lunedì 9 dicembre 2024

Le mani di Elisa

La poltrona in pelle, beige, è spaziosa, devo allargare le braccia per poterle poggiare sui braccioli, la schiena leggermente curva, le gambe accavallate in una posizione che alla fine risulta scomoda. Ogni tanto punto i piedi e dandomi una leggera spinta all'indietro provo ad assumere una posizione più ritta, angolo di 90 gradi fra i polpacci e le cosce e fra le gambe e il busto.

Sul tavolinetto il bicchiere di Coca Cola con ghiaccio dal quale ho finora assaporato un breve sorso.
Nel divano a tre posti di fronte siedono Elisa e Barbara.
È il compleanno di quest'ultima, mia compagna di Liceo, una delle poche che a distanza di oltre trent'anni frequento ancora, i contatti diradatesi nel tempo, mai del tutto svaniti.

Elisa è collega di Barbara al Centro Diagnostico.
L'ho di sicuro incrociata in un Natale di alcuni anni or sono, non ricordo con esattezza quale. Non ho però dimenticato i suoi occhi grigioverdi, il caschetto di capelli che termina ad altezza collo, la carnagione diafana che contrasta con una voce roca, poco femminile. E poi... e poi le mani, esili, minute, le dita delicate, le unghie dipinte di un verdino che si abbina allo sguardo. Ho un debole per le sue mani, non solo per la loro conformazione, la cura della pelle, l'assenza di qualsiasi orpello, braccialetti o anelli (non ho chiesto a Barbara se Elisa sia single, immagino perlomeno che non vi sia un marito, potenziale ostacolo per una nostra ipotetica relazione), ma per il modo che ha di esibirle. Non ricordo un'altra donna che abbia la medesima grazia e naturalezza nel muoverle, su tutto il suo rotearle, il polso flessibile, una flessuosità che partendo dal polso stesso si propaga sul dorso, sul palmo, sulle dita, indice e pollice in particolare, in un gesticolare che ha un che di ipnotico.
Elisa commenta ridendo una gaffe di Barbara in ufficio, quando diede del coglione al loro capo, per fortuna ex capo, tale Professor Bertolazzi, inconsapevole che il vecchio medico fosse in quel momento alle sue spalle e fulminasse con lo sguardo la povera Barbara (le scuse riparatrici avevano riparato ben poco). La ascolto ricordare l'episodio, ma fatico a porre attenzione al contenuto del discorso. La mano destra volteggia nell'aria, la sinistra nel frattempo tiene fra indice e medio una Marlboro, forse il fumo causa della raucedine della voce, una presa della sigaretta altrettanto incantatrice quanto le circonvoluzioni aeree dell'altra mano.
La Marlboro sembra prossima a cadere a terra, tanto la presa appare flebile, ma in realtà rimane salda nelle dita di Elisa che a un certo punto si avvicinano alla bocca e posano fra le sue labbra la sigaretta. Dopo aver riposto la Marlboro sul posacenere adagiato sul tavolino, la mano sinistra cambia destinazione e tocca il caschetto di capelli della donna per ravvivarlo.
Immagino che quella carezza naturalmente sensuale, non vi è nulla di affettato nel gesto, possa in un futuro prossimo scompigliare quel che rimane del mio biondo ciuffo, partendo dall'attaccatura della fronte per risalire al centro della testa e scendere lungo la nuca.
Potere della mente: la sola evocazione del gesto mi dona un leggero brivido e, non so se vergognarmi o meno, una moderata eccitazione, un principio di erezione che le due donne, per fortuna, non possono notare.

La mia fantasia è interrotta dal suono del campanello. Barbara si alza per andare verso la porta, in arrivo altri invitati (il sottoscritto ed Elisa i più solleciti a presentarsi alla festa), seguita dall'amica che abbandona definitivamente la sigaretta nel posacenere, avvicinandosi all'ingresso.
La seguo con lo sguardo, noto per un istante il suo fondo schiena, i jeans aderenti lo modellano alla perfezione, ma gli occhi si spostano per loro iniziativa di nuovo verso le mani, nel momento in cui Elisa allunga le braccia per salutare con calore Monica, altra compagna di Liceo. Una carezza affettuosa sulla guancia sinistra della nuova arrivata, il dorso della mano
di Elisa a sfiorare Monica, istantanea fantasia del sottoscritto di essere il destinatario della carezza, sento la mia guancia accalorarsi, forse sto arrossendo, non ho uno specchio che mi riveli la verità. Distolgo lo sguardo da Elisa, meglio non insistere, non cedere a un turbamento del tutto privo di aggancio con una realtà differente (quando sono entrato nell'appartamento Elisa si è limitata a un saluto a distanza, neppure una formale stretta di mano ad accogliermi).
Mi incammino verso Monica, buon ultimo dietro le altre due donne, mi avvicino e dopo averla baciata sulla guancia, nel ritrarmi, le osservo le mani, dalle dita tozze e ingioiellate, mani sproporzionate rispetto alla figura dell'amica, prive dell'eleganza proibita dell'irraggiungibile Elisa. Torniamo ai nostri posti, Monica si posiziona sul divano nella seduta centrale, Barbara alla sinistra, Elisa alla destra. Ed è sulla sua mano destra che torno a rivolgermi: la vedo battere ritmicamente sul bracciolo del divano, il dito medio picchietta la pelle del sofà mentre, sincronizzato col suo ticchettio, brevi oscillazioni del mio collo l’accompagnano. Mi sporgo in avanti per prendere in mano il bicchiere di Coca Cola che sorseggio. La dolcezza della bevanda compensa, solo in parte, l’amarezza per un amore non realizzabile.

1 commento:

Il corruttore di bozze ha detto...

“ i contatti diradatesi” i contatti diradatisi

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