sabato 12 aprile 2025

Amedeo, il vegetale

Il primo segnale evidente che qualcosa nella testa di Amedeo non funzionasse come Dio comanda l’avevo notata in quarta elementare, quando la maestra Tiraboschi aveva chiesto ai suoi alunni cosa avrebbero voluto fare da grandi, una domanda seguita da una serie di risposte scontate, dove a prevalere erano alcune discipline sportive (io avevo detto “il calciatore della Juventus”) o legate al mondo dello spettacolo, dalle veline ai cantanti rap, o ancora alla scienza e alla tecnologia, dal fisico del Cern al creatore di un nuovo social che avrebbe sbaragliato Facebook. Uniche due eccezioni, Peter che puntava a diventare Papa Giovanni Paolo III perché voleva diffondere la Parola di Dio e portare la Pace in tutto il mondo (Peter ora ha 26 anni e lavora come Consulente Globale Fininvest) e per l’appunto Amedeo che si era inventato il “Salice Piangente”.

Salice Piangente?” aveva ribattuto perplessa la Tiraboschi.

Sì, Salice Piangente” la conferma di Amedeo, espressa con naturalezza.

Ma è una pianta!?”

Lo so, è un albero della famiglia delle Salicaee, di origine asiatica”

Il resto della classe si era unito alla perplessità della maestra. Io avevo sfoderato un’occhiata dubbiosa ad Amedeo, mio compagno di banco, non tanto per la risposta in sé, ma per la potenzialità o meno che aveva di trasformarsi realmente in una pianta. L’originalità della risposta non mi aveva colpito, Amedeo già nei mesi precedenti aveva manifestato delle tendenze non proprio in linea con il mainstream. Un giorno ero stato ospite a casa sua, ci si era dati appuntamento per scrivere un libro a quattro mani, il cui argomento doveva vertere per il sottoscritto sugli animali, mentre Amedeo aveva controbattuto con un “L’empirismo logico nel pensiero di Wittgenstein” (non so in base a quale riflesso inconscio, ma alla parola ‘Wittgenstein’ avevo pianto).

Ma come puoi trasformarti in una pianta?” avevo chiesto all’amico.

Ci sto pensando”.

* * *

Amedeo da sempre sfoggiava dei capelli stile Big Jim, corti, con una specie di frangetta, inamovibili nel loro essere come incollati al cuoio capelluto. Questo per i primi tre anni delle elementari. Al quarto, a seguire la dichiarazione d’intenti sul suo futuro vegetale, i capelli si erano fatti via via più lunghi, dapprima di pochi centimetri, ma col passare delle settimane espandendosi in una chioma che raggiungeva le spalle per puntare decisa verso la schiena. Non solo, dal consueto castano chiaro il colore era variato passando a un biondo timido, seguito da un giallino accennato, tramutatosi in un verde light poi pastello e infine smeraldo. Amedeo scuoteva la testa e i filamenti, copiosi, a grosse ciocche fluttuanti, scendevano dal capo e coprivano buona parte del busto, oscillando armoniosi, inebriando la classe di un profumo intenso di natura floreale.

La Mastrucci, la cocca della maestra, figlia di una rappresentante della Lancome, aveva sondato Amedeo per capire quale profumo utilizzasse, ricevendo come risposta un enigmatico: “Non uso profumi, sono i miei feromoni arborei” (non so in base a quale riflesso inconscio, ma alla parola “arborei” la Mastrucci aveva pianto).

* * *

Di Amedeo avevo invidiato, sin dalla prima elementare, il fisico ben piazzato, muscoloso, il portamento eretto in linea con un carattere risoluto, del tutto diverso dal mio corpicino esile, gracile che ben si abbinava a una timidezza che da sempre mi limitava nelle relazioni con gli altri compagni di classe. Al pari dei capelli, in quarta il corpo dell’amico aveva perso la sua natura granitica con un progressivo incurvamento delle spalle e un insaccarsi della testa rivolta verso il petto, il volto quasi del tutto nascosto all’altrui vista a causa dell’imponente massa verdognola che nel frattempo, oltrepassata il bacino, aveva raggiunto le cosce.

Amedeo, non puoi alzare la testa?” aveva chiesto, con un accento che mischiava irritazione a preoccupazione, la Tiraboschi.

Non posso, signora maestra, devo concentrarmi sulla fotosintesi clorofilliana” (non so in base a quale riflesso inconscio, ma alla parola ‘clorofilliana’ la maestra aveva pianto, lasciando costernata l’intera classe).

