Non
è la ragazza in sé ad attrarmi, ma la frase che pronuncia allo
smartphone e che capto casualmente mentre mi affianca sulla banchina
della metro (sono le dieci del mattino in una fredda domenica
d’inizio settembre).
“Mi
spiace mamma, lo so che non stai bene, lo capisco, ma non posso
proprio venire. Alle tre e mezza devo vedermi con delle amiche… mi
faranno una sorpresa”.
Qualcosa
non mi torna nelle sue parole, una stonatura che in un primo momento
non riesco a definire con esattezza, ma che si chiarisce dopo qualche
secondo.
“Alle
tre
e mezza… una sorpresa”
Difficile
definire sorpresa qualcosa che sai già verificarsi a un orario ben
preciso, per opera di persone con le quali sei in confidenza, al
punto che ti hanno svelato che ti “sorprenderanno”.
Il
non sapere cosa accadrà alle tre
e mezza lascia sì spazio a un minimo (sindacale) di mistero, a
un’attesa
(in
tono minore),
ma da
qui a poter
catalogare
il
tutto come sorpresa
ce
ne corre.
Definire
un Quando (e anche il Chi) depotenzia, inesorabilmente, il Come.
Fossi
al posto della ragazza chiamerei le amiche e declinerei l’invito,
tanto
più che la telefonata intercettata in metropolitana vedeva, come
detto,
all’altro
capo della cornetta (fingiamo per un attimo che lo smartphone possa
cornettizarsi) la madre
malata
(potenzialmente morente?)
della
giovane fanciulla, che implorava
(potenzialmente
disperata?),
di poter rivedere la figlia, poco prima di svanire
(potenzialmente?)
nel
Nulla: “Mi spiace, ma ho la mamma
che
sta per dissolversi:
lasciarla sola per la vostra sorpresa preannunciata
mi
sembra eccessivo. Fosse stata una sorpresa con
la S maiuscola...”.
Nell’ipotesi
che il cuore della giovane donna sia di ghiaccio (le
parole pronunciate, il tono utilizzato per dirle, la freddezza dello
sguardo, che osservavo mentre ascoltavo
mio malgrado parte della conversazione telefonica, rende molto
probabile l’opzione)
nulla vieterebbe alle amiche di farsi vive per
disdire l’incontro delle tre
e mezza: “Scusaci, ma tenendo conto delle condizioni di tua mamma e
della natura poco
sorprendente
della nostra sorpresa forse è meglio se rimandissimo
a un’altra occasione che,
stai sicura, non ti anticiperemo
per tempo”.
Se
né la figlia né le amiche alzassero lo smartphone (cornettizzato)
per chiamarsi e annullare l’incontro, potrebbe essere la madre, in
un sussulto di orgoglio ferito e senile, a contattare il sangue del
suo sangue per dirle: “Certo che sei proprio una bella stronza. E
se questa fosse l’ultima occasione che hai per vedermi? Come puoi
preferire la “sorpresa” fra virgolette, perché di questo si
tratta, di quel gruppo di sgallettate che frequenti, all’abbraccio
con la tua cara mammina? Fosse stata una sorpresa coi fiocchi, una
sorpresa come Dio comanda, tipo quelle che si facevano una volta,
quando ero giovane, che ne so, come quando dissi a tuo padre:
“Erminio, la sai l’ultima? Sono incinta! Diventerai padre!”,
ecco, fosse stata una sorpresa del genere, tenuta nascosta fino
all’ultimo minuto, tuo padre mica se l’aspettava una mia
gravidanza a 45 anni suonati, ancora ancora potrei capirlo, ma una
sorpresina alle tre e mezza del pomeriggio, svelata chissà con
quanto anticipo, non te la posso proprio far passare!”.
Il
susseguirsi di ipotetiche telefonate, fatto di sorprese sbandierate
ai quattro venti, usate come giustificativo per evitare incontri
famigliari, fonte di risentimenti materni e forse, una volta
nebulosizzatasi la madre, di tardivi pentimenti filiali, sarebbe del
tutto inutile se avesse prevalso la sincerità.
