E
poi ti descrivo le Quattro notti di un sognatore di Bresson, di
quanto sia un nano rintronato e poco perspicace se solo alla fine del
primo tempo ho collegato il film alla sua fonte letteraria, le Notti
bianche di Dostoevskij, e che forse sarò pure un nano rintronato, ma
il ritardato collegamento è da imputare almeno in parte allo stile
asciutto, privo di melodramma, calvinista, del regista francese,
lontano anni luce dall'intensità emotiva del racconto russo, un
racconto lungo, romanzo breve, che lessi in un dopo cena estivo di
una ventina di anni fa, immedesimandomi nel protagonista maschile,
vittima di un amore solo sfiorato, che vede svanire nel momento della
sua insperata realizzazione, per Nastenka, l'infelice ragazza
incontrata su un ponte di San Pietroburgo, intenzionata a suicidarsi.
Ti
descrivo tutto questo e sul "Nastenka" il mio sguardo corre
il rischio d'incrociare il tuo, occhi castani (i miei) che provano a
reggere (a fatica) il verde dei tuoi.
Mi
chiedo se il "Nastenka" sottolineato e lo scambio di
occhiate ti possa suggerire qualcosa, magari l'ipotesi che il
sottoscritto ti stia invitando, a dare, noi due insieme, un finale
diverso al triste epilogo del breve romanzo del vecchio Fedor.
Me
lo chiedo quando reagisci con un accenno di sbadiglio e te ne esci
con: "Sono una ragazza semplice, le cose complicate non mi
piacciono, preferisco i film di Raoul Bova".
Ché poi non è la risposta in sé, ma il volume usato per darla che mi
infastidisce.
Un
livello sonoro eccessivo quasi a voler compensare con i decibel in
sovrappiù la pochezza di una semplicità ostentata, da contrapporre
alla complicazione che come nano (rintronato) ho proposto
(l'inutile bla bla bla di film francesi e romanzi russi e storie
d'amore letterarie come fonte d'ispirazione per una relazione che
sarebbe potuta nascere e che, temo, non nascerà mai).
Quello
che mi disturba non è l'essere semplici in quanto tali (detto fra
parentesi il mio bla bla bla è un bla bla bla pseudo intellettuale,
un susseguirsi di bolle di sapone che escono dalla boccuccia di nano,
a forma di cuoricini rosa che scoppiano nell'aria dopo pochi secondi,
del tutto evanescenti e privi di sostanza) ma il rivendicarlo, il non
sentire quel pizzico d'esigenza a migliorarsi, a scoprire altro che
vada oltre i bicipiti e lo sguardo bacioperuginico del buon Raoul.
La
voglia di superare i propri limiti che, per esempio, mi ha portato a
calzare questi scarponcini tacco 12, per potermi elevare dal metro e
diciotto della mia bassezza, al metro e trenta, con l'intenzione di
passare nelle prossime settimane a dei mocassini tacco 18 i quali,
sommati agli esercizi di stretching della colonna vertebrale,
dovrebbero consentirmi di sfiorare il metro e 37 se non 38 di altezza
(ancora distante dai tuoi centosessantotto centimetri privi di tacco,
ma fiducioso che il gap fra noi due pian piano si possa colmare).
"Mi
spiace, PNV, ma non credo che siamo fatti l'uno per l'altra."
Non
mi dai tempo di ribattere (per mia fortuna).
Ti
alzi, la figura slanciata che supera il metro e settanta (in questo
momento indossi sandali neri Geox con tacco a zeppa di 5 cm) mi
lascia con l'ennesimo due di picche, un due di picche consegnato con
estrema semplicità (a che serve complicare il tutto?).
Mi
alzo pure io per dirigermi verso la cassa (gli aperitivi da pagare),
ma nel farlo, la gamba destra protesa in avanti per muovere il primo
passo, lo scarponcino sinistro si piega verso l'esterno, la caviglia
a stortarsi in un movimento innaturale, il dolore immediato che
blocca il respiro.
Forse
hai ragione tu, meglio accettarsi per come si è, andare oltre i
propri limiti richiede fatica, impegno e si risolve spesso in una
sconfitta, in amara frustrazione o, bene che vada, in una slogatura
scomposta.
6 commenti:
Ma a lei non piacevano gli occhi blu?! Sono confusa.
P.S. Le storte coi tacchi sono un supplizio, dolorosamente confermo.
P.P.S. Migliorarsi: un concetto che non mi apparterrà mai. E me ne vanto. Quando si sta a guardare le nuvole, il cielo, un’ape che ronza su un fiore, una rondine che svolazza e roba simile, a nessuno viene in mente di migliorarsi. Vorrà dire qualcosa, no? L’idea di migliorarsi è tipica di chi non vede quello che ha intorno.
La signorina in questione evidentemente non apprezza altro che la bellezza esteriore.
Direi che non ne vale proprio la pena!
;-)
Leggo Raoul Bova e mi vengono in mente diverse citazioni dalla serie Boris.
@Silver Silvan
Gli occhi blu hanno la precedenza, non l'esclusiva.
Sul migliorarsi concordo in parte (un po' si può contemplare quello che ci circonda, un po' ci si può concentrare su di noi).
@Silkstocking
Grazie per il complimento (indiretto).
Sul (non) valerne la pena sono d'accordo (o forse siamo in zona "volpe e l'uva" ;-))
@Clorinda
Benvenuta.
Purtroppo non conosco Boris :-(
Non credo che essere una persona semplice significhi accontentarsi delle cose facili. Io leggo romanzi russi, guardo film francesi, ma a volte ho voglia di una commedia americana da due soldi, di un romanzo più leggero.
Ciò non vuol dire che non ci si debba neanche sforzare a capire qualcosa di più complesso, qualcosa che non sia solo epidermico.
Il mondo è bello perché è vario, per carità. Ma trovo sacrosanto il diritto di non volersi circondare di persone che si vantano della loro mediocrità. Perché di quello si tratta, non certo di semplicità. Mi fanno anche molta tenerezza, in quanto credo che a farle restare ferme sulle loro convinzioni sia solo la paura di misurarsi con qualcosa di diverso, la paura di guardare un film e non capirlo. La paura di non essere all'altezza che ci accomuna un po' tutti, differisce solo il modo di affrontarla.
Un abbraccio!
@Falena
Grazie per il bel commento (e benvenuta).
Hai ragione, più che semplicità è corretto parlare di mediocrità (ho riportato però il termine originale, usato dalla ragazza).
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