* * *

Ipercinetico da sempre, Amedeo eccelleva nello sport, era lo sprinter della classe, imbattuto delle gare di corsa organizzate nell’ora di educazione fisica, il bomber capocannoniere nelle partite di calcio, un bimbo irrefrenabile dall’energia inesauribile. Il tutto per i primi tre anni e mezzo di frequentazione della Scuola Elementare Pietro Nenni. Al quarto anno l’amico si era come “staticizzato”. Incurvato, il verde tricologico che era sceso a livello ginocchia, se ne stava nel mezzo del cortile della scuola con i piedi ancorati al terreno, la suola delle scarpe da tennis che si immergeva per un centimetro nel terriccio del prato prospicente l’ingresso dell’edificio, il busto che si rialzava impercettibilmente a ogni inspirazione di Amedeo per poi incassarsi nella fase di espirazione. “Amedeo, Amedeo, ci sei?” chiedeva con voce tremolante la Tiraboschi che aggiungeva:

Dai, è ora di rientrare in classe, dobbiamo ripassare le tabelline”.

Quelle le so già, ora ho cose ben più importanti da fare”.

Tipo?”

Devo inebriarmi della luce solare e innescare il meccanismo che mi permette di trasformare l’anidride carbonica e l’acqua in glucidi, rilasciando ossigeno”

Il tutto proferito con una voce priva di qualsiasi intonazione o increspatura emotiva.

Ma stai parlando della fotosintesi!?” aveva sottolineato la maestra “è un processo delle piante, noi siamo umani, Amedeo, non abbiamo questa facoltà”

Io sì”.

Avrei voluto soccorrere la maestra e incalzare, scherzosamente, l’amico con un:


“Amedeo, ma pianta-la!”

Ancora una volta la mia timidezza mi frenò dal prendere l’iniziativa.

* * *

Il limite di sopportazione della Tiraboschi fu oltrepassato un sabato mattina, quando Amedeo, nel bel mezzo dell’ora di religione, estrasse dalla cartella un piccolo innaffiatoio, con il braccio destro portò l’attrezzo sopra la testa per poi inclinarlo e far scendere l’acqua sul capo, il verde dei capelli che a causa del liquido si scuriva.

Basta Amedeo, adesso bastaaaaa!” urlò la maestra “chiamo il Prestalupi, questa storia deve finire”.

(non so in base a quale riflesso inconscio, ma alla parola ‘Prestalupi’, Simona Malabrocca, la bimba che sedeva nella fila precedente la mia, aveva pianto).

Il Preside arrivò dopo pochi minuti, entrò in classe, la Tiraboschi alle sue spalle, timida, che lo osservava e poi gli indicava l’alunno che stava al mio fianco, l’innaffiatoio vuoto posato sul banco, una chiazza d’acqua sul pavimento.

Il Preside si avvicinò alle nostre postazioni, era un signore sulla settantina, il volto rugoso, pochi capelli bianchi sparsi sul capo, l’aria austera, trasudava autorevolezza da tutti i pori. Non proferì parola, scosse lievemente la testa e voltandosi verso la maestra la invitò a uscire, da lui accompagnata, dall’aula.

* * *

L’unica cosa che si seppe con certezza fu la convocazione nell’ufficio del Preside della mamma di Amedeo, la signora Elena, una donna simpatica che mi aveva sempre accolto con affetto quando trascorrevo i pomeriggi in compagnia del figlio. Dal lunedì successivo all’episodio dell’innaffiatoio il banco di Amedeo rimase desolatamente orfano del mio amico. I primi giorni avevo tentato di rintracciarlo, ma il telefono di casa sua rispondeva con un monotono Tu Tu Tu… alle mie chiamate. Le tapparelle dell’appartamento risultavano costantemente abbassate, sia nei pomeriggi post scolastici sia nelle mattine domenicali. Al posto di Amedeo il banco fu occupato, il mese successivo, da Roberto Aliprandi, che fino a quel momento era sistemato nell’ultima fila centrale della classe. Certo, con Roberto il feeling non era il medesimo che con Amedeo (nonostante la sua stranezza sentivo un’affinità d’intenti e sentimenti con lui), ma devo dire che la normalità del nuovo compagno presentava alcuni vantaggi: fu con lui, per esempio, che nei primi mesi della quinta elementare scrissi il tanto desiderato libro sugli animali.

2 commenti:

Davide CervelloBacato ha detto...

Mi ha incuriosito la parte dei personaggi che piangono al sentire certe parole. Come mai? Non me la sono spiegata :)
Però molto bella come storia!

PuroNanoVergine ha detto...

@Davide CervelloBacato
Se devo essere sincero non ho una spiegazione razionale, forse un collegamento con il fatto che Amedeo voglia diventare un Salice Piangente e provochi, suo malgrado, il pianto altrui.
Grazie per l'apprezzamento.

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