domenica 19 ottobre 2025

Il sogno con Ornella

Sono nel mezzo del viale privo di luce, i lampioni spenti, nessuna insegna di negozio illuminata, le case con le tapparelle abbassate, una Luna fioca mi salva dall’oscurità totale. Cammino lentamente, lo sguardo che prova a indovinare pericoli sul percorso, mi volto ogni tanto, nessun veicolo all’orizzonte, avanzo nella speranza di raggiunger casa, ma per quanto il viale sia il “mio” viale, non riconosco i palazzi che ai lati ne delimitano la larghezza. Manca poco alla mezzanotte, o almeno credo, ogni tanto una lieve folata di vento sposta foglie secche in prossimità del marciapiede. Dal nulla il canto di un gallo, non ne indovino la provenienza. Mi avvicino alla pensilina ATM, gli occhi si sforzano per indovinare quale linea passi di qua (la 42 confermerebbe la vicinanza con casa). Non distinguo alcun numero. Riprendo il cammino, di nuovo il canto del gallo e una voce maschile che commenta: “Prima che il gallo canti...”, torno sui miei passi, dovrei temere lo sconosciuto, lo intravedo seduto sulla panca della pensilina, ma mi esce solo un “Gesù?”, “No, casomai Pavese” la risposta del tipo che aggiunge “Non sperare nella salvezza”, “Ma solo Gesù pronuncerebbe…?” non concludo la frase, il terzo canto del gallo mi toglie la parola. Guardo il cielo per un attimo, riabbasso lo sguardo. L’uomo è svanito. Dallo zaino estraggo il cellulare, premo il tasto sul lato destro, non si accende. L’antifurto di un’auto alla sinistra mi fa sobbalzare. Perché è scattato? Accelero il passo, non vorrei pensassero sia colpa mia per l’antifurto, ma poi mi chiedo “Chi dovrebbe pensarlo?”. Nessuna tapparella aperta, nessuna luce che filtra dall’interno degli appartamenti. Un salice piangente, dal nulla, nel mezzo della strada, inutile chiedersi come abbia potuto… quando sono in prossimità ne accarezzo le foglie, hanno assunto un colore giallo dorato, vista la stagione. Le sfioro, si produce un suono, come di silofono, melodia dolce e lamentosa. Un usignolo sopra di me grida, il gracchiare di un corvo che lo ha individuato e, penetrando fra i rami del salice, lo cattura, lo stringe nel becco, vola via. “Non sperare nella salvezza”, con la mente sussurro la frase all’usignolo che risponde con un grido straziante. Supero il salice, la notte sarà lunga, lunghissima, forse interminabile, quando in fondo, lato sinistro, bordo del marciapiede, una cabina telefonica, illuminata... affretto il passo, frequenza sostenuta, la cabina non sembra avvicinarsi, maggior intensità nei muscoli, mi sforzo per muovermi verso di lei, pochi metri, non c’è un telefono all’interno, il cuore mi pulsa, ansimo, i mocassini picchiano sul terreno, ne osservo le punte, rialzo lo sguardo e… Ornella, Ornella, la maestra Ornella! Dentro la cabina la vedo, lei ricambia con un sorriso, lo stesso che accoglieva i miei temi d’italiano che lei gradiva, i bei voti ricevuti. “Non sperare nella salvezza” risuona nella mia mente, poi gli occhi, su Ornella, sulla mia maestra, il suo volto sereno… nella salvezza ci spero.

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