È
la vicina di casa, anzi di villetta, della nonna, la signora Gigioni a
bloccarmi poco prima del mio ingresso nel giardinetto della piccola
villa della defunta antenata.
“Come sta la signora Clotilde? È da un po’ che non la vedo” cinguetta la Gigioni.
“Insomma, così, così…” rimango sul vago, sperando che la pettegola non si impicci ulteriormente.
“Cos’ha? Non starà mica male?” nel suo sguardo una finta preoccupazione che cela, a fatica, la morbosa curiosità.
“Beh, insomma, è un batterio strano che…”
“Un batterio?”
“Un
batterio, cinese. Ed è stata colpa mia. Il 21 di marzo le ho portato
questi involtini primavera, freschi freschi, o forse non tanto freschi,
ripieni di verdure, c’era pure la soia, mi sa che quei germogli di soia
mica erano buoni.”
“Oh mamma! Ma sono passate già tre settimane. Non si è ancora ripresa?”
“Non
tanto. Fatica a mandar giù cibo solido, va avanti solo a semolino,
semolino e diarrea e poi, sapesse, che puzze! Fa di quelle puzze.”
Sulle
“puzze” il nasino maialoso della Gigioni si arriccia schifato per poi
allontanarsi, insieme alla legittima proprietaria, come se il
sottoscritto, per legame genealogico con la nonna aerofaga, in qualche
modo fosse portatore sano di odori sgradevoli.
“Me la saluti, povera signora Clotilde, me la saluti.”
“Certamente, sarà mia premura.”
* * *
I germogli di soia erano buonissimi e di batterio neanche l’ombra (cinese).
Nessuna malattia e conseguente convalescenza.
La
nonna è schiattata, il 21 marzo, prima di cena, senza un preavviso,
senza un “PuroNanoVergine, ahia, mi sento male”, no, ero in cucina a
scartare la confezione di involtini e quando son tornato in salotto l’ho
trovata seduta a capotavola, il viso nella fondina vuota (la nonna
aveva la fissa degli involtini da mangiarsi nella fondina), i pochi
capelli grigi, lunghi, sparsi disordinatamente sulla tovaglia.
Mi sono avvicinato, breve auscultazione e conferma del decesso.
* * *
Di
norma quando uno muore si avvisa la cittadinanza, il parentado, il
vicinato, ci si mette a lutto e si organizza un bel funerale, ma io
soldi per una cerimonia come si deve non li ho, da quando sono in cassa
integrazione poi non parliamone, la nonna pure lei non navigava nell’oro
con la pensione di reversibilità del marito, 753 euri mensili che,
sommati ai miei 850 di cassaintegrato danno un totale di 1603 euri.
* * *
Ho
parlato di somma dei due emolumenti perché mi sono chiesto se fosse più
saggio perdere 753 euri mensili a favore di una bara in radica o se, al
contrario, non risultasse più conveniente celare alla cittadinanza, al
parentado, al vicinato (Gigioni inclusa) il trapasso nonnesco per
incamerarne la reversibilità.
* * *
Domanda retorica che trova risposta nel nuovo frigorifero Whirlpool classe A++, capacità di 285 litri che dal 22 marzo conserva con cura, a -12 gradi, il corpo rinsecchito della nonna.
Lei
se ne sta tranquilla dentro questo casermone di ghiaccio, comodamente
seduta sul suo sgabello, gli occhi chiusi, una stalattite che si è
formata prendendo spunto dalla scia di saliva che le usciva, al momento
della “sepoltura”, dall’angolo sinistro della bocca.
Sui grigi capelli una specie di brina che li rende all’apparenza ancora più fragili.
Fra
le mani la fondina contenente gli involtini primavera (perché se una ha
la fissa, da viva, degli involtini nella fondina, mi sembra giusto che
la mantenga anche nell’aldilà).
* * *
Sono
appena tornato dalla Posta, consueto ritiro mensile della pensione (per
mia fortuna ero delegato dalla nonna prima della sua improvvisa
“malattia”) quando incrocio, sempre all’ingresso della villetta, la Gigioni, impicciona come non mai.
“Allora, come se la passa la signora Clotilde?”
“Lieve peggioramento” le rispondo con un’espressione di viva preoccupazione.
“Peggioramento? Il batterio?”
“Il batterio.”
“Non si riesce a curare, a mandarlo via?”
“No,
per ora no. È da settimana scorsa che la nonna si è come irrigidita,
oserei dire raffreddata. Questo maledetto batterio le rende difficile la
circolazione sanguigna, soprattutto alle estremità.”
“Ma è venuto il medico a vederla?”
“Certo,
ho chiamato nientepopodimenoche il Professor Freezerlier, un dottorone
di Monaco di Baviera che mi è stato consigliato da un mio collega di
lavoro.”
“Ma lei non era mica in cassaintegrazione?” domanda sospettosa la Gigioni.
“Certo,
ma contatti coi miei colleghi li ho ancora, ci mancherebbe” la risposta
appare convincente, stando al mutamento nell’espressione gigionesca.
Approfitto del momentaneo silenzio per chiudere il discorso con un:
“Mi scusi, ma ora devo andare.”
“Si, si, certo, mi saluti la nonna e le dica che quando vuole posso passare a salutarla”.
“Certamente, sarà mia premura.”
* * *
Avvicino la bocca alla porta del frigorifero Whirpool classe A++ e sussurro un:
”Nonna… nonna… mi senti?”
