Compaiono tutte le mattine verso le 8, io sul balcone della sala, le mani poggiate alla ringhiera, vedo le loro sagome superare il pino secolare che delimita l’ingresso nel piccolo paese di montagna dove passo tutti gli anni alcune settimane in villeggiatura. La lenta andatura mi permette d’osservarli per una decina di minuti, la mia attenzione prima sul marito, un ometto di un metro e sessanta circa, i capelli corti e grigi intonati con un paio di pantaloni del medesimo colore, un guanto in pelle marrone a coprire la mano destra (m’immagino che un incidente sul lavoro l’abbia irrimediabilmente deturpata e che il guanto serva a coprire una visione disgustosa), poi indirizzata verso la moglie, una donnina sul metro e cinquanta, o qualcosa in meno, i suoi capelli sono batuffoli cotonati grigi, un completino rosa, gonna e giacchina, anche in queste calde mattine estive, al guinzaglio un cagnetto minuscolo, forse un chihuahua, le zampette che si muovono rapide per mantenere il passo della padrona.
Immancabile, la donna si ferma a fianco di un larice per alcuni istanti, ne carezza le foglie, quei piccoli aghi innocui che d’autunno cadono spogliando l’albero, mentre rivolge alcune parole al consorte che spesso ricambia con una carezza sul suo volto, la mano sinistra per compiere il gesto affettuoso. Il cane scruta la coppia inclinando il collo all’indietro e alzando il muso. La pausa dura un minuto circa, seguita dalla ripresa del cammino. Giunti in prossimità della mia abitazione distolgo lo sguardo e fingo interesse per il panorama montano: mi sembra scortese dar loro l’impressione di spiarli.
I due proseguono, ora mi danno le spalle, a volte l’uomo indica alla moglie un punto non ben precisato all’orizzonte, lei annuisce e nel farlo per un istante cinge il braccio sinistro del marito (nel camminare si tiene sempre su quel lato rispetto al consorte, come se avesse paura, ma questa è una mia illazione, di camminare prossima alla mano guantata). Poco prima della piazza principale li vedo fermarsi in prossimità della piccola teca installata l’anno scorso, adibita al book-crossing (a volte mi è capitato di lasciarvi un libro che non m’interessava più, ricordo una vecchia edizione del Marcovaldo di Calvino, senza mai ritirare a mia volta un romanzo che qualcun altro vi aveva depositato). Una rapida occhiata, la loro, per poi proseguire.
Quando svoltano in prossimità della piazza principale torno nell’appartamento, è ora di colazione, the verde con frollini e un quadratino di cioccolato fondente. A volte riguadagno il balcone nella speranza di incrociarli nel percorso di ritorno, eventualità che mai si presenta (eppure per uscire dal paese devono per forza ripassare davanti casa mia).
Il rituale si ripete identico quasi tutte le mattine, di rado una piccola variazione interviene a modificare la sequenza dei gesti, non la sostanza che posso intuire del loro rapporto. Una mattina è l’ometto ad accarezzare il larice, nel farlo, i suoi occhi coccolano la moglie che tiene in braccio il cagnolino. In un’altra occasione la donna alza il braccio puntandolo nella medesima direzione solitamente indicata dal marito, il quale fa cenno di sì, in risposta a un’osservazione di lei che non posso ovviamente sentire.
L’uomo, la donna, il cane, il larice, la carezza di lui, loro che mi danno le spalle, l’uomo che indica il cielo, la donna ad annuire, l’abbraccio, il book-crossing, la svolta giunti in piazza, la loro scomparsa, fino al giorno successivo con l’uomo, la donna, il cane, il larice…
L’ultima mattina, prima della partenza per Milano, scendo alla buon’ora dal mio appartamento, mancano quindici minuti alle otto, per dirigermi verso la teca del book-crossing. Nella mano destra stringo un volume, dalla copertina prevalentemente rossa, corredato da un bigliettino con una frase dedicata alla “coppia poetica” oggetto delle mie attenzioni mattutine, nella speranza che quanto vi ho scritto li convinca ad accettare il dono a loro indirizzato. Dopo aver poggiato il libro nella teca torno di corsa a casa.
Alle otto i due, puntuali, ricompaiono. Il larice, la carezza, l’orizzonte indicato, la teca... è la donna che prende in mano per un attimo il libro, mi sembra sorpresa per il biglietto allegato, lo scruta, ne legge le parole per poi mostrarlo al compagno. Lui fa altrettanto e dopo aver decifrato la frase le sussurra qualcosa all’orecchio, un suggerimento che induce la donna a deporre il libro nella teca e riprendere il cammino.
Strano?!
Ero convinto che avrebbero fatto loro il regalo che avevo preparato. Un libro che si adattava alla coppia, un’opera in prosa per la quale calzava a pennello la definizione di poesia-trattenuta, i due protagonisti del romanzo che al pari dell’uomo dalla mano guantata e della donna minuta...
* * *
Notte agitata, la prima di questa nuova vacanza estiva in montagna, mi posizione sul balcone, la testa rivolta verso destra, ingresso del paese, il pino secolare sullo sfondo, il larice più vicino al sottoscritto. Vedo avanzare la piccola donna, il cagnolino le trotterella a fianco, mi sembra ancora più minuscola del solito, come se l’anno appena trascorso l’abbia ulteriormente rimpicciolita, lei e il cane e… il marito assente. Il completino è sempre composto da una gonna e un giacchino… grigi… cammina sola, l’andatura è rigida, il cane sembra volersi strusciare alla gambetta sinistra della padrona, lei ignora il gesto, prosegue fino al larice, si ferma, accarezza gli aghi dell’albero, ne strappa uno con decisione con la mano destra, ricoperta da... un guanto di pelle marrone.
L’aria del mattino è fredda, interrompo l’osservazione e rientro in sala, la solita colazione con the verde e frollini e un quadratino di cioccolato. La consumo senza gusto, per poi passare in bagno per la doccia, consapevole che non tornerò sul balcone, né dopo, in previsione d’una improbabile ricomparsa della piccola donna, né domani o nei giorni che mi accompagneranno in questo malinconico soggiorno estivo.
1 commento:
tutto secondo natura, si sa che generalmente le donne campano molto di più degli uomini e sarebbe più logico se si accompagnassero con maschi più giovani di loro, però per molte di loro quel vivere da sole può esser anche il giusto e meritato compenso
Posta un commento