L’invito
dell’anziana signora poteva essere declinato con un semplice: “No
mamma, mi spiace, ma non ho intenzione di vederti. Né questo
pomeriggio, né mai più!”
Una
risposta dura, diretta, dolorosa, una risposta che avrebbe spiazzato
la madre (al punto da risultare fatale) e il sottoscritto: scosso
dall’insensibilità assoluta mostrata dalla ragazza sulla banchina
della metro, alle dieci di un freddo mattino domenicale d’inizio
settembre, non avrei avuto la forza di scrivere un post a riguardo.
15 commenti:
Che creatività. Spero vivamente tu sia uno scrittore
In questi giorni un po' così mi sento colpita a morte dalla ragazza che rifiuta l'incontro con la sua mamma malata...
Proiezioni..
:|
Ma tu sei troppo bravo, io vorrei avere la tua creatività (la tua altezza ce l'ho già!) :D
@Nia
Grazie del bel complimento (magari lo fossi).
@Sara Scavolini
Mi spiace Sara, la parte della madre è fantasia (non la ragazza al telefono): non ho pensato che leggendolo potesse turbarti :(
Grazie per l'apprezzamento (sei di sicuro più alta di un metro e 18 :))
Ma ci mancherebbe PNV!! Qualche cm in più si dai..
Io invece ho pensato che forse la madre non stava per morire... che magari aveva un semplice raffreddore e che lei magari andava a una festa a sorpresa organizzata dalle sue amiche per il suo compleanno del tipo: Presentati lì a tal ora che ti bendiamo e ti portiamo chissà dove a festeggiare chissà come, magari sui monti a fare Albering.
Proiezioni di chi ha una madre superansiosa? Boh...
@La spettinata
La madre morente mi serviva per giustificare il racconto (per quanto sia forzata, forse troppo, come storia). Un raffreddore non avrebbe retto :-)
Ma il bello (si fa per dire) è che probabilmente esistono davvero situazioni di questo tipo...
@H P L
E' vero e temo che non siano neppure così rare.
Ma sì, ‘sti vecchi devene mori’ tutti ....
@Silver Silvan
Mi aspettavo un commento di questo tipo :-)
Guardi, non c’è bisogno di chiamarsi Cassandra per capire che nei prossimi anni si svilupperà una profonda e diffusa intolleranza nei confronti degli anziani: la loro lunghissima e acciaccatissima vita è del tutto incompatibile con i ritmi della società moderna e le sue diavolerie tecnologiche. Quindi verranno visti come un’insopportabile zavorra che li porterà ad essere considerati molto peggio dei migranti “invasori”. Giorni fa fantasticavo sul fatto che potrebbero unire le forze: strano che nessuno ci abbia ancora pensato. Ogni anziano solo in coppia potrebbe mettersi in casa un rifugiato (35 € al giorno farebbero decisamente comodo per integrare le magre pensioni); gli anziani avrebbero una compagnia e un aiuto per piccoli lavoretti, tipo fare la spesa. Il migrante potrebbe imparare più facilmente usi e costumi, nonché la lingua, del paese che lo ospita, avrebbe un tetto sopra la testa e una camera a disposizione (quella dei figli che sono migrati altrove) e vivrebbe in un contesto decisamente più consono dei lager in cui li sbattono attualmente, dai quali fuggono più che volentieri. Nel mentre potrebbe anche frequentare corsi per la lingua, imparare un mestiere o dedicarsi ad attività più intelligenti del bighellonare qua e là senza far niente. Che dire, mi sembra un’idea molto più sensata dell’indossare una maglietta rossa. Anche perché questa idea peregrina mi impedisce attualmente di indossare il mio colore preferito per non confondermi coi deficienti.
@Silver Silvan
Qualche comune deve aver tentato un esperimento simile...
Davvero? Non lo sapevo. Onore al merito.
Voglio sperare che la madre sia un'ipocondriaca cronica, ma che comunque la sorpresa faccia cagare e deluda la figlia.
Sono cattiva?
@Claudia Turchiarulo
No, non sei cattiva. E' comprensibile.
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