”Nonna… nonna… mi senti?”
Lei
non risponde, purtroppo non è in grado di percepire le mie parole
nonostante le abbia inserito nell’orecchio destro l’apparecchio acustico
Amplifon classe A++ che, da viva, le donava un udito bionico.
“Nonna,
non vorrei tu fossi arrabbiata con me, il tuo caro e adorato nipotino
PNV? Me lo dicevi sempre che l’idea di finire sottoterra dentro una bara
in radica ti spaventava… e quindi mi è sembrato giusto usare i soldi
della pensione per tenerti qui, in casa tua, in questo bel frigorifero
così spazioso e accogliente… sai, lo pagherò a rate, metà dei soldi li
metti tu con la pensione e metà ce li aggiungo io con la cassa
integrazione… hai visto che tesoro di nipotino che ti ritrovi? Come?
Senti freddo? Ok, ok… vado in camera da letto e ti prendo il golfino
della Oviesse, quello di finta lana color grigio topo che tanto ti
piaceva… si, si, è vero, pure la sciarpa che avevi realizzato per i tuoi
80 anni, la sciarpa in finta lana color ruggine nottola… aspettami qui,
non ti muovere…”
* * *
“Nessuna novità? Novità positiva?” l’ennesimo interrogatorio della Gigioni.
“Situazione stazionaria, anche se la stalattite che si è formata sul mento della nonna le sta un gran bene.”
”Stalattite?” la Gigioni mi osserva preoccupata.
”Stalattite?” la Gigioni mi osserva preoccupata.
“Certo, vedesse quanto è bella!”
“Poverino, chissà quanto sta soffrendo per la malattia della nonna.”
Spero di aver fatto centro.
Fingere una seminfermità mentale per tenere la vicina ficcanaso a distanza di sicurezza.
Lo spero.
* * *
Avevo bisogno di staccare la spina.
No,
non quella dell’efficientissimo frigorifero Whirlpool classe A++, un
elettrodomestico dal funzionamento garantito per almeno 10 anni, ma la
mia spina metaforica: dover accudire ogni giorno la nonna costa fatica,
un costo che preme sulle mie sole esili spalle, un costo che non potevo
sostenere a oltranza e così, per ricaricare le batterie (metaforiche, si
intende) mi sono concesso una brevissima vacanza sul lago, un weekend
lungo, da sabato a martedì, confidando nell’autosufficienza di nonna
Clotilde e nella ininterrompibile funzionalità del Whirlpool classe A++.
* * *
Rientro dal lago e a malincuore mi dirigo verso la villetta della nonna.
Il
comitato di bentornato è presieduto da quell’invadente strega della
signora Gigioni che, non appena imbocco la viuzza senza uscita (che al
civico numero 6 ospita la defunta refrigerata) mi corre incontro per
bombardarmi, trafelata, con un:
“Meno male, meno male che l’ho incrociata” come se fosse casuale il non desiderato incontro.
“Perché, cos’è accaduto?”
“Il black out, il black out!?”
“Il black out?” ripeto pappagallando la Gigioni.
“Sì,
nel weekend. Tre giorni senza corrente elettrica. Sa, hanno tranciato
un cavo dell’Enel per via di lavori che dovevano fare.”
“Quando è successo?”
“Sabato mattina. Solo lunedì sul tardi è tornata la luce.”
Gocce di sudore gelido sulla mia fronte.
“Ho subito pensato alla signora Clotilde. Chissà che spavento le è preso! E lei, lei non è venuto a farle visita?”
“No,
cioè, il lago, la spina, dovevo staccarla, non il frigo, la mia, è una
metafora, oddio, la stalattite, si sarà sciolta, era bava, bava alla
bocca…”
“Poverino, si vede che sta soffrendo per la povera nonna.”
La Gigioni ha ragione.
La mia non è una seminfermità mentale di finzione.
Sono nella merda.
Il
Whirlpool classe A++ avrà smesso di raffreddare la nonna da sabato
mattina, proseguendo per tre giorni interi, la nonna avrà iniziato a
decomporsi, mio Dio, a decomporsi e ora…
“Presto, presto, vada subito a vedere come sta la sua nonnina, presto.”
Lascio la Gigioni
sola con il suo incitamento, supero il cancelletto d’ingresso, percorro
a brevi velocissimi passi il viale di ghiaia, raggiungo la porta e
sento, lo sento, un tanfo provenire dall’interno, l’odore inconfondibile
di putrefazione che, già me lo immagino, mi accompagnerà,
tormentandomi, per il resto dei miei giorni, trascorsi in una cella di
isolamento di non so quale carcere o manicomio criminale, se mi
riconosceranno la seminfermità non più simulata.
Oppure…
oppure… forse una speranza… una possibile alternativa… la salvezza, la
mia salvezza se il tanfo… quel tanfo… provenga sì dalla nonna… non
putrefatta… ancora intatta… lei, la stalattite, i capelli brinati,
l’involtino nella fondina e le puzze… ecco sì, le puzze, le puzze della
nonna, sapesse che puzze signora Gigioni, le puzze di nonna Clotilde,
mia unica, possibile, aerofaga salvezza.
4 commenti:
Insomma, esorcizzare is the word in questo periodo!
Nano, pensavo che le signore Gigioni sono proprio uan costante universale!
@G
Confermo, ogni condominio o paese ha la sua signora Gigioni.
Le puzze.. la tua salvezza PNV.
@Sara Scavolini
Pensa te come son messo :-)
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