Il martedì sera iniziò a cadere
una pioggia fitta, insistente, che si protrasse per tutta la notte proseguendo
nella mattinata successiva.
Non vi erano teli adibiti alla
copertura del campo che il mercoledì verso mezzogiorno somigliava a una piscina
olimpica, con i suoi cinque centimetri abbondanti di acqua all’interno.
Ero lì, a osservare delle foglie
galleggiare nell’insolito catino, quando mi si avvicinò, col suo passo
claudicante, il signor Gerosi, a capo dell’organizzazione del torneo,
un’autorità che forse gli derivava dall’essere stato in anni non recenti vigile
urbano (ora era un attivo e felice pensionato).
“PNV mi dispiace ma qui il torneo
non si può finire. Guarda che acqua!”
“Beh non è detto, ha smesso di
piovere, le previsioni danno bello. Sa, lo hanno annunciato alla TV Svizzera,
quelli ci azzeccano sempre, non sono mica come il nostro Bernacca.”
“E tu ti fidi delle previsioni
degli svizzeri? Credi siano meglio del colonnello Bernacca? E poi, anche col
sole, il campo non si asciugherebbe in tempo. Ricordati che domani sera abbiamo
la cerimonia di premiazione.”
Non comprendevo l’insistenza del
Gerosi nell’affermare l’impossibilità alla conclusione regolare del torneo.
Mancavano tre incontri, nella
peggiore delle ipotesi tre o quattro ore di gioco che si potevano disputare con
tranquillità nel pomeriggio del giorno successivo.
La premiazione altro non era se
non una piccola festa per i villeggianti con consegna delle coppette e
medagliette di turno ai partecipanti la tenzone. Nulla vietava di posticiparla
al venerdì sera (ultimo giorno disponibile prima della partenza dei turisti che
sarebbe avvenuta il sabato).
“Aspettiamo fino a domattina,
magari il campo asciuga più velocemente di quanto si creda.”
“Ti dico di no, non si può fare,
non vorrai mica insegnare a me queste cose?! Bazzico i campi di bocce da 50
anni”.
Mentre Gerosi ribadiva le sue
convinzioni, avevo iniziato, per puro spirito di contraddizione, a scavare una
buca nella terra, un piccolo tunnel che partendo dall’interno del campo passava
sotto una delle assi che lo delimitava, per sbucare fuori nel terreno
adiacente. Era un modo artigianale per favorire il deflusso dell’acqua
accelerando il processo di prosciugamento.
“Ma cosa fai? Dai, smettila! Non
serve a niente e poi rovini il campo. La soluzione c’è, senza fare queste
sceneggiate”.
“E quale sarebbe?” chiesi con
aria di sfida.
“Semplice, si prosegue il
torneo di bocce nella sala da biliardo. Lo finiamo usando le boccette. Si fa
punto solo avvicinandosi al pallino, i birilli non contano, li teniamo
unicamente come ostacolo in modo che la biglia che dovesse toccarli verrebbe eliminata
dal gioco”.
Illuminazione.
Ora comprendevo la testardaggine
del vigile.
Il Gerosi.
Il Gerosi e le boccette.
Le boccette e l’Alfieri.
L’Alfieri e il Gerosi, amiconi,
spesso in coppia al bar nelle lunghe partite serali a scopa d’assi, due tipi
culo e camicia (a quadrettoni quella dell’Alfieri).
Il Sor Mario ostacolo
insormontabile?
“Semplice, si prosegue il torneo di bocce nella sala da biliardo…“
Se
Eddy Mercks è imbattibile con una bici da corsa lo facciamo gareggiare con una
Graziella nella speranza, cambiando il contesto della gara, di poterlo
superare.
Mi stava per scappare un
insulto, ma mi frenai e, con tono conciliante dissi:
“Non si può giocare a boccette
fingendo che sia una partita a bocce. Sono due sport simili, ma distinti. Sono
parenti fino a un certo punto. Cugini sì, ma di terzo grado. Lei finirebbe un
torneo di tennis su un tavolo da ping pong?”
“Ma
sei di coccio. Se non c’è tempo, non c’è tempo. Preferiresti tirare a sorte per
designare il vincitore?”
”Quasi quasi sì. Terminare a boccette significa stravolgere i rapporti di forza fra i quattro semifinalisti.”
“Quante storie, gli altri
tre hanno accettato subito. Pensa che perfino il signor Alfieri, che non ha mai
preso in mano una boccetta in vita sua, si è detto d’accordo!”
Lo odiavo.
Per un attimo lo sguardo
era andato verso il misuratore in ferro appeso vicino al segnapunti
arrugginito.
Mi immaginavo di prenderlo
e conficcarlo, brandendolo con entrambi le mani, negli occhi cerulei del
perfido ingannatore.
Il Gerosi non me ne diede
il tempo, si voltò senza salutarmi e col solito passo claudicante (aveva la
gamba destra poco più corta della sinistra) si diresse verso il bar del
villaggio dove, ne ero sicuro, avrebbe brindato con l’Alfieri, un bicchierino
di vermut dietro l’altro, alla prossima vittoria nel torneo di BocceBoccetteEQuant’altro.
8 commenti:
Signor PNV, ma lei quanti anni ha?
@Silver Silvan
Non si lasci ingannare dal riferimento a Mercks o Bernacca.
Sono un filo più giovane ;-)
Ma che è un mistero cosmico che non lo può dire? E che sarà mai?! Mamma mia, quanto siete complicati. Io ne ho 53, eh. Compiuti da poco, ché valgono meno per come ragiona la gente. Ha presente la roba che costa 99,99 e non 100? Uguale.
Comunque non glielo avevo chiesto per i riferimenti ai suddetti, che ricordo benissimo nella mia infanzia, ma perché giocare a boccette è da pensionati! È un baby pensionato, signor PNV?
@Silver Silvan
L'episodio si riferisce alla mia adolescenza, a dimostrazione che ero già vecchio dentro a 15 anni.
p.s. i nani non hanno età ;-)
Nooooo! Caspita, questa ipotesi non l'avevo manco lontanamente considerata!
I due compari, Gerosi e l’Alfieri, hanno fatto comunella e tramano al bar per trasformare la partita di bocce in una partita a boccette nella quale sarà facile per il Cannibale del pallino vincere il campione Sor Mario. E Gerosi arriva a mentire affermando che l’Alfieri non ha mai preso in mano una boccetta in vita sua. PNV sa bene che non è la verità!
PNV:Saverio
Alfieri: Sor Mario
Sarà la semifinale più appassionante in un torneo di bocce (o boccette?) mai disputata.
@Sefora Haboker
Appassionante non saprei, ma con finale a sorpresa per i maramaldi...
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