le tariffe ;-))

Anonimo ha detto...

Era una giornata decisamente triste, di quelle che capitano malinconiche. Un amico mi chiamò al telefono e mi chiese: allora come va? risposi che mi sentivo più o meno come se stessi mangiando una pasta di pesto di rospi. Ci facemmo una risata.
Fu davvero una bella telefonata e la giornata svoltò.

PuroNanoVergine ha detto...

@pastadipestodirospi
Mi aspetto prima o poi di vederla cucinare la pdpdr in qualche trasmissione in tivvù di cucina (ce ne sono così tante).
In effetti è un'espressione )e un nick) divertente :-)

Roberta ha detto...

Ho sempre odiato i monumenti ai caduti, sembra che facciano a gara per chi riesce a fare il piu' brutto.
Grazie per esserti ricordato della mia richiesta di un racconto pre PNV.
Cordiali saluti.

PuroNanoVergine ha detto...

@Roberta
Forse contano sul fatto che i caduti non possano lamentarsi.
Le richieste provo a esaudirle, nel limite del possibile :-)

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