Due settimane sono trascorse
dalla morte della zia Eleonora, la sorella maggiore di mia madre.
Due settimane sono più che
sufficienti per lasciarsi alle spalle i dolori della vita quando la vita stessa
ti presenta problemi da affrontare e risolvere il prima possibile.
Stamattina, poco prima di uscire
per andare a scuola, mio padre, Antonio Savoriti, metalmeccanico prepensionato
delle officine Pozzi & C. di Sesto San Giovanni, mi ha fissato con sguardo
accigliato, ha leggermente tossicchiato e rivolgendosi al sottoscritto con tono
severo e risoluto ha detto:
"Enrico, questa sera abbiamo
invitato il notaio Rossignoli a cena... sai, c'è da rivedere il protocollo
d'intesa che ben conosci… ora che la zia, pace all'anima sua, non è più fra
noi, tocca a te sostituirla... sei un uomo... fra tre mesi avrai la
maturità".
Ho risposto con un sorriso appena
accennato, un sorriso alla Jean Gabin, ho preso lo zainetto Explorer per
"lo studente dinamico" e sono uscito.
Mai come oggi i 24 minuti e
mezzo, talvolta 25, impiegati dalla filovia per scarrozzarmi lungo la
circonvallazione cittadina, mi serviranno per concentrarmi, per chiarirmi le
idee, in vista della tavola rotonda preannunciatami dal babbo.
Il notaio Rossignoli (l'ex notaio
Rossignoli), 82 anni compiuti il 4 gennaio, cardiopatico da dodici, sposato da undici
e mezzo con l'avvenente segretaria 32enne Valletti Giulia di Legnano, è un
vecchio amico di famiglia, l'unico tra amici e parenti che abbia letto sui visi
del babbo, di mamma Adele, del nonno Primo, di mia sorella Betty, negli ultimi
quindici giorni, non tanto il dolore per la prematura scomparsa della zia,
quanto la preoccupazione per il possibile effetto destabilizzante, sui precari
equilibri che reggono la famiglia, che tale scomparsa potrebbe avere.
La zia Eleonora, secondo il
protocollo d'intesa del 9 Marzo 2011, sottoscritto in presenza del Rossignoli
medesimo e della di lui giovane consorte, deteneva il controllo del telecomando
del 65 pollici
LCD Sharp nella giornata di giovedì.
Mi spiego meglio: ogni giovedì era
lei a decidere, senza possibilità di obiezione da parte degli altri famigliari,
le (poche) ore nelle quali lo scatolone doveva rimanere spento, quelle nelle
quali doveva essere acceso e, POTERE ASSOLUTO, i programmi che andavano visti
con possibilità di zapping frenetico per almeno mezz'ora nell'arco della
giornata.
Al babbo erano toccati il mercoledì
e la domenica, giorni rispettivamente di Champions League e del posticipo del
Campionato di Calcio di serie A; alla mamma il sabato, per lo show
nazionalpopolare di Rai1, e il lunedì con le imperdibili dirette del Grande
Fratello (edizione 35?) di Canale5 (dalla firma del protocollo in poi, la mamma
aveva dovuto rinunciare alla soap opera preferita perchè la visione di due sole
puntate la settimana le faceva perdere la logica narrativa, fatta di
amorimortitradimentimalattie, che sta alla base delle soap americane); il martedì
era stato assegnato alla Betty che poteva sfogare la propria rabbia
iconoclasta-anticonformista, tipica delle ragazze della sua età, non perdendo una
puntata del reality “16 anni e incinta” trasmessa da MTV.
Il nonno Primo, buon ultimo, si
era accaparrato il venerdì, giorno nel quale le reti pubbliche offrivano una
serie di programmi di revival (con l’immancabile Carlo Conti) scelti dal nonno
non solo per motivi sentimentalnostalgici ma per "esigenze tecniche"
(così le aveva argutamente definite il Rossignoli) in quanto trasmissioni
sottotitolate per non udenti.
La zia, come detto, si era
riservata il giovedì con i documentari scientifici del sempre giovane Piero
Angela.
E io?
Nei prossimi 24 minuti e mezzo,
forse 25, dovrò farmi un'idea di massima su come organizzare la mia giornata
televisiva per comunicarla solennemente ai miei "coinquilini" e al
Rossignoli che metterà per iscritto la decisione, autenticando la mia firma in
calce alla dichiarazione di intenti.
Una volta firmato dovrò attenermi
scrupolosamente a quanto proclamato senza possibilità di deroga alcuna se non
per motivi di "estrema gravità".
Mi trovo di fronte ad una scelta
di importanza vitale.
Se decidessi di utilizzare il giovedì
per assistere alla partite di Europa League potrei contare sull'appoggio
paterno ma rischierei di inimicarmi la mamma alla quale farebbe piacere una mia
scelta in favore delle soap italiana, trasmessa una volta alla settimana,
proprio il giovedì sera; se optassi per “Friendzone – Amici o Fidanzati?”
potrei chiedere in cambio, alla cara sorellina, di presentarmi quella sua amica
che disperatamente vorrei avvicinare (nella speranza di diventarne il
fidanzato, no, cioè, intendevo amico, semplice amico) la cui conoscenza mi è
stata finora negata; conoscerei si una bella ragazza ma perderei l'amicizia del
nonno che non comprenderebbe la mia preferenza per trasmissioni fintamente
reali nel mostrare adolescenti problematici rispetto alle canzoni che Orietta
Berti ripropone lo stesso giorno su Raidue.
Mi sento come intrappolato, ma,
allo scadere dei 24 minuti circonvallatori, poco prima di scendere dal filobus,
intravedo una via di fuga.
Scelgo di non scegliere.
Il giovedì la televisione rimarrà
spenta.
TUTTO IL GIORNO.
Potrò essere oggetto dell'odio o
dell'amore da parte dei parenti (a seconda che prevalga in loro
l'insoddisfazione per non aver visto esaudite le proprie aspettative, o la
soddisfazione per non aver visto esaudite le richieste di qualcun altro) ma, ad
essere sincero, mi sento abbastanza forte per sopportare possibili vendette o
false attestazioni di stima nei miei confronti.
Tanto io, il giovedì, come i
restanti giorni della settimana, so cosa fare: uscirò con gli amici, ascolterò
la radio, leggerò un libro e, se dovesse balenarmi un'ideuzza qualunque, potrei
pure cimentarmi nella stesura di un piccolo racconto senza pretese.
Come questo.
2 commenti:
è stata un'ottima idea...perché il racconto merita
aspetto il prossimo giovedì
:)
@S.
Grazie!
Non so se riuscirò a mantenere la media di un racconto ogni giovedì (la vedo dura :-)).
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